nino pellino
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domenica 24 marzo 2024
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commedia amara e sarcastica in stile virzì
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Dopo oltre 20 anni due famiglie, dagli ideali sociali e politici diversi, si rincontrano nel paese di Ventotene, nel Lazio per trascorrere le ferie estive di agosto in questo piccolo angolo di Paradiso terrestre. Inevitabilmente si susseguiranno a catena contrasti, manovre sotto banco e altre discordanze relazionali scaturite senza dubbio dalle loro diverse vedute sulla vita. Pertanto da un lato abbiamo la famiglia dei Molino, saldamente ancorata ai loro valori progressisti e dall'altro lato i Mazzalupi che invece hanno abbracciato la fede liberista, dando valore all'estetica effimera relazionale, attraendo anche molti arrampicatori sociali. Il film in questione senza dubbio si caratterizza per lo stile dietro la macchina da presa di un grande regista qual'è Paolo Virzì.
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Dopo oltre 20 anni due famiglie, dagli ideali sociali e politici diversi, si rincontrano nel paese di Ventotene, nel Lazio per trascorrere le ferie estive di agosto in questo piccolo angolo di Paradiso terrestre. Inevitabilmente si susseguiranno a catena contrasti, manovre sotto banco e altre discordanze relazionali scaturite senza dubbio dalle loro diverse vedute sulla vita. Pertanto da un lato abbiamo la famiglia dei Molino, saldamente ancorata ai loro valori progressisti e dall'altro lato i Mazzalupi che invece hanno abbracciato la fede liberista, dando valore all'estetica effimera relazionale, attraendo anche molti arrampicatori sociali. Il film in questione senza dubbio si caratterizza per lo stile dietro la macchina da presa di un grande regista qual'è Paolo Virzì. Non si tratta pertanto di una commedia qualunque, girata giusto per distrarre lo spettatore dalla sua vita quotidiana. La pellicola sa essere sottile e pungente nei momenti giusti, soprattutto nel corso delle scene finali dove le differenze sociali e relazionali tra i villeggianti di Ventotene rischiano di causare anche conseguenzde estreme. La mia impressione soggettiva sul film è stata però anche quella di avermi trasmesso l'idea di un qualcosa di già visto, per cui più che il sequel del film dello stesso regista dal titolo "Ferie d'agosto", risalente agli anni '90, mi è sembrato di vedere quasi una sorta di remake del film "A casa tutti bene" del regista Gabriele Muccino, datato 2018. Anche in quest'ultimo film infatti un gruppo di villeggianti trascorrono le vacanze estive su un'isola e anche qui dopo l'apparente facciata di perbenismo e di comuni accordi, scoppieranno contrasti e discordanze relazionali. Ma a parte questa mia osservazione che potrebbe apparire cinica e sgarbata, "Un altro ferragosto" resta comunque un film interessantissimo e del quale mi ha molto colpito, tra le altre cose, la scenografia fatta di inquadrature volutamente opache e in chiaroscuro, quasi come se il regista abbia desiderato metterci sull'attenti sullo spessore della trama, altrettanto sfocata e confusa a causa delle avverse vicende dei suoi protagonisti.
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vittorio stano
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giovedì 21 marzo 2024
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il testimone passa al ...piccolo tito
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Con "Un altro ferragosto" Virzì racconta la contemporaneità con cinismo e ironia, regalandoci un film che mescola intelligentemente commedia e dramma in maniera originale e sapiente. Ventotto anni dopo, Ventotene non è più mèta esclusiva e quasi inospitale. Il turismo di massa ha sfigurato l'isoletta. I traghetti sfornano a ritmo serrato schiere di vacanzieri festanti e ignari della sua storia. Ventotene oggi è un microcosmo che racconta cosa è diventato negli anni il Belpaese, dopo i fallimentari 20anni di cosmesi berlusconiana. Gli anni hanno cambiato le persone e i loro comportamenti si sono adeguati al tempo che passa. La loro attenzione è stata "sequestrata" dai dispositivi digitali.
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Con "Un altro ferragosto" Virzì racconta la contemporaneità con cinismo e ironia, regalandoci un film che mescola intelligentemente commedia e dramma in maniera originale e sapiente. Ventotto anni dopo, Ventotene non è più mèta esclusiva e quasi inospitale. Il turismo di massa ha sfigurato l'isoletta. I traghetti sfornano a ritmo serrato schiere di vacanzieri festanti e ignari della sua storia. Ventotene oggi è un microcosmo che racconta cosa è diventato negli anni il Belpaese, dopo i fallimentari 20anni di cosmesi berlusconiana. Gli anni hanno cambiato le persone e i loro comportamenti si sono adeguati al tempo che passa. La loro attenzione è stata "sequestrata" dai dispositivi digitali. Stanchi di lottare e omologati al sistema sono ormai vittime della superficialità. L'Italia oggi è un paese invecchiato, rancoroso, senza prospettive... nè vergogna. Destra e sinistra sono accomunate da un vuoto esistenziale che una volta attanagliava solo élites ricche e annoiate, tematica ben analizzata nei film di Antonioni. Oggi colpisce quasi tutti. Una destra becera e rozza col vento dell'ignoranza in poppa, è orgogliosa di sè; mentre la sinistra non crede più in sè stessa, si divide su temi cruciali per la collettività e non capisce come affrontare il presente. E' desolante prendere atto che non si è più capaci di imparare dagli insuccessi. Da questi si impara a fare meglio come collettività politica e come esseri umani. Anche le due famiglie che si rincontrano sembrano omologate al sistema. I Molino sono ancora di sinistra, mentre i Mazzalupi sono la nuova destra che avanza e non vuole riuscire a rinnegare le proprie origini fasciste. Oggi le divisioni sono ancora più nette. Le due famiglie ritornano a fronteggiarsi in nome di una rivalità passata. Le liti si fanno sui social network, ma infine, in questa era iperconnessa, in cui tutti siamo "raggiungibili" e "amici" la solitudine e l'incomunicabilità imperversa e tutti sono disperatamente soli e incompresi. Come i tempi siano cambiati è sintetizzato dalle professioni dei figli dei protagonisti. Altiero Molina, figlio del noto professore e giornalista delglorioso quotidiano l'Unità, vive con suo marito Noah negli Stati Uniti, dove ha fondato una start up diventando milionario. La figlia del "burino" Mazzalupi (ormai deceduto!), è una nota "influencer" che sta facendo soldi con le sue insulse chiacchiere via internet, manipolando le menti di giovani alla ricerca di un'identità. Sabry, la novella sposa, è l'emblema del film. Ammette candidamente di essere ignorante ma non rassegnata. Sta per sfondare in politica, la nuova destra la cercae la desidera tra i suoi. Sabry è una donna forte e debole (all'apparenza!), caparbia, furba e sicura. Indica la strada da seguire al falso e maldestro Cesare, buttandogli in faccia l'anello del matrimonio. Ha capito di avere a che fare con un approfittatore meschino e intorno a lei è tutto finto. Lo manda a quel paese salvando la sua dignità. Il rozzo e volgare Cesare, fascista dichiarato, ha abbandonato moglie e figlio piccolo seguendo il rivolo di euro guadagnato dall'influencer Sabry. Utilizza le nuove tecnologie per accumulare profitti senza sostanza e irretire generazioni senza radici. L'ex moglie Daniela, fredda e scontrosa è portatrice di una verità che ipocritamente pochi riescono a dire. Il suo efficace monologo è una colata di sostanza tossica sulle ipocrisie degli adulti di oggi, sugli onesti sforzi di alcuni che non portano a niente perchè annichiliti da problematiche più grandi di loro, mentre i disonesti si fanno strada con la corruzione. I genitori di oggi son troppo presi da loro stessi, non mostrano capacità genitoriali, cioè quelle attitudini che consentono di offrire cure adeguate ai bisogni dei figli, di riconoscere i loro bisogni affettivi e di dare loro limiti e regole. Spesso i dialoghi che si sovrappongono l'uno sull'altro, creano confusione tipica di un paese che non sa più ascoltarsi e capire, e non sa sa fare argine al "pollaio" che è diventato, senza prospettive, nè vergogna. Il confronto con la morte è continuo: quella fisica, quella politica delle ideologie e quella semantica delle parole in quanto le parole sono importanti tanto quelle rimosse, come "fascista", quanto quelle che scivolano via dalla memoria di Sandro. Il professore (...un molto convincente Silvio Orlando) è ancorato ad antichi sogni di resistenza antifascista, ha il volto solcato dalle rughe, capelli bianchi, gravemente malato, vinto dalla vita, eppure a suo modo ancora combattivo. Il suo personaggio porta buon umore nel film. Sandro è un nostalgico di un passato irripetibile che aspetta con impazienza e fiducia nella nuova generazione, quella del piccolo TITO (Lorenzo Nohman), la svolta per il Paese. VITTORIO STANO
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ruger357mgm
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domenica 10 marzo 2024
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abbiamo sempre perso:epitaffio di una generazione
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Amaro come sempre Virzì ritrova la sua mano felice, insieme ai suoi attori prediletti.In un caleidoscopio di cialtronaggini assortite ci regala una potente metafora dell'oggi dei patrioti, dello ieri dei sessantottini falliti e delusi e dell' altro ieri antifascista da tutti ormai dimenticato. Sempre attratto dal rapporto genitori figli e dalle modernità che dovrebbero allargare i nostri orizzonti etici, ci offre uno spaccato non molto distante dal vero del generone dei nuovi mestieri e di quelli in via di estinzione. I suoi personaggi danzano leggeri sulle acque dell' isola, tutti in preda ad un impercettibile malessere che progressivamente risale in superficie.
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Amaro come sempre Virzì ritrova la sua mano felice, insieme ai suoi attori prediletti.In un caleidoscopio di cialtronaggini assortite ci regala una potente metafora dell'oggi dei patrioti, dello ieri dei sessantottini falliti e delusi e dell' altro ieri antifascista da tutti ormai dimenticato. Sempre attratto dal rapporto genitori figli e dalle modernità che dovrebbero allargare i nostri orizzonti etici, ci offre uno spaccato non molto distante dal vero del generone dei nuovi mestieri e di quelli in via di estinzione. I suoi personaggi danzano leggeri sulle acque dell' isola, tutti in preda ad un impercettibile malessere che progressivamente risale in superficie. Marisa/Sabrina porta sulle spalle tutti i vorrei ma non posso della donna bella e incolta,ma non mignotta.Laura Morante eterna indecisa e insoddisfatta,malata di vittimismo e dedita al suo Silvio, ormai perso a rincorrere fantasmi di una democrazia ormai démodé.Gigio Alberti sublime alternativo dongiovanni dei poveri, Christian meraviglioso piacione sempre oppresso dalla sua insipienza, fascinoso e burino più che mai. Ritrovarsi 35 anni dopo negli stessi luoghi insieme ai territorializzati Rocco Papaleo e all'attore fallito ma albergatore di successo fa bene e male nello stesso tempo.I bilanci portano ad inorgoglirsi per i figli e ad intristirsi per i rispettivi fallimenti.Fino al crepuscolo, dove Silvio si riunisce ai suoi miti, la sorella di Marisa al marito defunto portato al mare mentre Christian rimane più de là che de qua. Un bel film corale, troppo limitato dall'isola, ben recitato da tutti e ottimamente fotografato.Musiche troppo alte e inconferenti. Bravi tutti, ma quanto ci manca Ennio Fantastichini.
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goldy
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venerdì 15 marzo 2024
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si può fare di più
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Fatica molto a prendere quota nella prima parte. Prevale la noia nel rappresentare una moltitudine di invitati non identificabili che si muovono in modo confuso. E' strano, perchè la trdizione della commedia all'italiana è lontana anni luce dalla noia. Si riprende nella scena del matrimonio dove Virzì lancia il suo grido di dolore e il livello di inettitudine e rimbambimento che caratterizza la massa di noi italiani. La denuncia è efficace perché sa come parlare a quella parte di pubblico che poco interessato alle sorti del Paese contribuisce a eleggere una classe politica che ci mortifica. Per questo, solo per questo non affosso il film.
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enrico danelli
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domenica 24 marzo 2024
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chiamata alle armi
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Il film vuole avere una valenza decisamente politica in riferimento o meglio contro l'attuale governo di destra-centro (c'è anche una evidente sosia della Meloni che si arrabatta a reclutare inesperti candidati) e contro l'insulsaggine della sinistra (giudizio richiesto sulla "Elly" volutamente omesso dal protagonista che risponde con un clamoroso silenzio): anche questa valenza politica è decisamente discutibile visto che alla fine il film incita (metaforicamente, ma non troppo) il popolo della sinistra a prendere le armi come fecero i padri nobili della resistenza (non sono bastati i cattivi maestri degli anni settanta ?). A livello politico posso solo dire che simili sbroccamenti partoriti da una delle menti migliori della sinistra italiana (Virzì) fanno sbellicare dalle risate i sostenitori del destra-centro e portano solo voti nello schieramento avversario.
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Il film vuole avere una valenza decisamente politica in riferimento o meglio contro l'attuale governo di destra-centro (c'è anche una evidente sosia della Meloni che si arrabatta a reclutare inesperti candidati) e contro l'insulsaggine della sinistra (giudizio richiesto sulla "Elly" volutamente omesso dal protagonista che risponde con un clamoroso silenzio): anche questa valenza politica è decisamente discutibile visto che alla fine il film incita (metaforicamente, ma non troppo) il popolo della sinistra a prendere le armi come fecero i padri nobili della resistenza (non sono bastati i cattivi maestri degli anni settanta ?). A livello politico posso solo dire che simili sbroccamenti partoriti da una delle menti migliori della sinistra italiana (Virzì) fanno sbellicare dalle risate i sostenitori del destra-centro e portano solo voti nello schieramento avversario. A livello cinematografico il film è il peggiore di un mostro sacro come Virzì (uno dei miei registi preferiti): è poco più di un cinepanettone, con le solite insulse storie di tradimenti e storielle da scuole elementare, figli ciccioni e irrispettosi, gente fissata con il make-up e i giochi sul cellulare. Molto buona la recitazione di De Sica perfettamente calato nella parte. Per fortuna Virzì di solito è diverso, anche l'Italia è diversa e anche la politica (a destra e a sinistra) è migliore. Probanilmente Virzì è talmente roso dallo scoramento che nell'occasione ha perso lucidità e pure qualsiasi vena artistica.
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folignoli
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mercoledì 13 marzo 2024
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e'' stato bello vivere
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Parabola amara della società post-berlusconiana, in cui il neoliberismo sfrenato raccontato ne “Ferie d’agosto” lascia spazio alla volgarità della nuova destra, dove il profitto scavalca ogni sentimento. Chiaro esempio è il matrimonio fasullo, voluto da Cesare (un gretto scopritore di talenti) con la non bella influencer Sabrina Mazzalupi. Cesare si accorda con la sua prima moglie, la bellissima Daniela (Emanuela Fanelli), per chiudere un occhio sul matrimonio combinato che risolverebbe i problemi economici della coppia. In un intreccio di storie ben orchestrate, si dipana una matassa di amori, tradimenti e litigi, sullo stile Mucciniano, ove il ritmo non cede mai il passo, regalando anche momenti di sincera poesia.
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Parabola amara della società post-berlusconiana, in cui il neoliberismo sfrenato raccontato ne “Ferie d’agosto” lascia spazio alla volgarità della nuova destra, dove il profitto scavalca ogni sentimento. Chiaro esempio è il matrimonio fasullo, voluto da Cesare (un gretto scopritore di talenti) con la non bella influencer Sabrina Mazzalupi. Cesare si accorda con la sua prima moglie, la bellissima Daniela (Emanuela Fanelli), per chiudere un occhio sul matrimonio combinato che risolverebbe i problemi economici della coppia. In un intreccio di storie ben orchestrate, si dipana una matassa di amori, tradimenti e litigi, sullo stile Mucciniano, ove il ritmo non cede mai il passo, regalando anche momenti di sincera poesia. Il momento clou è la malattia di Sandro, quando entrando in coma, sogna la sua vita e ciò che ha rappresentato, con tutta la bellezza, gli amori e gli ideali politici di una nuova grande Europea Democratica che l’Isola di Ventotene ha testimoniato col suo Manifesto. “E’ stato bello vivere” dice Sandro ai compagni Spinelli e Pertini (che chiama più volte Presidente, scatenando l’ilarità del giovane Pertini, ignaro che in futuro sarà Presidente della Repubblica). Sandro viene portato via con l’apetto di Mauro, l’unico rimasto a vivere sull’isola e che organizza un Festival di Cinema non frequentato nemmeno dai suoi amici. Sono momenti concitati in cui tutti i nodi vengono al pettine, le piccole bramosie, gli amori sempre celati, i debiti dell ‘imprenditore Nardi Masciulli (Christian De Sica). Poco prima c’era stato l’esilarante monologo di Daniela, arrivata per caso alla proiezione di un film al Festival organizzato da Mauro. Prende la parola al termine del film per fare una domanda al regista, ma in quel momento si abbandona ad una riflessione sulla vita, che è una merda e che comunque il film è bello perché racconta appunto (con sincerità) questa vita. E nulla vale l’intervento di Mauro, che cerca di spiegare che il film simboleggia la speranza di un mondo migliore, poiché il giudizio di Daniela resta quello, la vita è una merda. Da notare la straordinaria rassomiglianza del figlio di Sandro, Altiero – a Marco Cocci, l’attore feticcio di Virzì. In questo caso Altiero (in memoria di Spinelli n.d.r.) viene magistralmente interpretato da Andrea Carpenzano. Il film convince in ogni suo aspetto e se una critica può essere mossa, è quella di un ruolo troppo calcato da parte di Cesare: il suo aspetto fascistoide è troppo marcato da apparire inverosimile, anche se, talvolta la realtà supera anche la fantasia del più geniale sceneggiatore.
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