Anno | 2022 |
Genere | Sperimentale |
Produzione | Francia |
Durata | 54 minuti |
Regia di | Érik Bullot |
MYmonetro |
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Ultimo aggiornamento martedì 21 giugno 2022
Un film che cerca di ricostruire la storia e il desiderio di comunicazione tra esseri umani e volatili.
CONSIGLIATO SÌ
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Immaginandosi in un futuro non lontanissimo si ricostruisce la vita così com'era prima della sesta estinzione quando ancora esistevano gli uccelli con cui si poteva tentare di comunicare studiandone la lingua.
In un film che è anche una performance ci si addentra nel mistero della lingua parlata dai volatili ognuno dei quali presenta delle caratteristiche specifiche.
Vedendo questo curioso documentario di Érik Bullot la memoria va a un breve racconto di Dino Buzzati (di cui ricorre il cinquantenario dalla morte) il cui protagonista aveva fischiettato un motivo all'uccellino che aveva in gabbia dovendo constatare che, in seguito a quell'atto, il volatile aveva smesso di cantare e mangiare e dopo poco era morto. L'uomo era rimasto con il dubbio di avergli inconsapevolmente comunicato una brutta notizia. Per tutti gli animali l'uomo si interroga e si è interrogato nei secoli per tentare di comprenderne i segnali di comunicazione. Per alcuni di essi, in particolare per i più comuni animai domestici, si è arrivati a buoni risultati. Per altri la ricerca continua. Ecco allora che in questo futuro immaginario (ma non troppo) che vede gli uccelli essere ormai divenuti oggetti da archivio si tenta, con una forma che assume i toni della narrazione quasi favolistica suddivisa in capitoli, di ricostruire i tentativi di entrare in contatto attraverso i suoni. L'opera di Bullot si trasforma così in una performance che vede entrare in scena dapprima i classici richiami utilizzati dai cacciatori per poi passare alla voce umana e ai tentativi di tradurre i canti in notazioni musicali che ne consentano una riproduzione strumentale. Viene coinvolto il birdwatching a cui poi si sostituisce l'emissione sonora con amplificatori collocati nei boschi per studiare le reazioni del pettirosso. Il continuo mutamento di esposizione narrativa assume talvolta la dimensione del divertissement, mai però fine a se stesso. Anche perché sullo sfondo resta sempre quell'incipit che parla della scomparsa degli animali nel cui ambito si assiste alla progressiva estinzione dei volatili. Quindi il divertimento e il piacere dell'ascolto, nonché i più bizzarri tentativi di decifrare il canto di questo o quell'uccello, finiscono con il trasformarsi in un ammonimento alla conservazione della fauna che è già comunque in pericolo insieme ad un invito al piacere della ricerca di quel contatto con la Natura che per molti si va facendo sempre più occasionale e distratto.
Il merlo non fa "me" (se la mucca fa "mu"). Così un brano celebre di Elio e le Storie Tese. Il verso del merlo, della specie più comune Turdus merula, fa invece tcink-tcink-tcink, oppure tciuck, oppure ancora tsii, come riporta una guida ornitologica. Buffe onomatopee create per la necessità di trascrivere foneticamente la voce di un pennuto con i caratteri alfabetici.