
Il regista Guillaume Nicloux accompagna la Bernhardt lungo quella carrellata rutilante di eventi che è stata la sua vita. Dal 6 novembre al cinema.
di Paola Casella
Come si fa a raccontare una “grande dame” del teatro appartenente al passato? Quest’anno ci si sono cimentati in due: Pietro Marcello con Duse (una coproduzione italofrancese, con
protagonista l’attrice italiana ma residente in Francia Valeria Bruni Tedeschi) e il regista francese Guillaume Nicloux con La Divina di Francia - Sarah Bernhardt, affidando a Sandrine Kiberlain il ruolo del titolo. Curiosamente, i due film si parlano, anche esplicitamente: in Duse la protagonista addirittura incontra la Bernhardt, di 14 anni più anziana e già in sedia a rotelle dopo l’amputazione della gamba per tubercolosi ossea.
La Divina di Francia - Sarah Bernhardt inizia proprio con l’amputazione della gamba dell’attrice ormai settantenne ma ancora indomita, e prosegue saltando avanti e indietro nel tempo (come del resto fa anche Duse): ma se il ritmo del film di Marcello è a tratti dilatato, quello del film di Nicloux è veloce, secco, a tratti quasi sincopato, e comunica l’energia cinetica di una donna a cui nessuno ha mai potuto dire cosa fare della sua vita. Kiberlain la interpreta in tutte le sue manifestazioni esteriori – brusca, plateale, ironica, severa, consapevole, capricciosa – e
nella sua refrattarietà alle regole della società del tempo: circondata da amanti – uomini e donne – più o meno celebri, e dedita a quella che lei identificava come la missione delle donne, ovvero “vivere libere con il loro corpo e la loro mente”.
Anche in La Divina di Francia - Sarah Bernhardt viene esplorato il rapporto fra l’artista e la maternità, solo che quello fra Bernhardt e il suo unico figlio Maurice appare nel film di Nicloux come ricco di complicità e tenerezza, laddove quello fra la Duse e la sua unica figlia Enrichetta
veniva ritratto da Marcello come castrante e sbilanciato. La Bernhardt del regista francese si
autodefinisce senza remore (e non senza una punta di autoironia) “la più grande star del mondo”, “la signora del palcoscenico”, “decana militante di un’arte affascinante” e “sacerdotessa della poesia”: e tutto questo, in effetti, è stata, rivoluzionando il teatro francese (e americano, nella trasferta oltreoceanica che l’ha portata in contatto anche con l’inventore Thomas Edison.
Edison è solo una delle figure celebri che hanno circondato Sarah Bernhardt, alcune delle quali
compaiono nel film: il poeta e drammaturgo Edmond Rostand, in procinto di scrivere il suo
capolavoro “Cyrano de Bergerac”, gli scrittori Victor Hugo ed Emile Zola, di cui Bernhardt appoggiò il celebre “J’accuse”, Sigmund Freud e il Principe di Galles, nonché il celebre attore di teatro Lucien Guitry (interpretato nel film dalla star della Comédie-Française Laurent Lafitte), grande amore della Divina e padre assente del regista e drammaturgo Sacha Guitry, cui lei era
affezionatissima.
Nicloux accompagna Sarah Bernhardt lungo quella carrellata rutilante di eventi (più o meno)
scintillanti che è stata la sua vita, e noi spettatori alla scoperta di un’artista che è stata anche una femminista ante litteram, come sottolinea la vivace sceneggiatura di Nathalie Leuthreau, nonché una delle persone più anticonformiste della sua epoca (e forse anche della nostra).