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Tormentata storia di iniziazione sessuale di un diciassettenne durante l' estate del 1983 nella bassa bergamasca. Il bel lungagnone americano Oliver, con i suoi eleganti, inappuntabili, e perennemente inamidati pantaloncini sempre indosso, viene ospitato per sei mesi per motivi di studio nella bella e antica dimora dei coniugi Perlman, e la sua presenza in quella elegante magione immersa nel verde della campagna, tra boschi e ruscelli, finira' per turbare i sentimenti, l' anima e il corpo del loro rampollo Elio, giovane promettente pianista, in piena crisi adolescenziale e alla ricerca di una problematica identita' sessuale. Ma la loro storia d' amore e di amicizia non durera' che il tempo di due stagioni. Tutto ha una fine. L'affascinante Oliver se ne tornera' in America, e il freddo e il gelo dell' inverno finira' per scendere sui luoghi e nell' animo di Elio, che si ritrovera' da solo davanti a un camino acceso a versare calde lacrime di nostalgia e di rimpianto per l'amore ormai perduto. Non e' facile dare un giudizio obiettivo su quest' ultima opera di Luca Guadagnino. Sicuramente bella e efficace la rappresentazione dei luoghi nei quali si svolge la vicenda, con una fotografia che riesce a riprodurre benissimo la luce chiara e abbagliante, tipica dell' estate lombarda, con quel cielo azzurro e brillante cosi' bello quando e' bello,con quella luminosita' fulgida che scivola silenziosa posandosi sui luoghi e sulla pelle dei protagonisti. Purtroppo pero' la sceneggiatura non riesce a scandagliare a fondo nel carattere dei personaggi, restando solo alla superficie delle loro problematiche esistenziali e i dialoghi risultano di una elegantemente sontuosa banalita' e qualche citazione colta sparsa qua' e la' non riesce mai a dare loro spessore. La ricostruzione degli ambienti poi, relativa all' anno 1983,appare imprecisa e superficiale, soprattutto per quanto concerne la scelta'dei mezzi di trasporto. Quasi tutti i modelli di auto, di pulmann, di treni,utilizzati nel film risalgono infatti agli anni a cavallo del decennio 1960 /1970, per cui risulta piuttosto improbabile che ne circolassero cosi' numerosi nel periodo in cui si svolgono i fatti raccontati nella pellicola. Per quanto riguarda la prova degli attori solo quella di Thimotee Chalamet e' degna di menzione
Dopo aver visto Chiamami col tuo nome, la sensazione che si prova e' simile a quella di chi,dopo aver acquistato un gioiello presso una oreficeria referenziata,si accorge in seguito di aver comprato una misera patacca, magari ben fatta e pure luccicante come oro zecchino, ma pur sempre una patacca. Una sensazione mista di rabbia per l' imbroglio subito e di ammirazione per l' abilita' del falsario.
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