Attraverso la forma dell'autoritratto, il film ripercorre in maniera libera la vita e la carriera della regista. Espandi ▽
Antonietta De Lillo ripercorre la propria carriera partendo dagli inizi, tra reportage, giornalismo, televisione e la voglia di fare il cinema a Roma, dove ha avuto luogo il suo apprendistato a 360 gradi, da fotografa di scena a assistente operatrice. Autoritratto anticonvenzionale a vent’anni esatti da Il resto di niente, L’occhio della gallina chiama a raccolta e fa parlare tra loro molti archivi video privati e le immagini dei numerosi film autoprodotti: da I racconti di Vittoria a La pazza della porta accanto - Conversazione con Alda Merini, da Let’s go a Il signor Rotpeter. Questi frammenti però non appaiono in forma canonica di estratti, a mo’ di classiche citazioni, ma sono direttamente proiettati sulle pareti dello studio che De Lillo sceglie come set, circondata da collaboratori e dalle figlie presenti anche in molti home movies girati lungo gli anni. Una scelta che suona come un’autocertificazione, la dichiarazione di fedeltà a un metodo di lavoro collettivo, rappresentato anche dal lancio del format del “film partecipato”, o “documentario di remix” di materiali preesistenti, come in Oggi insieme domani anche (2015). Recensione ❯
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La serie è incentrata sul personaggio di Kathryn Hahn, Agatha Harkness, dell'acclamata serie Marvel Studios WandaVision, che intraprende una pericolosa e misteriosa avventura piena di sfide e ostacoli. Espandi ▽
In Agatha All Along, la famigerata Agatha Harkness si ritrova sconfitta e senza potere dopo che un misterioso goth Teen la aiuta a liberarsi da un incantesimo distorto. Il suo interesse si accende quando lui la prega di accompagnarlo sulla leggendaria Strada delle Streghe, una serie di prove magiche che, se superate, ricompensano una strega con ciò che le manca. Insieme, Agatha e questo misterioso adolescente mettono insieme una congrega spietata e si incamminano lungo la Strada... Recensione ❯
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Un film che attinge a una mole di immagini enorme e stupefacente per raccontare una vita eccezionale tra negazione, propaganda e divismo. Documentario, Germania2024. Durata 115 Minuti.
Un ritratto di Leni Riefenstahl e della sua eredità artistica. Espandi ▽
La berlinese Leni Riefenstahl (1902-2003) inizia la sua carriera nel cinema a metà degli anni Venti e su commissione di Hitler, suo grande ammiratore, documenta con un dispiego di mezzi mai visto prima e con stile registico innovativo, dinamico ed estetizzante, il raduno del Partito nazista a Norimberga. Processata più volte dopo la guerra per le sue più che strette relazioni non solo con il Führer ma anche con Joseph Goebbels, Ministro della propaganda e Alfred Speer, l’architetto di Hitler e Ministro degli armamenti e della produzione bellica, e classificata dalle autorità come “simpatizzante”, Riefenstahl minimizza il proprio ruolo.
Per una specie di contrappasso della storia, novant’anni dopo il raduno nazionalsocialista di Norimberga Riefenstahl Andres Veiel affida al montaggio l’individuazione di questa ambiguità, di questa doppiezza persistente e pericolosa. “Ricordare qualcosa significa dimenticare qualcos’altro”, dice in un passaggio la discreta voce narrante del film: una frase che sintetizza il principio del documentario, che analizza il meccanismo di rimozione che la regista attuò per tutta la sua lunga vita, avventurosa, eccezionale.
Il film attinge a una mole di immagini enorme e stupefacente, quasi interamente provenienti dall’archivio, custodito in settecento scatole, che la regista ha lasciato alla Fondazione del patrimonio culturale prussiano di Berlino. Recensione ❯
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Tutta la leggerezza e la stravaganza di Dupieux per una commedia drammatica con quattro attori che fanno miracoli. Commedia, Francia2024. Durata 76 Minuti.
Quattro attori si trovano a riflettere sul loro mestiere e i problemi che affliggono oggi il cinema. Espandi ▽
Quentin Dupieux con Le deuxième acte trasforma il processo del ‘film nel film’ in una commedia drammatica per quattro attori che ‘suonano’ adagio, andante e allegro. Un film loquace, una serie di conversazioni che si compiacciono del loro tour de force: la lunghezza dei binari del dolly che accompagna l’avanzare dei personaggi su strade che sembrano più piste di decollo. L’interminabile carrellata che chiude il film parla da sola dell’ossessione dell’autore: privilegiare la singolarità poetica al discorso morale. Léa Seydoux, Vincent Lindon e Louis Garrel, diretti per la prima volta, prendono il potere, volgendo un materiale reazionario in un irresistibile gioiello comico. Le deuxième acte si tuffa a capofitto nell’espressione di un malessere, tra la pressione della cancel culture, del #MeToo e dell’IA. Quentin Dupieux affonda il colpo in quello che rimane il mistero più seducente e più essenziale del processo cinematografico: il modo in cui una storia diventa corpo, per davvero o per finta. Recensione ❯
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Un film-saggio che si interroga sulle radici del conflitto israelo-palestinese e che aiuta a leggere il presente. Documentario, Israele, Francia, Svizzera, Italia2024. Durata 90 Minuti.
Il regista parte da un dialogo tra Einstein e Freud per indagare il senso della guerra. Espandi ▽
Nel 1931 la Società delle Nazioni, fondata all'indomani della Prima guerra mondiale per scongiurare lo scoppio di nuovi conflitti, chiese ad alcuni intellettuali di corrispondere con altri colleghi. Albert Einstein scelse Sigmund Freud e gli pose la domanda delle domande: "esiste un modo per liberare gli uomini dalla minaccia della guerra?".
Nel quesito era ovviamente già insita la consapevolezza del fatto che nella Storia un ristretto numero di individui, dietro la spinta dei propri interessi personali, riesce inevitabilmente e ciclicamente a trascinare le masse verso la distruzione. Con conseguenze nefaste, che compromettono ogni futuro di pace. Nella risposta, la conoscenza degli istinti irreprimibili umani, già esplorata in "Il disagio della civiltà". Di un'incapacità di rinunciare alle pulsioni.
Amos Gitai, architetto di Haifa e prolifico documentarista autodidatta che dai primi anni Ottanta si interroga coi suoi film sulle radici del conflitto israelo-palestinese, riparte da quel testo ("Perché la guerra?", pubblicato all'inizio degli anni Trenta, da noi da Bollati Boringhieri) per rimetterlo in scena e rilanciare il senso di quel confronto tra eccelse menti del Novecento. Se l'effetto di accumulazione degli spunti è palese e grava sulla bontà dell'intento, resta la preziosa riscoperta di un testo che interroga e aiuta a leggere con esattezza il contemporaneo. Recensione ❯
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Un padre e un figlio si ritrovano a combattere per la sopravvivenza tra natura. Espandi ▽
Dopo la morte della madre, Rein si trasferisce in un piccolo villaggio delle Alpi per immergersi nella natura, meditare e lavorare come maestro di snowboard. La tranquillità termina quando il padre invadente gli fa visita. Gijs è l'indiscusso protagonista di un'escursione sugli sci con Rein e i suoi amici. Sa essere affascinante con tutti ed inizia a flirtare con Laura, la nuova fidanzata del figlio. Non passa molto tempo, prima che Rein ne abbia abbastanza. Trascina il padre lontano dal gruppo e i due continuano la loro escursione da soli. La tensione è palpabile. Gijs si sente sempre più a disagio su un terreno così ripido e pericoloso, ma Rein si spinge fino alla cima, ignorando le suppliche del padre di tornare giù. Improvvisamente, la natura si scatena violentemente, trasformando la loro meschina lotta per il dominio, in una prova di sopravvivenza in piena regola. Recensione ❯
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Il documentario immortala in maniera intima Federer negli ultimi 12 giorni della sua illustre carriera. Espandi ▽
Nel settembre del 2022 Roger Federer annuncia l'addio al tennis. Prima di appendere la racchetta al chiodo, giocherà a Londra un'ultima partita di doppio in tandem con l'amico e rivale di sempre Rafael Nadal durante la Laver Cup, il torneo a squadre (Europa vs Resto del mondo) ideato dallo stesso Federer in omaggio alla leggenda australiana del tennis Rod Laver. I giorni dell'evento sono l'occasione di trascorrere gli ultimi momenti della carriera assieme alla famiglia (i genitori, la moglie, i figli), ai colleghi e avversari di tante battaglie, ai campioni di ieri e di oggi. E al pubblico del tennis, che ha amato Roger come nessun'altro.
Un dietro le quinte prezioso - soprattutto per gli appassionati del gioco - che libera le emozioni nel finale mettendoci di fronte al tempo che passa.
Roger Federer è uno splendido quarantenne, provato solo nel fisico a causa dell'infortunio al ginocchio. Ha risolto le sue turbolenze adolescenziali presto, quando è diventato un campione; non ha demoni interiori da combattere. Ma ciò nulla toglie all'aura carismatica in cui è avvolto, a quel fascino gentile da Cary Grant della racchetta. Il documentario di Kapadia si adegua alla compostezza e allo stile del suo protagonista, trattenendo le emozioni per poi farle esplodere solo nel finale. Recensione ❯
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Un dramedy di sei episodi ispirato all'omonimo best seller della pluripremiata autrice Sandra Barneda. Espandi ▽
Gala, una sofisticata esperta di vini di New York, è costretta a fuggire con sua madre Julia e sua figlia Kate a La Muga, un piccolo paese nel nord della Spagna, dopo che il marito accumula ingenti debiti con la criminalità. La serie segue le tre donne mentre cercano di ricostruire le loro vite in un ambiente completamente nuovo, affrontando segreti del passato, conflitti intergenerazionali e sfide personali. Con il tempo, scoprono nuove parti di sé e rafforzano i loro legami familiari, il tutto immerso nella pittoresca campagna spagnola e intrecciato con il mondo del vino.
È davvero bello trovare a giugno un'inaspettata chicca come Tierra de mujeres; la nuova dramedy che riporta in scena Eva Longoria, disponibile su Apple Tv+, è davvero avvincente e brillante, grazie a un mix perfettamente equilibrato di dramma e commedia.
Carmen Maura interpreta Julia con una maestria che dimostra la volontà della produzione di creare un ponte tra le tradizioni narrative statunitensi e il ricco panorama cinematografico spagnolo. La sua interpretazione è magistrale. La serie si distingue anche per la sua eccellente integrazione culturale, che valorizza le diverse origini etniche dei personaggi, rispecchiando le derivazioni narrative. Recensione ❯
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Una storia ispirata a fatti realmente accaduti su un finto sopravvissuto allo sterminio nazista. Espandi ▽
Enric Marco si racconta da decenni come un ex prigioniero del campo di sterminio nazista di Flossenbürg. Peccato che uno storico lo smaschererà: tutto quello che ha raccontato finora è assolutamente falso. Non c’è nulla di più attuale di un film sulla mitomania e la mistificazione della realtà. Il film in fondo racconta molto della nostra contemporaneità e dell’umanità (o disumanità) che siamo diventati: incapaci di accettare la mediocrità delle nostre vite, costruiamo identità fittizie (sui social, specialmente) a cui finiamo per credere noi stessi. La contraffazione è proprio metafora del tempo in cui viviamo, e i registi di questo film lo mostrano apertamente, disseminando dubbi ad arte fino all’ultimo, confondendo dimensione pubblica e privata, realtà e artefatto, e servendosi di un attore dalla bravura impressionante, che sa tenere il pubblico incollato a uno schermo a interrogarsi. Recensione ❯
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La storia segue Rita, sette anni, e suo fratello Lolo, cinque, figli di una famiglia operaia, mentre l'intero Paese impazzisce per gli Europei di calcio, con la Spagna ai quarti di finale. Espandi ▽
Siviglia, 1984. In una calda estate con il sottofondo della nazionale spagnola impegnata negli Europei di calcio, la piccola Rita, sette anni, si affaccia alla vita e scruta con aria indagatrice il mondo che la circonda: in particolare il fratellino Lolo, verso cui è già molto protettiva, e i genitori, con la mamma Mari che si dà da fare in casa e deve subire le ire di un marito tassista dagli istinti violenti. Il debutto alla regia di Paz Vega è una sorpresa: un affresco familiare e di infanzia dal grande acume emotivo e dalla straordinaria tenerezza, culminante in un lavoro di altissimo livello con gli attori bambini. Vega include un messaggio di forte denuncia sulla violenza di genere, portandola su terreni non lontani dal fenomeno nostrano di C’è ancora domani, ma la sua chiave più indovinata è tutta nella prospettiva ad altezza bambino, intima e veritiera, fatta di piccoli gesti e grandi scoperte quotidiane, e che scalda il cuore di chiunque abbia in mente l’esperienza di essere figlio o genitore. Recensione ❯
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Attorno a una lunga intervista viene ricostruita la carriera del grande regista. Un ricordo rispettoso e delicato. Documentario, Italia2024. Durata 80 Minuti.
Un film che ripercorre la vita e la carriera di Carlo Mazzacurati a dieci anni dalla morte. Espandi ▽
Gli autori scelgono di non ricostruire una biografia in senso cronologico e di non ospitare interventi di critica cinematografica. Impostano invece il film principalmente attorno a una lunga intervista video di Mario Canale (autore di un corposissimo archivio di backstage e interviste del cinema italiano conservato nell’Archivio Storico Istituto Luce).
A partire da quest’intervista centrale, poi affiancata dalle memorie di diversi attori e dei sentimenti che il suo cinema ha ispirato, prende vita “una certa idea di cinema”: profondamente nutrito di letture classiche e novecentesche, anche di genere, intriso del paesaggio del Nord Est non molto esplorato prima, provinciale, amicale, affezionato ai “non vincenti”, alle persone comuni, sentimentale nel senso più autentico del termine. Recensione ❯
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Alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, dei ragazzi rubano dei cavalli subendone le conseguenze. Espandi ▽
Nell’entroterra sardo del 1940 la guerra si avverte soltanto come un’eco lontana, e lo stesso può dirsi per la modernità tutta. In un contesto povero e rurale, Ventura e Michele, grandi amici di 11 e 14 anni, si mettono in testa di rubare e liberare dei cavalli da un allevamento militare della zona. Tra la bravata e il gesto valoroso, l’impresa viene scoperta e l’intervento delle milizie armate mette in pericolo i due ragazzi. Elegiaco e crepuscolare, il primo film animato del regista Giovanni Columbu è una capsula dal passato che evoca un mondo a parte dalla storia del nostro paese.Columbu, che viene da una prolifica carriera tra arte, televisione e cinema stesso, si mette alla prova in un formato nuovo e sforna un’opera di folgorante originalità stilistica. Sue sono infatti le migliaia di disegni, su acrilico e carta, che vengono poi animate al rotoscopio per dar vita a immagini di grande dinamismo pittoriale in bianco e nero. Una tecnica che suggerisce gli eventi più che catturarli appieno, e che gioca con le sagome e le ombre sui paesaggi a contrasto. Recensione ❯
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Una potente dramedy poliziesca in otto episodi ambientata nel cuore della Londra contemporanea. Espandi ▽
Una telefonata anonima alla polizia, da parte di una donna in pericolo, fa riferimento a un precedente omicidio per il quale, secondo chi chiama, sarebbe in galera ingiustamente un uomo, mentre il vero colpevole è ancora in libertà e molto pericoloso. La detective nera June Lenker cerca di fare luce sul caso consultandosi con il veterano collega che l'aveva risolto, il bianco Daniel Hegarty, il quale però non apprezza l'intrusione e usa il suo maggior potere all'interno del dipartimento per metterle i bastoni tra le ruote. Nel mentre una nuova chiamata, forse da parte della stessa donna, minacciata dal compagno, porta June Lenker presso un palazzo dei quartieri meno abbienti. Troverà però la donna già morta e il faccia a faccia con l'assassino lascerà la detective scossa e traumatizzata.
Non è che l'inizio di un complesso police drama su più tracce narrative, dove al mistero del caso nel passato risolto da Hegarty si assommano altri casi nel presente, che scatenano ulteriori scintille tra lui e Lenker.
Concentrato soprattutto sui due protagonisti, più che sugli assassini dei vari casi che i due affrontano, Criminal Record è un duetto ricco di colpi di scena, dove le diverse situazioni nel presente non sono "distrazioni" dalla trama principale, bensì ulteriori tasselli che la fanno progredire. Recensione ❯
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Matthias sembra essere perfetto ma la sua vera sfida è essere se stesso. Presentato in concorso alla Settimana Internazionale della Critica di Venezia 81. Espandi ▽
Un fidanzato da portare con te il weekend se non desideri che i vecchi amici ti credano ancora single? Un figlio che ti faccia fare bella figura a una cena aziendale e magari ottenere una promozione? Un compagno per andare a teatro o anche solo per fare conversazione? Matthias è il candidato perfetto per tutti questi ruoli e altri ancora. Basta noleggiarlo, pagare, e si può stare certi che tutto filerà liscio.
L'opera prima di Bernhard Wenger affonda in un humus riconoscibile, lo stesso del suo conterraneo Seidl (più che altro formalmente, nella predilezione di inquadrature fisse) ma anche del norvegese Trier (in particolare La persona peggiore del mondo) e poi, su tutti, dello svedese Ostlund, il cantore dell'ipocrisia della borghesia intellettuale contemporanea; anche se quest'ultimo resta più un modello aspirazionale che altro, una citazione da un piano inferiore.
Tutto è performance, anche l'esaurimento nervoso. Tutto è spettacolo, perché lo spettacolo è (ormai) nell'occhio di chi guarda. Recensione ❯
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La serie ispirata all'universo dell'omonimo comic book di Neil Gaiman. Espandi ▽
Charles Rowland e Edwin Payne, adolescenti britannici tragicamente scomparsi rispettivamente nel 1916 e nel 1990, sono due fantasmi riluttanti ad abbandonare il mondo terreno. Invece di procedere verso l'aldilà, scelgono di rimanere sulla Terra assumendo il ruolo di investigatori del paranormale. Questo duo dinamico si immerge in misteri che intrecciano lo spettrale con il soprannaturale, supportati da Crystal, una veggente, e Niko, entrambe nuove amiche guadagnate durante le loro rischiose missioni.
La serie non solo offre un'avventura mozzafiato attraverso l'oscuro e l'occulto, ma celebra anche la diversità e l'identità queer. Ciò che rende davvero unica la serie è infatti il suo approccio inclusivo, una vera e propria celebrazione della diversità e del carattere queer, che emerge in particolar modo dall'ottima dinamica tra i due co-protagonisti, portando non a caso Steve Yockey a dirsi orgoglioso per la rappresentazione LGBTQ+ nella serie, e confermandone l'importanza all'interno dell'universo Sandman.
Ma forse più della queerness, è l'altissimo tasso di ibridazione a spingere verso un malato e spasmodico bingewatch della serie Netflix: horror, thriller, giallo, detective, teen-drama, c'è dentro davvero di tutto. Recensione ❯
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