Come molti registi della sua generazione Hal Hartley ha frequentato la scuola d’arte (a Boston, nel 1978-79) e si è poi iscritto alla New York University, frequentando la Purchase Film School dal 1980 al 1984 e girando nel 1990 il suo primo “lungo”, molto originale e brillante (e fatto con i soliti settantamila dollari), L’incredibile verità. Da allora ha alternato i suoi film - segnati da uno stile limpido e molto moderno, molto progettualmente “originale”, minimalista e sofisticato - a numerosi cortometraggi. Ancora del 1990 è Trust - Fidati, che offre un quadro sconfortante dei rapporti all’interno (e all’esterno) della famiglia di una ragazza di diciassette anni, intinta e abbandonata. Uomini semplici (1992) è, nella migliore tradizione del cinema americano, una storia “on the road” che porta due fratelli a demolire un mito (quello del padre) e a cambiare la propria vita. Molto più artefatto e costruito Amateur (1994), che gioca sulla non proprio originale contrapposizione tra suora e puttana (la suora è Isabelle Huppert, che scopre di avere talento anche per l’altra professione), in un’esplosione tanto noiosa quanto artificiosa di citazioni e manierismi. Per fortuna, con Flirt (1995), Hartley torna di nuovo alla sua forma con un film questa volta squisitamente artificioso, ma divertente e intelligente nella struttura e nello sviluppo.
Da Irene Bignardi, Il declino dell’impero americano, Feltrinelli, Milano, 1996
