A Lullaby To the Sorrowful Mystery

Film 2016 | Storico 485 min.

Regia di Lav Diaz. Un film Da vedere 2016 con Hazel Orencio, Alessandra de Rossi, Susan Africa, Joel Saracho, Bernardo Bernardo. Cast completo Titolo originale: Hele sa Hiwagang Hapis. Genere Storico - Filippine, Singapore, 2016, durata 485 minuti. - MYmonetro 3,79 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento mercoledì 15 aprile 2020

Una ricerca folle e spasmodica del cadavere di Andres Bonifacio, leader supremo degli attivisti Katipunan e padre della rivoluzione filippina contro la Spagna. Il film è stato premiato al Festival di Berlino,

2016
Consigliato assolutamente sì!
3,79/5
MYMOVIES 4,50
CRITICA
PUBBLICO 3,08
CONSIGLIATO SÌ
Scheda Home
Critica
Cinema
Trailer
Un lavoro imparagonabile che fonde Storia e storie con profondità di sguardo e una densità espressiva fuori dal comune.
Recensione di Giancarlo Zappoli
venerdì 19 febbraio 2016
Recensione di Giancarlo Zappoli
venerdì 19 febbraio 2016

Il film mette in relazione tra loro elementi e personaggi legati alla Rivoluzione Filippina del 1896-1897 contro la Spagna che dominava l’arcipelago dalla seconda metà del XVI secolo. Abbiamo così la storia della ballata “Jocelynang Beliwag” che divenne l’inno della rivoluzione, la ricerca da parte di Gregoria de Jesus del corpo del Padre della Rivoluzione Andres Bonifacio morto in circostanze misteriose; Simon e Isagani, personaggi di un romanzo; il ruolo del mitico fortissimo eroe Bernardo Carpio e il mezzo uomo mezzo cavallo Tikbalang/Engkanto che ha occupato l’immaginazione filippina.
Ci sono film che forse non dovrebbero stare in un Concorso di un importante festival internazionale. Non dovrebbero non per, come hanno pensato molti, la loro eccessiva durata (8 ore e 5 minuti in questo caso) ma perché sono così al di sopra e ‘oltre’ rispetto agli altri da non poter essere raffrontati con i competitors. L’ultima opera di Lav Diaz appartiene a questa ristrettissima enclave del cinema.
Il regista filippino può essere paragonato ormai, senza alcun timore di mancanza di rispetto nei confronti del modello, a Tolstoj. Ciò che il grande autore ha fatto per la Russia sul piano letterario lo sta facendo Diaz per le Filippine utilizzando il cinema alle cui origini rende anche omaggio. La sua capacità di fondere in un tutt’uno la Storia e le storie è decisamente fuori dal comune così come la profondità di uno sguardo che ci ricorda come l’ormai tanto negletto bianco e nero abbia un suo straordinario potere di fascinazione affabulatoria.
Ogni singola inquadratura di questo film ha una densità espressiva che non si traduce mai in compiacimento solipstico ma conserva sempre intatta la volontà di consentire allo spettatore un ‘viaggio’ al suo interno alla ricerca, mai insoddisfatta, di particolari da scoprire. Non era facile narrare una storia controversa come quella della rivolta dei filippini contro la Spagna che ha visto lo stesso fronte di lotta dividersi in fazioni.
Diaz ne fa sentire l’importanza e il mistero passando attraverso indimenticabili personaggi femminili ma essendo anche perfettamente in grado di controllare le diverse modalità espressive. Perché quando i potenti si incontrano e decidono del destino altrui non sono più ‘persone’ ma, potremmo dire brechtianamente, finiscono con il diventare simboli delle diverse forme di sopruso. Quando invece sono gli umili a muoversi, anche con i loro cedimenti e contraddizioni, le battute stesse vengono pronunciate in modo diverso. Diaz non nasconde la complessità delle posizioni. Mette in scena una Chiesa che è pervasa di animismo e superstizione ma le contrappone una figura di sacerdote capace di rispettare la propria fede e, con questa, di cercare di comprendere ed aiutare chi chiede il suo sostegno.
Il ‘tempo’ che il film chiede allo spettatore diventa così straordinaria occasione per entrare in una dimensione temporale che è propria del suo autore e che mette positivamente alla prova. Ci sono tanti (troppi) film che durano un quarto rispetto a questo e ne valgono un centesimo.

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winner
premio alfred bauer
Festival di Berlino
2016
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