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Rassegna stampa di Jack Lemmon

Jack Lemmon (John Uhler Lemmon III) è un attore statunitense, regista, è nato il 8 febbraio 1925 a Newton, Massachusetts (USA) ed è morto il 27 giugno 2001 all'età di 76 anni a Los Angeles, California (USA).

DAVE KEHR
The New York Times

IN a career that spanned almost 50 years Jack Lemmon was seldom a soothing presence. Sweaty, stammering and hyperactive, Lemmon seemed to embody the countertype of the monumental, granite-jawed leading men of the 1950s — stars like John Wayne, Robert Mitchum and Gregory Peck.
Where Peck, for example, seemed to embody the World War II squadron leader slipping into middle age and forced to operate on the unfamiliar corporate battlefields of Madison Avenue (“The Man in the Gray Flannel Suit”), Lemmon was the junior officer eagerly polishing the brass of his superiors (in his Oscar-winning supporting performance in “Mister Roberts”), a tactic he queasily carried with him into the business world (“The Apartment”). Lemmon’s recurring predicament is that of the desperate conformist who ultimately discovers that conformity comes at too high a price.
A new boxed set from Sony Pictures Home Entertainment, “The Jack Lemmon Collection” offers five of the feature films that Lemmon made for Columbia Pictures from 1954 to 1964, the decade when he developed from a minor stage and television actor into one of Hollywood’s biggest box-office draws.
Several of Lemmon’s best known films of the period — including “Mister Roberts” and the seven movies, among them “The Apartment” and “Some Like It Hot,” that Lemmon made with the directory Billy Wilder — were made away from Columbia, and are not included here. But it was at his home studio that Lemmon developed his comic persona and honed his skills in a series of richly evocative if modestly budgeted films.

EMANUELA MARTINI
Il Sole-24 Ore

Aveva il talento del "comico per forza", l’uomo comune, neppure troppo maldestro, che situazioni paradossali (spesso tragicamente paradossali) catapultano nell’universo della risata. Non era un mimo nato, aveva un corpo e una faccia come tutti, senza neppure la sgraziata, invadente aggressività del suo partner Walter Matthau. Era la nevrosi stizzita dove l’altro era il disordine iroso (La strana coppia, con tutti i suoi sequel); era un residuo di onestà timorosa dove l’altro era la frode spudorata (Non per soldi ma per denaro); dei due era, sicuramente, il "secondo", la spalla un po’ succube, sempre irretito, sempre travolto (Prima pagina), anche se poi in realtà era lui ad avere il nome più in alto nei titoli di testa. Jack Lemmon, divo quasi per caso nell’universo hollywoodiano anni Cinquanta e Sessanta, dove tutti i modelli e gli idoli si stavano usurando e dove ancora non si erano imposti gli anti-miti, i piccoletti bruttini, disillusi e feroci degli anni Settanta. Lui non era disilluso ma rassegnato, non era feroce ma frustrato, né bello né brutto, vestito in grigio, senza nemmeno la "grazia" del dropout. Lontani ancora gli echi del Vietnam e della caduta americana, Lemmon non faceva il reduce o il barbone o il pazzo: faceva quasi sempre l’impiegato, il vicino di casa educato e meticoloso, il sottufficiale, il provinciale in città, l’americano medio perbene (almeno in superficie). Fu il volto della folla solitaria, triturato dal mito del successo (irraggiungibile), furbetto ma non mascalzone, uno capace di coprirsi occhi, orecchi e bocca per riuscire a sopravvivere, uno che solo attraverso i tic e le manie dimostrava la sua enorme fatica di vivere.

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