Anno | 2015 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Germania, Francia, Messico |
Durata | 120 minuti |
Regia di | Rafi Pitts |
Attori | Rory Cochrane, Khleo Thomas, Aml Ameen, Michael Harney, Joel McKinnon Miller Alex Frost, Johnny Ortiz, Richard Portnow, Kyle Davis, Dennis Cockrum, Chloe Farnworth, Pollyanna Uruena, Darrell Britt-Gibson, Ian Casselberry, Richie Stephens, Kevin Ketcham, Rosa Isela Frausto, Chala Savino, Roger Lim, Michael DiBacco, Jacob Alsbrook, Derrick White, Jon Mahlow, Veronica Ruthie Sigel, Edgar Coronel, Andrea Rodríguez, Vladimir Zamudio, Karen Figueroa, Aquiles Medellin, Kyle Davis (II), Mario Escalante, Claire Louis, LynNita Ellis, Yuri Zackoqv, Hannah Becker, Paul Bleiberg. |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,41 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 17 febbraio 2016
Nero, un messicano deportato, rientra illegalmente negli Stati Uniti in cerca della propria identità.
CONSIGLIATO NÌ
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Nero è un diciannovenne messicano che viene catturato dalla guardie americane di confine e rispedito in patria. Che però lui non sente come tale essendo nato a Los Angeles. Avendo deciso di non demordere, compie un altro tentativo e raggiunge il fratello maggiore Jesus che vive in una stupenda villa a Beverly Hills con la compagna Mercedes. Ma non essendo tutto oro quello che luccica Nero è costretto ad andarsene anche da lì. Non gli resta ora che una sola alternativa: arruolarsi come "Green card Soldier", cioè cercare di ottenere la cittadinanza americana dopo aver prestato servizio nelle zone di guerra.
Rafi Pitts e il suo sceneggiatore Razvan Radulescu sono partiti senz’altro da un’ottima intenzione: portare alla luce il disegno escogitato dopo l’11 settembre dall’amministrazione Bush, la quale da un lato si faceva paladina dei respingimenti dei clandestini messicani e dall’altro, con il “Dream Act”, proponeva loro l’arruolamento con la promessa di un successivo diritto di cittadinanza. Con queste premesse ci si poteva attendere un film di impatto sociale e di denuncia di una condizione di fondamentale servilismo finalizzato a una speranza, tenendo anche conto che lo stesso Pitts dichiara di credere in un’architettura narrativa all'interno delle sue opere. La quale ahimé si concretizza solo nell’aprire su una frontiera e chiudere su un’altra. Per il resto si assiste a un film privo di struttura che dilata oltre misura qualsiasi spunto narrativo (la parentesi a Beverly Hills sembra più dettata da un’agenzia immobiliare interessata a vendere l’edificio che non da esigenze di script). Ci si ritrova così davanti a una buona idea di partenza che finisce con il farsi divorare da una sceneggiatura non all’altezza disperdendosi in un deserto ideativo che avrebbe avuto, questo sì, bisogno di confini precisi.