Titolo originale | Dawson City: Frozen Time |
Anno | 2016 |
Genere | Documentario, |
Produzione | USA |
Durata | 120 minuti |
Regia di | Bill Morrison (II) |
Attori | Michael Gates, Kathy Jones-Gates, Roscoe Fatty Arbuckle, Frank Barrett, Alexander Berkman Charles Chaplin, Eddie Cicotte, Pat Duncan, Thomas A. Edison, Chick Gandil, Chief Isaac of the Tr'ondek Hwech'in Klondike Han, Larry Kopf, Sam Kula, Kenesaw M. Landis, Auguste Lumière, Louis Lumière, Mary Miles Minter, Bill Morrison (II), Bill O'Farrell, Jimmy Oglow, Swede Risberg, Dutch Ruether, Sourdough Sue, James J. Walker. |
Uscita | lunedì 20 marzo 2017 |
Tag | Da vedere 2016 |
Distribuzione | Cineteca di Bologna |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,41 su 4 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 3 aprile 2017
Nelle profondità di una piscina sub-artica vengono ritrovate più di 500 pellicole che raccontano la storia di Dawson City.
CONSIGLIATO SÌ
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Dawson City, Yukon. Anche se ufficialmente ci troviamo in Canada, si tratta di una storia tutta americana. Tra la fine dell'Ottocento e gli anni Venti, è nello Yukon che si scatena la febbre dell'oro; passano di qui decine di migliaia di persone, permettendo alla cittadina di svilupparsi freneticamente. In città esiste anche un cinema dove i film arrivano con anni di ritardo. Da quel luogo impervio, rispedire indietro le pellicole è troppo costoso, per cui vengono o distrutte o lasciate letteralmente andare alla deriva. A fine anni Settanta, poi, alcuni scavi in quello che era stato un campo da hockey riportano alla luce un piccolo giacimento di custodie cinematografiche, preservato dal ghiaccio. Molti dei film dati per perduti vengono così riscoperti, intatti grazie alla conservazione del freddo.
Da una suggestione di fascino indiscutibile, il documentarista Bill Morrison trae un lavoro di montaggio, dove la parte del leone è sostenuta dai materiali d'epoca, vale a dire gli spezzoni dei film ritrovati e la documentazione di quella straordinaria fase della storia americana, vera e propria fondazione del capitalismo. Si aggiungono le interviste agli abitanti della città che hanno riscoperto il giacimento.
Il film, astratto e pensato come un viaggio ipnotico dentro l'archeologia del cinema e della nazione moderna, andrebbe proiettato insieme a Il petroliere di Paul Thomas Anderson, che ne costituisce l'integrazione opposta: una vicenda di finzione altrettanto affascinata dal passato americano.
In virtù delle musiche dense e atmosferiche di Alex Somers (consustanziali al progetto artistico), Dawson City costituisce un esempio a sé stante di cinema documentario, che da una parte estremizza l'assunto della ricerca - in fondo è la ricostruzione di un passato attraverso migliaia di immagini e fotografie - dall'altra rifiuta di farsi mero reportage, puntando invece a farsi esperienza quasi ipnotica. Consapevole di rischiare qualcosa - c'è chi si potrebbe sentire assediato, quasi frastornato, dalla musica ossessiva e seriale, e dal ripetersi dei movimenti di macchina da e verso le immagini fisse - Morrison fa in modo che le suggestioni di questa storia vera possano esprimersi in tutta la loro vaga grandiosità.
Che si tratti di una grande opera sul cinema, non vi è dubbio. Come in 45 anni era il corpo di una donna, perfettamente conservato dal ghiaccio, a riproporre la sua testimonianza di amore perduto a un uomo, mettendo in crisi il suo matrimonio, questa volta è un vero e proprio archivio involontario di pellicole, a emergere dal buio. Il cinema in pellicola, del resto, ha sempre "flirtato" con i due elementi primari: le sue sono veramente "cronache del ghiaccio e del fuoco". La pellicola infiammabile ha suscitato nei cinefili metafore di passione, calore e morte (sublimate da Tarantino nell'incendio finale di Bastardi senza gloria), mentre la pellicola ghiacciata e resa intatta dal gelo possiede minor letteratura allegorica. Dawson City, da ora in poi, ne sarà pietra miliare, per spettatori curiosi e archivisti commossi dagli avvenimenti.
Morrison, in ogni caso, fa bene a non accontentarsi dell'aforisma, per quanto sorprendente. Dagli archivi di Dawson non saltano fuori solo i vecchi nitrati, ma un serbatoio di storie, foto, documenti, lettere, giornali, documenti tutti eccezionali per come raccontano - una parte per il tutto - la nazione statunitense. E se per i media fa notizia ritrovare persino i progenitori di Trump tra coloro che mettevano in piedi un piccolo business approfittando della frontiera e della corsa all'oro, per tutti gli altri sarà difficile dimenticare la Spoon River di Dawson City.
Il cinema che venne dal freddo. Più di 500 pellicole del periodo muto salvate da un "frigorifero" naturale: il terreno ghiacciato di Dawson City, la mitica cittadina nel Nord del Canada al centro della corsa all'oro di fine 800. Incredibile ma vero. In quel posto ai confini del mondo, i film arrivavano con anni di ritardo rispetto alla data di uscita del mondo civile".
Tutto comincia negli anni Settanta, quando durante i lavori per ricostruire il centro sportivo cittadino una delle ruspe cozza contro strane scatole di ferro arrugginite da cui sbucano pezzi di vecchie pellicole. Nitrato d'argento sepolto chissà da quanti anni sotto terra sul quale erano impresse chissà quali storie. Siamo a Dawson City, Yukon, formalmente in Canada anche se la storia che racconta [...] Vai alla recensione »
Vi ricordate la febbre dell'oro? Tra Ottocento e Novecento era altissima a Dawson City, Yukon, Canada, avamposto privilegiato per chi tentasse la fortuna col setaccio. Anche i cercatori d'oro volevano sollazzarsi, e anche a Dawson c'era un cinema, così decentrato che i film arrivavano con anni di ritardo e nessuno li chiedeva indietro: occultati sotto un campo da hockey, i nitrati sono riemersi dal [...] Vai alla recensione »