Per i figli di personaggi famosi, forse il compito più arduo della vita è emergere dall'ombra proiettata dai genitori e diventare persone indipendenti. Per Liza Minnelli, questo processo è stato doppiamente difficile, perché ha scelto di farsi un nome sul palcoscenico, seguendo le orme di una madre che è stata una delle artiste più famose del XX secolo. Ma il fatto che la Minnelli ci sia riuscita è una testimonianza sia del suo talento artistico che della sua autonomia.
Considerata una delle artiste più versatili ed energiche della scena musicale e cinematografica americana, ha avuto una vita che, fin dagli inizi, è cominciata sotto i riflettori, senza mai abbandonarli veramente.
Nata a Hollywood, figlia della cantante e attrice Judy Garland e del regista Vincent Minnelli, Liza è cresciuta negli studi cinematografici, visitando i suoi genitori nei teatri di posa e assorbendo tutti i dettagli del processo di realizzazione di un film o di uno show televisivo.
Particolarmente attratta dalla danza, osservava provare per ore e ore coreografi del calibro di Gene Kelly e Fred Astaire, prendendo poi lezioni di danza, già in tenera età, dal mitico Nico Charisse.
Debuttò al cinema all'età di tre anni, proprio accanto a sua madre. A otto, ha ballato su un palcoscenico newyorkese mentre la Garland cantava "Swanee" e, sebbene avesse attraversato il difficile divorzio dei suoi genitori nel 1951, continuò ad amarli incondizionatamente. "Ho preso la grinta da mia madre e i sogni da mio padre", riconobbe lei stessa in un'intervista del NEW YORK TIMES.
Ma dietro questa educazione glamour, c'era anche un lato oscuro. Gli ultimi anni della Garland furono segnati dalle dipendenze da tranquillanti e alcol, dalle sue malattie e da sporadici episodi di instabilità emotiva, che la spinsero a una serie di matrimoni falliti e di relazioni molto tese verso tutti coloro che la circondavano, Liza compresa. La Minnelli, inizialmente, è stata la confidente delle sventure materne, poi già da adolescente comincia a gestirne la casa, pagando le bollette, assicurandosi che lei facesse la spesa, assumendo personale e supportandola in tutte le sue crisi. Nonostante ciò, il forte legame emotivo che le univa superò anche questi brutti ricordi, accantonati da tutte quelle volte in cui la Garland mostrava il suo sostegno verso la figlia e la incoraggiava nel suo sviluppo artistico.
La più grande eredità che le ha lasciato è indubbiamente la sua voce. Liza ha fatto suoi molti dei manierismi e degli effetti vocali della madre, sebbene possieda un timbro più duro. Intanto, si era fatta strada, dal debutto Off-Broadway ai palcoscenici broadwayani, dalle numerose tournée negli Stati Uniti a quelle in Europa, Australia e Giappone. Poi tanta televisione, prima accanto alla Garland, poi con Johnny Mathis, Frank Sinatra, Sammy Davis Jr., Chita Rivera, Goldie Hawn, Vic Damone, Donna Summer, Joel Grey, Charles Aznavour, Marvin Hamlisch. Non manca il cinema che la farà arrivare all'Oscar come miglior attrice protagonista. Una statuetta che fece compagnia ai Tony Awards, al BAFTA, all'Emmy Award e ai Golden Globe vinti nell'arco di una carriera lunghissima.
Portando con sé echi dell'emozione pulsante materna (malgrado inizialmente prendesse le distanze dalla sua immagine, rifiutandosi di cantare le sue canzoni e accettando ruoli che la ritraessero come mondana e dura, in piena contrapposizione con l'innocenza spensierata che la madre ha incarnato), Liza ha avuto di suo una presenza scenica istrionica, nervosa, ma allo stesso tempo vulnerabile e sfacciata, tanto da scatenare le gelosie materne che spinsero proprio la Garland a farle il più grande e supremo complimento di sempre per un'attrice: tentare di superarla, come se fosse una qualsiasi sua collega pari a lei per bravura e tecnica. Fu un momento elettrizzante per la giovane attrice, che la indusse a pensare di avere veramente talento, ma soprattutto, per sua stessa ammissione "fu come se la mamma si fosse improvvisamente resa conto che ero brava. Un minuto prima mi sorrideva e, quello dopo, era una leonessa che dominava il palcoscenico e che improvvisamente si ritrovava qualcuno che invadeva il suo territorio. Ne fui lusingata. Mia madre mi vedeva come un'artista pari a lei".
Diventata una leggenda (a tal proposito, parlò soprattutto il suo primo Tony Award come miglior attrice in un musical, ricevuto a soli diciannove anni, che la fece diventare la più giovane attrice nella storia di Broadway a ricevere tale onore), stabilì importanti sodalizi artistici con autori come Fred Ebb e John Kander, che avrebbero curato gran parte del suo lavoro futuro, caratterizzandola come una ragazza eccentrica ma resiliente, con un aspetto appariscente e una forte vulnerabilità interiore. Infusa di una personalità scenica, fece spettacoli sold-out, attirando il pubblico con la sua energia inarrestabile.
Similmente accade nel cinema, dove le recensioni favorevoli sulle sue performance le diedero l'opportunità di dimostrare il suo innegabile talento recitativo e poliedrico. Ma nonostante il suo continuo successo, o forse proprio per questo, la vita privata della Minnelli iniziò a perdere il controllo. Frequentando un gruppo di amici sofisticato e spensierato tra la fine degli Anni Settanta e l'inizio degli Anni Ottanta, in un inquietante parallelismo con la madre, sviluppò dipendenze dall'alcol e da diversi tipi di droghe (in particolare dal Valium), diventando gradualmente sempre più introversa e spingendo se stessa ad abbandonare i concerti. Per arginare questa deriva e salvare il salvabile, nel 1984, entrò al Betty Ford Center per un trattamento di disintossicazione. Una volta stabilizzatasi, tornò nel mondo dello spettacolo, mantenendo il suo alto profilo.
Una carriera composta da molti momenti alti e da qualche momento basso, ma che fin dall'adolescenza ha camminato sul sottile filo tra autodeterminazione e rievocazione, imponendosi come artista imparagonabile con chiunque, persino con la sua stessa madre.
Completa, avvincente, è andata incontro a grandi trionfi che ne hanno decretato l'incoronazione come ultima grande esponente della sfacciata, e a volte orgogliosamente volgare, tradizione del music-hall americano.
Il nome
Prendendo il nome dalla canzone "Liza (All the Clouds'll Roll Away)" di George e Ira Gerswhin , il 12 marzo 1946, da Judy Garland e Vincente Minnelli nasce la loro prima e unica figlia, Liza Minnelli.
Il debutto al cinema
Il debutto cinematografico ufficiale avviene all'età di tre anni, quando interpreta la figlia del personaggio che la madre impersona in I fidanzati sconosciuti (1949), per la regia di Robert Z. Leonard e Buster Keaton.
Nel 1954, suo padre la inserisce nella pellicola 12 metri d'amore, ma poi taglia le scene in cui appare. Quattro anni più tardi, recita in L'errore di vivere e in La strana coppia (1968) ma, anche in quest'ultimo titolo, le scene nelle quali appare vengono tagliate in sede di montaggio.
La prima candidatura agli Oscar
Bisognerà aspettare il 1969 per il suo primo ruolo da protagonista, cioè quando Alan J. Pakula la sceglie per Pookie nella parte, per l'appunto, di Pookie, una ragazza eccentrica e fragile, che viveva un'intensa storia d'amore con uno studente introverso. La performance della Minnelli è acclamata per la sua intensità emotiva e per la sua vulnerabilità, tanto da ricevere una candidatura all'Oscar. La critica e il pubblico ne apprezzano la recitazione intimistica, ma il premio va a Maggie Smith e alla sua Jean Brodie in La strana voglia di Jean.
L'Oscar per Cabaret
Nel 1970, Otto Preminger la imbruttisce grazie al make up, ma nel farlo la rende ancora più strepitosa in Dimmi che mi ami, Junie Moon. Però è grazie al fidato Bob Fosse e al suo Cabaret (1972) che la Minnelli arriva all'Oscar come miglior attrice protagonista (ma anche al Golden Globe).
Come disse lei stessa, "Era nel mio destino essere in Cabaret". Aveva infatti perso il ruolo teatrale di Sally Bowles a favore della britannica Jill Haworth ed era stata addirittura la seconda scelta per interpretarla al cinema. La parte era stata offerta inizialmente a Barbra Streisand, che però rifiutò motivando la decisione con il desiderio di allontanarsi dal genere musical. Così quando la produzione e il regista cominciarono a valutare altre star, Fosse fu certo di optare sulla Minnelli per affidarle il ruolo della cantante di cabaret in difficoltà, che lotta per sopravvivere nell'atmosfera intollerante della Germania nazista degli Anni Trenta.
Il film, basato su uno dei racconti della raccolta "Berlin Stories" di Christopher Isherwood, ebbe un immediato successo, venendo acclamato da pubblico e critica anche grazie all'eccellente colonna sonora di John Kander e Fred Ebb, che sostenne una potentissima e completa performance in grado di mostrare le doti canore della Minnelli, sottolineandone la dicotomia tra tenacia e vulnerabilità che già allora la contraddistingueva.
Quello che nessuno si aspettava è che il film e la Minnelli segnassero un punto di svolta nella storia del musical cinematografico. Lo stesso personaggio di Sally, l'americana che si esibisce al Kit Kat Club, diventa un mito per la sua eccentricità, la sua spregiudicatezza, la sua fragilità piena di sogni ma anche di illusioni. La sua profondità emotiva viene trasmessa non solo all'interno dell'intensa relazione con Brian (Michael York), ma anche nella paura di perdere la propria libertà, che la condurrà verso scelte dolorose, tra le quali l'aborto. Appare quindi chiaro che l'attrice non si limitò a cantare e ballare, ma trasformò ogni numero musicale in un'esplorazione psicologica del suo personaggio. In "Maybe This Time", la sua voce trasmette speranza, vulnerabilità e malinconia, rendendo visibile l'anima di Sally. Lo stesso Bob Fosse rimase sbalordito da questa performance totale, dicendo che "Liza era l'unica che poteva incarnare Sally Bowles con quella miscela di talento e fragilità".
Da qui in poi, considerata rivoluzionaria, autentica, una vera e propria icona culturale, Liza Minnelli viene contesa dagli Studios per una marea di progetti.
I film negli Anni Settanta
Nel 1974, recita in C'era una volta Hollywood, ma poi va incontro a un primo flop commerciale con In tre sul Lucky Lady (1975) di Stanley Donen. A lei va il ruolo di Claire, la cantante coinvolta in un triangolo amoroso (è contesa da Burt Reynolds e Gene Hackman), ma anche nel contrabbando proibizionistico. Le critiche sono durissime, nonostante il talento e le energie che l'attrice ci mette. Qualcuno, in vena di facili profezie, affermerà che "dopo un'ascesa così fulminea, era inevitabile che la carriera della Minnelli andasse incontro a qualche nota stonata".
Ma lei riprende immediatamente il ritmo partecipando a L'ultima follia di Mel Brooks (1976), salvo poi venire nuovamente stroncata per Nina (1976), diretta per la seconda volta da suo padre. Nina è una sorta di Cenerentola definita "sdolcinata e poco convincente". Ci vorrà Martin Scorsese per dare uno scossone alla sua carriera quando nel 1977 le chiederà di interpretare il ruolo della cantante jazz Francine Evans in New York New York. Impegnata in una relazione tumultuosa con un sassofonista dal volto di Robert De Niro, la sua Francine la fa brillare ancora, specialmente quando si esibisce nel brano che dà il titolo al film (diventato iconico). La pellicola, inizialmente divisiva (e questo fu motivo di grande delusione per lei), la rifà tornare in carreggiata, sottolineandone la memorabilità.
I film negli Anni Ottanta e il ritiro dal cinema
Nei primi Anni Ottanta, durante una pre-produzione per una versione cinematografica del musical "Evita", il regista Ken Russell la invita a presentarsi per un provino per il ruolo della primera dama dell'Argentina. Rimase così impressionato da rifiutarsi di fare il film senza di lei e, per questo, venne prontamente licenziato dal produttore, Robert Stigwood, lasciando che il film rimanesse dormiente per oltre dieci anni, cioè fino a quando non uscì la versione di Madonna nel 1996.
Nel 1981, è ottima in Arturo (1981) e nel suo sequel Arturo 2 - On the Rocks (1988), dove ha la parte di Linda Marolla, la moglie del miliardario Arthur interpretato da Dudley Moore. Ma è ancora vittima della forbice del montaggio nel nuovo film di Martin Scorsese Re per una notte (1983), riuscendo ad apparire solo nei titoli. Affiancherà i Muppet in I Muppet alla conquista di Broadway (1984), diretta da Frank Oz, ma naufraga ogni possibilità di interpretare Deborah in C'era una volta in America (1984) di Sergio Leone, a causa della lentezza della produzione. Scoprirà in seguito di essere stata sostituita da Jodie Foster. Ma per via dell'effetto psicologico del tentato assassinio del Presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan, da parte di un suo fan, John Hinckley Jr., anche la Foster dovette abbandonare il progetto, venendo a sua volta sostituita da Elizabeth McGovern. Tornerà sotto l'occhio di Jack Haley Jr. in Questo è ballare! (1985) e poi sarà la protagonista della commedia Poliziotto in affitto (1987), prima di lasciare il cinema nel 1991, subito dopo A scuola di ballo.
Il ritorno sulle scene
Arriva, infatti, quella che è una lunghissima pausa dal grande schermo e che vedrà il ritorno della Minnelli al cinema solo nel 2006, quando Billy Kent la vorrà per Prima o poi s...vengo. Poi interpreterà se stessa in Sex and the City 2 (2010), dove officerà un matrimonio gay e canterà "Single Ladies" di Beyoncé. Un cameo forzato che tutti giudicheranno imbarazzante e fuori luogo, con una coreografia goffa, ma senza dare la colpa all'attrice Premio Oscar, quanto maggiormente all'intero film, che venne etichettato infatti come "cringe" e che la spinse ad abbandonare ancora una volta il grande schermo a favore del suo vero amore: la musica.
La carriera in tv
Quanto al piccolo schermo, la Minnelli afferra fin da subito le grandi potenzialità del mezzo e già a partire dal 1956 appare in alcuni varietà televisivi ("Ford Star Jubilee" e "Hedda Hopper's Hollywood"), ma soprattutto nel programma della madre "The Judy Garland Show" nel 1963. Il lavoro in tandem proseguirà con il concerto televisivo "Judy and Liza at the Palladium" (1964).
Negli Anni Settanta, Liza Minnelli ha finalmente il suo momento come protagonista assoluta con gli special televisivi "Liza" (1970), "Liza with a 'Z' - A Concert for Television" (1972, trasmesso sulla NBC), girato con Bob Fosse subito dopo il successo di Cabaret e che le farà arrivare un Emmy Award, e poi altri programmi come "Love from A to Z" (1974) accanto a Charles Aznavour, "Goldie and Liza Together" (1980) con il Premio Oscar Goldie Hawn, "An Evening with Liza Minnelli" (1980) e "Liza in London" (1986).
Apparirà anche nel concerto televisivo "Frank, Liza & Sammy - The Ultimate Event" (1989) accanto a Frank Sinatra e Sammy Davis Jr., poi parteciperà al "Freddy Mercury Tribute Concert" (1992) e a "Liza Live from Radio City Music Hall" (1992), nonché al "Liza and Friends: A Tribute to Sammy Davis Jr." (1993) e "Michael Jackson: 30th Anniversary Celebration" (2001), in onore dei suoi migliori amici.
Come attrice, dopo essere apparsa in un episodio della serie Ben Casey, partecipa anche a vari film tv e telefilm (Mr. Broadway, The Dangerous Christmas of Red Riding Hood, That's life), poi sarà ospite del "Muppet Show" (1979) e protagonista della fiaba "La principessa sul pisello" del telefilm Nel regno delle fiabe (1984), ideato da Shelley Duvall.
Reciterà anche nelle fiction Senza domani (1985, ottenendo un secondo Golden Globe), A tempo di valzer (1995), ma soprattutto tra il 2003 e il 2013, sarà una dei co-protagonisti della mitica serie comica Arrested Development - Ti presento i miei (fortemente voluta da Ron Howard) nello spassoso ruolo della socialite eccentrica, Lucille Austero, rivale della protagonista Lucille Bluth, splendidamente interpretata da Jessica Walter. La Minnelli è esilarante e autoironica, protagonista di gag memorabili sulla sua vertigine cronica sia accanto alla Walter che a Tony Hale.
Apparirà poi in Law & Order - Criminal Intent nel 2006, in Drop Dead Diva nel 2009 e Smash nel 2013.
La carriera teatrale e musicale
Importantissima la sua carriera teatrale. Dopo aver interpretato la parte di Muriel in "Take Me Along", inizia a esibirsi professionalmente, appena diciassettenne, nel 1963, in un revival Off-Broadway del musical "Best Foot Forward", per il quale riceve i primi premi. Partecipa poi a "The Fantasticks" accanto a Elliott Gould.
L'anno successivo, la madre la invita a cantare con lei in concerto al Palladium di Londra, con il risultato che tutti i loro concerti verranno poi registrati e pubblicati come album. Sarà poi la protagonista del musical "The Diary of Anne Frank". A soli diciannove anni, vince il primo dei suoi Tony Awards come miglior attrice protagonista per "Flora the Red Menace" (l'altro fu per "The Act").
Capirà ben presto che la sua passione non è tanto legata al cinema e alla televisione, ma al palcoscenico e in particolare al suo ruolo di cantante da nightclub. Fa infatti il suo debutto, giovanissima, al Shoreham Hotel di Washington, D.C., dove si esibisce nella loro discoteca, apparendo poi in molti altri club e palchi di Las Vegas, Los Angeles, Chicago, Miami e New York City, facendo poi tournée mondiali.
Il successo immenso cui va incontro la porta a registrare diversi album per l'etichetta Capitol Records ("Liza! - Liza!" nel 1964, "It Amazes me" nel 1965 e "There Is a Time" nel 1966), passando da brani pop tradizionali a melodie di spettacoli da musical nei quali ha recitato.
Tra la fine degli Anni Sessanta e l'inizio degli Anni Ottanta, arricchisce la sua discografia con "Liza Minnelli" (1968), "Come Saturday Morning" e "New Feelin'", collaborando con Ronnie Spector, Alice Cooper, Donna Summer e i Pet Shop Boys, e aggiungendo a quei titoli anche "The Singer" (1973) e "Tropical Nights" (1977), "Results" (1989), "Gently" (1996) e "Confessions" (2010) che le hanno permesso di vincere un Grammy.
Liza Minnelli ha anche gorgheggiato nel brano goth "Mama" dei My Chemical Romance. L'idea di includerla era venuta al cantante, Gerard Way, che era un fan dell'attrice.
Vita privata
Liza Minnelli aveva appena iniziato a lavorare a Dimmi che mi ami, Junie Moon, quando ricevette la notizia che sua madre era morta per un'overdose accidentale di sonniferi. Sebbene fosse devastata, si prese cura delle celebrazioni funebri e degli affari patrimoniali familiari.
Sviluppò lei stessa una dipendenza da alcol e da droghe, inizialmente proprio legata al Valium che le era stato prescritto dopo la morte della madre. L'uso "ricreativo" del farmaco era stato notato da Andy Warhol e da Bianca Jagger, suoi cari amici e frequentatori con lei dello Studio 54, dove l'uso delle droghe divenne fuori controllo. Per le evidenti conseguenze negative delle sue dipendenze sulla sua carriera, la Minnelli scelse la riabilitazione presso la Betty Ford Clinic.
Grande amica di Adam Ant, Elizabeth Taylor, Freddie Mercury, Mia Farrow, Gina Lollobrigida, Petula Clark, Cheryl Crane, Marisa Berenson, Michal e Tito Jacson, Candice Bergen, Katy Manning, Diana Ross, Charles Aznavour, Marilyn Monroe e Janet Leigh, ha una prima relazione con il presentatore australiano Peter Allen (peraltro anche grande amico di sua madre) che sposa nel 1967, andando però incontro a un divorzio nel 1974, dopo aver scoperto la sua omosessualità. Si lega quindi a Dezi Arnaz Jr. e a Peter Sellers, ma sposa Jack Haley Jr., produttore e regista cinematografico figlio di Jack Haley, il celebre Uomo di Latta che aveva lavorato con sua madre nel Mago di Oz del 1939. La coppia divorzia nel 1979. Lo stesso anno, l'attrice si sposa con lo scultore e direttore di scena, Mark Gero, sarà la sua relazione più lunga, dal 1979 al 1992.
Sposerà poi David Gest, un promotore di concerti nel 2002, ma anche questo matrimonio si conclude con un divorzio a causa dell'omosessualità celata del marito.
Ha avuto poi relazioni con Rock Brynner, figlio di Yul Brynner, Mikhail Baryshnikov, Billy Stritch e il regista Martin Scorsese.
Liza Minnelli nel 2000, venne ricoverata in ospedale per una grave infiammazione cerebrale. I medici non furono positivi sulla prognosi, le comunicarono che non avrebbe mai più camminato o parlato. Imperterrita, la Minnelli però cominciò subito a esercitarsi con l'alfabeto e si rimise in forma seguendo costantemente un programma di riabilitazione psico-fisica. Nel 2002, a 56, partì in Europa per una nuova tournée.
Molto attiva in varie organizzazioni di beneficenza, ha fatto parte del Consiglio di Amministrazione del The Institutes for The Achievement of Human Potential (IAHP) per 20 anni, occupandosi di educazione infantile. Ha inoltre promosso ogni attività dell'AmfAR, The Foundation for AIDS Research, che era stata co-fondata da Elizabeth Taylor.