Mon père, le diable

Film 2021 | Drammatico 107 min.

Regia di Ellie Foumbi. Un film con Babetida Sadjo, Souleymane Sy Savane, Jennifer Tchiakpe, Franck Saurel. Cast completo Genere Drammatico 2021, durata 107 minuti. Valutazione: 2,5 Stelle, sulla base di 1 recensione.

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Ultimo aggiornamento mercoledì 8 settembre 2021

Una rifugiata di origine africana vive tranquilla in un paesino montano nel Sud della Francia. Finché sul posto non arriva un prete che lei sembra conoscere bene. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Spirit Awards,

Consigliato assolutamente no!
n.d.
MYMOVIES 2,50
CRITICA
PUBBLICO
CONSIGLIATO NÌ
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Nella tranquillità della provincia francese va in scena la vendetta di una donna dell'Africa occidentale.
Recensione di Roberto Manassero
martedì 7 settembre 2021
Recensione di Roberto Manassero
martedì 7 settembre 2021

In una località di montagna nel sud della Francia, Marie, originaria della Guinea, lavora come capocuoca in una casa di riposo. Ben integrata, apprezzata sul lavoro, con una collega infermiera come migliore amica e un barista come spasimante, Marie nasconde in realtà un passato doloroso da cui è fuggita. Il trauma riesplode quando nella casa di riposo giunge un nuovo sacerdote, nel quale Marie riconosce il signore della guerra che sterminò la sua famiglia e, dopo averla violentata, la trasformò in una bambina soldato. Sconvolta, Marie sceglie di fare i conti una volta del tutto con le sue colpe e il suo desiderio di vendetta.

Nel paesaggio tranquillo e neutro della provincia francese, va in scena il dramma di una donna le cui ferite non possono essere guarite dal tempo e nemmeno, forse, dall'incontro con il responsabile del suo dolore.

Presentato all'interno della sezione Biennale College, Mon père, le diable è un piccolo film che riporta alla Mostra di Venezia il tema dei bambini soldato, dopo la presentazione nel 2015 di Beasts of No Nation di Corey Fukunaga. Lo spostamento dell'ambientazione dall'Africa occidentale alla quiete della provincia francese dà al primo lungometraggio della camerunense Ellie Foumbi l'aspetto di un apologo universale sulla colpa e la vendetta, sulle ferite interiori e la necessità di emendarsi dal male.
Il riferimento che viene in mente è a "La morte e la fanciulla", la pièce di Ariel Dorfman diventata nel 1994 un celebre film di Roman Polanski, in cui una donna rapita e torturata durante un ipotetico regime dittatoriale del Sud America sequestrava l'uomo nel quale pensava di riconoscere il suo aguzzino. Il film di Foumbi non ha né l'ambizione né la potenza del suo ideale modello, ma nel quadro di un film realista che non disdegna di avvicinarsi al genere la vicenda della protagonista Marie, agli occhi di un occidentale una delle tante donne africane impiegate in una struttura assistenziale, assume toni tragici e spirituali.
La colpa, l'espiazione e il desiderio di assoluzione nel film si confrontano con il peso della fede religiosa, estranea a Marie ma non al suo aguzzino, pentitosi dei propri peccati e diventato un sacerdote. Ciò che rende interessante la figura di Marie è il fatto di non essere semplicemente una vittima, ma anche un'aguzzina, responsabile di omicidi e violente uguali a quelle subite. La donna ha dunque bisogno di venire a patti con gli orrori commessi tanto quanto il suo violentatore, trasformatosi ipocritamente in un uomo di fede ma proprio per questo capace di chiudere con il suo passato. La regista riesce nell'intento di rendere complesso e contraddittorio il confronto fra i due personaggi del film, unendoli in un finale comunque coraggioso nel segno della colpa e, cristianamente, in quello del perdono.
Dove il film presenta purtroppo dei limiti evidenti è nella confezione. Il micro-budget (Biennale College raccoglie progetti indipendenti per i quali mette a disposizione 150.000 euro) è visibile nella composizione disadorna delle immagini; nelle lungaggini (ad esempio, la sotto-trama sentimentale) che disperdono la tensione del racconto; nella fotografia digitale che smorza i colori su tonalità neutre; in una trama dalle svolte forzate o prevedibili...
Considerato il contesto produttivo del film e, come abbiamo visto, la complessità della riflessione di Foumbi (anche autrice della sceneggiatura) si è ovviamente disposti a chiudere un occhio, ma il problema è proprio nella gestione della materia narrativa in un quadro troppo rigido. La scelta del genere (in questo caso, il revenge movie) impone passaggi obbligati che il film non riesce mai a rendere naturali e men che meno sorprendenti. E per questo Mon père, le diable suona in troppi momenti forzato e ingenuo. Non è un caso che nell'ultima parte, quando il dramma finalmente esplode, il film trovi passaggi anche commoventi, abbandonandosi semplicemente al dolore della sua protagonista.

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MOSTRA DI VENEZIA
martedì 7 settembre 2021
Roberto Manassero

Una storia di vendetta presentata nella sezione Biennale College e in streaming fino al 12 settembre. Vai all'articolo »

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