Anno | 2014 |
Genere | Drammatico, Western |
Produzione | Argentina, Brasile, Francia, USA |
Durata | 110 minuti |
Regia di | Pablo Fendrik |
Attori | Alice Braga, Gael García Bernal, Iván Steinhardt, Jorge Sesán, Claudio Tolcachir, Chico Díaz . |
MYmonetro | 2,75 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 19 maggio 2015
CONSIGLIATO SÌ
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Misiones, Argentina. Nella foresta tropicale un piccolo nucleo di persone lavora alla raccolta ed essicazione del tabacco. Ci sono però interessi economici molto forti che vorrebbero impadronirsi dell'area. Vistisi opporre un rifiuto a cedere il terreno, i detentori dei suddetti interessi assoldano un gruppo di sicari perché eliminino coloro che non vogliono sottomettersi. Kaï, un uomo giovane che vive nella foresta, assiste all'attacco dei mercenari che rapiscono la bella Vania dopo averle assassinato il padre. Kaï li segue con l'obiettivo di liberare la ragazza ed eliminarli uno ad uno. Intanto nel folto della vegetazione si aggira un famelico giaguaro.
El ardor appartiene, è lo stesso regista ad affermarlo, a quella categoria di film che non vedrebbero mai la luce se un attore famoso non decidesse di aderire al progetto. E' quanto ha fatto Gael Garcia Bernal che è presente sia come produttore che come protagonista. Di fatto il film si presenta come una caccia all'uomo condotta da un vendicatore solitario. Un tema trattato innumerevoli volte dal cinema. Quello che ne sottolinea la specificità è il contesto ambientale. Fendrik ci tiene a specificare che situazioni come quella narrata qui si sono effettivamente verificate: contadini sono stati torturati per costringerli a firmare atti di cessione dei terreni e, dinanzi a un loro rifiuto, non si è avuto nessuno scrupolo ad ucciderli. In questo western nella giungla emerge con forza l'energia di una Natura che non vuole essere violentata. Kaï e il giaguaro sono due espressioni della stessa resistenza a un'economia sfrenatamente liberista che non ha alcun rispetto per l'equilibrio dell'ecosistema. Bernal offre la sua fisicità nervosa a un personaggio che si ammanta di un'aura da cavaliere della valle solitaria prima di ridiventare un tutt'uno con la Natura non risparmiandoci scene che costituiscono l'ennesimo (e forse un po' stucchevole) omaggio al cinema di Sergio Leone.