Subbuteopia

Nel 1947, in Inghilterra, l'ornitologo Peter Adolph inventa un gioco da tavolo nel quale viene riprodotto lo sport più amato in tutto il mondo: il calcio. Il nome, Subbuteo, è preso da una particolare specie di falco. Nel documentario si tracciano la storia e le alterne fortune produttive del marchio attraverso interviste ad appassionati, collezionisti e impavidi imprenditori che cercano di mantenere vivo un sogno.
La possibilità di avere a portata di dito le dinamiche, le strategie e l'agonismo di una partita di pallone: Subbuteopia, titolo intelligente e sofisticato che unisce più concetti, usa una grafica accattivante, un montaggio per niente scontato e continui cambi di scena, tra l'Italia e l'estero, per glorificare il calcio in miniatura. Senza dubbio indirizzato ad un pubblico di fedeli, il documentario di Pierr Nosari, firmato assieme a Enrico Fontanelli, membro della band musicale degli Offlaga Disco Pax, non commette lo sbaglio di essere soltanto un manuale di istruzioni del gioco, magari anche troppo entusiasta, ma cerca di dare una forma a quella smania di ritornare bambini che si nasconde in ogni uomo adulto. Inteso come via di fuga dai problemi della quotidianità o addirittura connesso con l'ideale politico, si pensi ai tornei organizzati dall'Unione dei Subbuteisti Socialisti Rivoluzionari sui luoghi della Resistenza Italiana, il Subbuteo assume, dunque, un significato differente per ognuno degli intervistati, pur nell'ottica, sempre presente, della nostalgia.
Del resto è proprio la prospettiva del tempo quella scelta in fase di sceneggiatura, avanti e indietro in cinquant'anni di storia dove si intrecciano le vicende dei fratelli Parodi, che nella loro ditta a Manesseno, a pochi passi da Genova, hanno sfidato la multinazionale americana Hasbro nel momento in cui scelse di cessare la produzione, quelle di chi dipinge a mano i minuscoli giocatori o di chi ha costruito, in casa propria, il più grande campo da Subbuteo del mondo.
Si potrebbe notare che Subbuteopia giri intorno al successo del calcio da tavolo senza spiegarne le reali motivazioni, ma basta distaccarsi un po' dal senso stretto delle immagini per capire, in realtà, quanto tutto ciò sia nascosto in ogni frase pronunciata: il panno verde è come e più di un autentico campo da calcio, una realtà sì miniaturizzata, ma governata dalle sue stesse regole in cui, da spettatore e tifoso, il giocatore diventa mente e dito di una squadra di calcio più vera del vero. Finanziato, in parte, con il meccanismo del crowdfunding. 