Vendetta - Guerra nell'Antimafia

La docu-serie di Netflix sposta il mirino della giustizia dalla mafia all'anti-mafia. Ruggero Di Maggio, Davide Gambino, Flaminia Iacoviello, Daniela Volker, Suemay Oram focalizzano il loro documentario su due dei volti più prominenti della lotta alla mafia degli ultimi vent'anni: il giornalista Pino Maniaci e l'ex-magistrato Silvana Saguto. Entrambi hanno dedicato le loro vite - e soprattutto quelle dei loro familiari - alla verità e a mettere in ginocchio la criminalità organizzata siciliana; ciononostante, si ritrovano entrambi al centro di una nuova guerra, questa volta mediatica, che infanga le loro attività decennali e li porta a uno scontro senza mezzi termini, a suon di accuse reciproche e possibili vendette personali.

Vendetta: guerra nell'antimafia è un documentario, diviso in sei episodi, il cui titolo parla da sé: benché la mafia sia il nemico comune dei due protagonisti di queste vicende, l'attenzione della macchina da presa si sposta ora contro di loro.

Da un lato abbiamo Pino Maniaci, giornalista noto per essere riuscito a costruire indipendentemente e con molti rischi, una televisione locale - TeleJato - che diede inizio a una guerra aperta contro alcune delle figure più importanti e pericolose della provincia di Palermo. I toni di Maniaci sono oggi noti: senza mai lesinare parolacce e insulti ai mafiosi, da sempre adotta un atteggiamento forte, tanto imprudente quanto coraggioso, che lo ha reso volto famoso e iconico in una battaglia ancora aperta contro il crimine organizzato, con conseguenze e minacce (tra cui l'uccisione dei suoi cani) che però non hanno mai intaccato la sua missione. Figura iconica ma anche amata, molto riconosciuta dalla comunità locale.

Dall'altro lato Silvana Saguto, anche lei considerata una delle personalità più importanti, in questo caso nel sistema istituzionale, della lotta alla mafia. Ex-magistrato (a seguito della condanna ricevuta ad aprile 2021), all'epoca dei fatti presidente dalla sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo, ovvero di quell'organo che definisce il sequestro dei beni appartenenti alla mafia. Uno dei tasselli fondamentali della battaglia, sin dal 1982, anno in cui venne introdotta la Legge Rognoni-La Torre, che comporta la possibilità di sequestrare i beni di chi è accusato di mafia.

La docu-serie ha il pregio di non prendere mai parte nello scontro che, sin dalla fine del primo episodio, si va delineando; tutt'altro: con un inizio che conferma e proclama l'onestà dei due protagonisti, riconoscendone i meriti nella lotta alla criminalità organizzata, nel corso dei sei episodi gli autori sono in grado di non spingere dall'una o dall'altra parte. Tanto Maniaci, quanto Saguto, sono figure oneste, accompagnate da marito, moglie, figli e altri parenti che coadiuvano le loro attività ma che, con le loro sofferenze e sacrifici, testimoniano l'onestà di entrambi.

Ciò che maggiormente risalta in Vendetta: Guerra nell'antimafia è un forte senso di inadeguatezza di fronte a un sistema, quello dell'antimafia, tutt'altro che perfetto, ricco di lacune sia a livello organizzativo - dove rintracciamo le accuse a Saguto - ma anche a livello mediatico e sociale - dove invece si problematizza la figura di Maniaci. I registi sono così in grado di mostrare il tarlo, la difficoltà del sistema a riconoscere le proprie falle, raggiungendo un livello di completezza molto interessante e di oggettività altrettanto pregevole, sicuramente di difficile raggiungimento considerando il particolare tema al centro del documentario. Prendere una posizione risulterà particolarmente complicato, così come comprendere le reali istanze delle due figure, l'una istituzionale, l'altra proveniente dal basso, entrambe legittime ed entrambe forti dei risultati ottenuti negli anni.

Eppure qualcosa si nasconde dietro questa realtà, un mistero che trattiene gli occhi dello spettatore sullo schermo, dal primo all'ultimo episodio, stimolando così la ricerca critica della verità, dando a chi osserva un nuovo ruolo: non più quello di interprete di fatti, prove e istanze, ma ponendolo a metà strada tra giornalismo e magistratura, confermando le lacune di entrambi i settori. 