Parasite |
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Un film di Bong Joon-ho.
Con Song Kang-ho, Lee Sun-kyun, Yeo-jeong Jo, Choi Woo-Sik.
continua»
Titolo originale Parasite.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 132 min.
- Corea del sud 2019.
- Academy Two
uscita giovedì 7 novembre 2019.
- VM 14 -
MYMONETRO
Parasite
valutazione media:
3,99
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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venerdì 14 febbraio 2020 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Parasite è una sintesi riuscita di generi letterari e filmici, che, attingendo all’omerico cavallo di Troia e agli elementi tipici della commedia degli equivoci plautina, costruisce, in modo originale, un dramma moderno nella Seul delle disparità sociali; attraversando la commedia all’italiana degli anni ’70, con il sottofondo di una canzone di Gianni Morandi, giunge, con una crescente tensione, alla tragedia shakespeariana e al più sanguinolento dei film di Tarantino, cambiando gradualmente di tono senza sostituire l’uno all’altro, ma aggiungendone differenti per un affresco in cui le nuove pennellate coprono ma non del tutto quelle precedenti, lasciando intravedere il comico nel tragico e viceversa. Scambi di persona si intrecciano a pirandelliani interrogativi sulla verità dell’io, che fingendosi nel ruolo attribuitogli dall’immaginario collettivo (la fedele irreprensibile amabile governante, l’autista affidabile come un vecchio zio e che, tuttavia, sa stare al suo posto) si immedesima nella finzione, fino a credersi altro da sé. Richiami alle metamorfosi kafkiane dell’uomo in insetto, in questo caso parassita di altri parassiti sociali, ovvero i ricchi, evolvono su piani che si sovrappongono verticalmente a nascondere metaforicamente (non a caso, il protagonista utilizza spesso, anche a sproposito, l’aggettivo “metaforico”) abissi inaccessibili in rifugi antiatomici, originati dalla paura del vicino diverso fratello e minaccioso coreano del nord, ma all’occasione utilizzati per celare la parte di sé impresentabile, nella sua cruda e feroce realtà, al mondo dei benpensanti. Nel colloquio con il genitore, che sopravvive come fantasma alla morte sociale, si rivela la fragilità di un mondo che può affidarsi soltanto al danaro per riscattare una vita dalla indecente quotidianità della miseria e dall’oblio in cui è sepolta. Nei giardini dei ricchi sono seppelliti i cadaveri dei derelitti, nelle loro cantine sopravvivono tumulate e angosciate le anime di coloro cui è negata la dignità dell’esistenza. Con Bong Joon-hoè messo in scena il destino dell’individuo moderno occidentalizzato, a prescindere oramai dalla latitudine, chiuso nella stretta cerchia familiare in una guerra personale anarchica per accaparrarsi le poche risorse disponibili a scapito degli altri. Il destino individuale si sovrappone al destino dei popoli in lotta, l’individuo e la sua famiglia sono come piccoli stati che si combattono senza esclusione di colpi e le alte mura della villa dei ricchi somigliano alle bianche mura di Troia, che può essere espugnata soltanto col raggiro e la truffaldina arte del nostro vivere abituale di insetti opportunisti o con l’impossibile illusorio sogno di una ricchezza irragiungibile. La speranza rimane sogno. Siamo destinati a restare fuori le mura, in agguato per l’assalto impossibile o all’interno, tumulati nel fondo di una cantina-bunker, aspettando la notte per uscire come scarafaggi a mangiare gli avanzi dei padroni della terra.
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