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di Luigi Coluccio
					
			
 
								
	
			
							Tutto va male come al solito, a St.Troma’s Village: la città è sull’orlo del fallimento, l’inquinamento avvelena gli abitanti e anche Winston Gooze non si sente tanto bene. Custode-uomo delle pulizie-tuttofare della BTH, l’azienda farmaceutica che con una mano arricchisce St.Troma’s e con l’altra la infetta con i suoi liquami tossici, Winston, che ha appena perso la compagna Shelly per un cancro, sta cercando di tirare avanti tra debiti e la custodia del giovane Wade quando gli viene diagnosticato un tumore al cervello. Fatta presente la sua condizione al magnate della BTH Bob Garbinger, Winston viene da questi deriso e raggirato, portandolo ad elaborare un piano che suo malgrado lo trasformerà in qualcosa di diverso e mai visto prima…
Quanto coraggio nel rifare un film (forse) irriproponibile, quanta necessità di averne uno così oggi.
Non si può dire che Macon Blair, sceneggiatore e regista del Toxic Avenger 2025, non si sia accostato con laico rispetto nei confronti di una delle legacy meno sacre e più profane dell’immaginario pop americano – perché questa è l’intima natura della Troma, l’essere una santa idiozia che tutto respinge e tutto accoglie. Il nuovo Toxic Avenger si accanisce sul sintomo e non sulla malattia, anzi evitando di mostrare la reazione che quel corpo tossico eppure parto di questa società provocherebbe nella società stessa. Niente contamina fuori o infetta dentro nel film di Blair, tutto è cauterizzato, diagnosticabile, operabile, eppur ci si diverte e ci si fa intrattenere. Perché Toxic Avenger è il sintomo, mentre la malattia è il sistema-cinema americano.