Love Death + Robots

Film 2019 | Animazione 15 min.

Anno2019
GenereAnimazione
ProduzioneUSA
Durata15 minuti
Regia diTim Miller, Victor Maldonado, Alfredo Torres, Franck Balson, Jerome Chen, Alberto Mielgo, Damian Nenow, Owen Sullivan, Robert Valley, Dave Wilson (I), Jon Yeo, Dominique Boidin, Léon Bérelle, Rémi Kozyra, Maxime Luère, Gabriele Pennacchioli, Jennifer Yuh Nelson, Javier Recio Gracia, Vitaliy Shushko, Oliver Thomas
AttoriHayley McLaughlin, Helen Sadler, Stefan Kapicic, Fred Tatasciore, Scott Whyte Nolan North, Noshir Dalal, Josh Brener, Steven Pacey, Gary Anthony Williams, Emily O'Brien, Matthew Yang King, Michelle C. Bonilla, Chris Parnell, Stanton Lee, Chris Cox, Time Winters, Ike Amadi, Elodie Yung, Jeff Schine, Piotr Michael, Mary Elizabeth Winstead, Kevin Michael Richardson, Samira Wiley, Maurice LaMarche, Elaine Tan, Graham Hamilton, Henry Douthwaite, Kirk Thornton, Aaron Himelstein, Michael Benyaer, Neil Kaplan, Elly Condron, Rebecca Riedy, Michael B. Jordan, Joe Dempsie, Peter Franzén, Archie Madekwe, Nancy Linari, Divi Mittal, Mackenzie Davis, Rosario Dawson, Joe Manganiello, Troy Baker, Joel McHale, Craig Ferguson, Girvan 'Swirv' Bramble, Topher Grace, Adam Bartley, Yuri Lowenthal, Madeleine Knight, Carlos Alazraqui, Bruce Thomas, Daisuke Tsuji, André Sogliuzzo, Alexia Dox, G.K. Bowes, Christopher Lee Parson, Emma Thornett, Dieter Jansen, Sebastian Croft, Zita Hanrot, Ben Giroux, Sami Amber, Laura Pacey, Dan Stevens, Seth Green, Christian Serratos, Jason George, Kevin Jackson, Holly Jade, Gary Cole, John Di Maggio, Gwendoline Yeo, Jim Pirri, Jill Talley, Nestor Serrano, Rebecca Banatvala, Laura Waddell, Jeff Berg, Brian T. Delaney, Alaïs Lawson, Brian Keane (II), Beatriz Godinho.
MYmonetro

Regia di Tim Miller, Victor Maldonado, Alfredo Torres, Franck Balson, Jerome Chen, Alberto Mielgo, Damian Nenow, Owen Sullivan, Robert Valley, Dave Wilson (I), Jon Yeo, Dominique Boidin, Léon Bérelle, Rémi Kozyra, Maxime Luère, Gabriele Pennacchioli, Jennifer Yuh Nelson, Javier Recio Gracia, Vitaliy Shushko, Oliver Thomas. Una serie con Hayley McLaughlin, Helen Sadler, Stefan Kapicic, Fred Tatasciore, Scott Whyte. Cast completo Genere Animazione - USA, 2019, STAGIONI: 3 - EPISODI: 37

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Ultimo aggiornamento martedì 24 maggio 2022

Una serie antologica di storie animate che spaziano tra i generi, dalla fantascienza, alla commedia, all'horror.

Consigliato assolutamente no!
n.d.
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CRITICA
PUBBLICO 2,93
CONSIGLIATO N.D.
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Cinema
Una serie ideata da Tim Miller e prodotta da David Fincher.

Latticini senzienti, soldati licantropi, robot impazziti, mostri della spazzatura, cacciatori di taglie cyborg, ragni alieni e demoni infernali assetati di sangue. Una serie di storie animate che spaziano tra i generi, dalla fantascienza, alla commedia, all'horror.

Episodi: 9 (15 min.)
Regia di Tim Miller, Jerome Chen, Alberto Mielgo, Jennifer Yuh Nelson, Roberto Bisi, Emily Dean, David Fincher, Andy Lyon, Patrick Osborne, Carlos Stevens.

Più divertente e varia delle precedenti, meno seriosa e con due veri acuti, la terza stagione è finora la migliore della serie

Recensione di Andrea Fornasiero

Tre robot passano in rassegnano i fallimentari tentativi dell'umanità di sfuggire all'estinzione per il riscaldamento globale. Un enorme granchio senziente prende il possesso di una nave. Una spedizione militare si ritrova al cospetto di un "grande antico". Uno scienziato si infiltra in un alveare nel cuore del cosmo. Un'apocalisse zombie minuscola perché vista da lontanissimo. Una donna naufraga su una luna di Giove e finisce per avere un'esperienza mistica. Un contadino ricorre alla tecnologia per debellare ratti sorprendentemente intelligenti. Una squadra di marine incontra un orso cyborg inarrestabile. Un gruppo di conquistadores incappa in una sirena.

Nove episodi per quella che è forse finora la migliore stagione di Love, Death + Robots, più divertente e varia delle precedenti, meno seriosa e con due veri acuti.

Se negli anni passati solo il producer Tim Miller si era cimentato alla regia, questa volta invece partecipa in prima persona, dietro la macchina da presa virtuale, anche David Fincher. Il suo capitolo, Un brutto viaggio, è realizzato in una computer graphic buona ma senza uno stile memorabile, in compenso è tratto da un racconto dell'inglese Neal Asher e spicca per come affronta un incubo marinaresco. Una storia dove il crescendo di orrore non si ferma mai, assolutamente impietosa.

Così come non ha nulla di consolatorio lo sbalorditivo Jibaro di Alberto Mielgo, l'unica sceneggiatura originale - firmata dallo stesso animatore. Fresco di Oscar per il Miglior Cortometraggio di animazione con The Windshield Wiper, Mielgo utilizza qui la tecnica detta Keyframe Animation, ossia la realizzazione dei fotogrammi chiave per poi lasciare a un software l'elaborazione dell'animazione che li congiunge. Affidandosi anche al supporto di ballerini per realizzare la coreografia, racconta la frenesia che prende i conquistadores di fronte a una Sirena coperta d'oro. Uno di loro, Jibaro, è però sordo e quindi immune al suo canto. La fascinazione tra lui e la creatura è metafora, conferma lo stesso regista, delle relazioni tossiche tra persone, dove ognuno vuole qualcosa dall'altro e infatti Jibaro e la Sirena finiscono per ferirsi profondamente a vicenda. Il tutto senza parole, come in un sogno febbricitante, oscuro e ambiguo.

Sul fronte dell'ironia tornano i tre robot, già protagonisti proprio del primo episodio della prima stagione. Ideati dallo scrittore John Scalzi, che questa volta è anche sceneggiatore, fanno satira sui survivalisti e sui tecnocrati, senza salvare nessuno, con un finale da barzelletta non eccezionale ma in fondo coerente.

Ancora più efficace e feroce è l'episodio La notte dei minimimorti, da un'idea anche di Tim Miller e realizzato in una sorta di stop motion accelerata e minuscola dal duo Robert Bisi & Andy Lyon. L'idea è semplicissima: ricontestualizzare la più tipica delle nostre narrazioni catastrofiche non come un'immane tragedia, bensì come un evento pressoché irrilevante nella grandezza del cosmo, ridicolizzando quindi l'antropocentrismo e pure le manie di grandezza dei grand'uomini, su tutti Trump.

Purtroppo gli altri capitoli sono meno memorabili: l'ennesimo incontro tra la sci-fi militare e i mostri lovecraftiani - situazione ormai abusatissima nei videogame; l'action splatter di vacuo divertissment in La morte dello squadrone della morte; il tentativo ironico non irresistibile con l'evoluzione dei ratti intelligenti; e infine il più classico dei pasticci cosmico-metafisici sulla scia di Mission to Mars nel capitolo La pulsazione della macchina, che oltretutto è realizzato con la gelida tecnica del cell-shading. Sciame, diretto da Tim Miller, si pone poi come una lezione di darwinismo alieno, condito però da mostri e scene di sesso tanto per tenere fede al tono adulto della serie, e frana sotto le pretese da teorema sui massimi sistemi.

Gli episodi di Fincher e Mielgo però colpiscono nel segno e i capitoli così derivativi da risultare un peso morto sono in questa stagione meno numerosi del solito, tanto che alla fine l'appassionato di animazione (ma forse non quello di fantascienza) si può finalmente dire più soddisfatto che deluso.

Episodi: 10
Regia di Victor Maldonado, Alfredo Torres, Gabriele Pennacchioli, Franck Balson, Dominique Boidin, Jerome Chen, Alberto Mielgo.

Otto nuovi cortometraggi che stupiscono per la qualità di realizzazione, meno per narrazione ed eterogeneità stilistica

Recensione di Andrea Fornasiero

Elettrodomestici automatizzati che impazziscono; ragazzi che ammirano le balene aliene mentre saltano sul ghiaccio; un astronauta ferito, intrappolato con un robot sanguinario; un viaggio in treno nel mezzo di una sinistra pianura; due bambini che sperano di incontrare Babbo Natale; un agente immortale addetto ad arginare il rischio della sovrappopolazione; un misterioso fuggiasco nascosto in un deserto alieno; un gigante spiaggiato a cui presto ci si abitua.

Sono i punti di partenza narrativi degli otto cortometraggi della nuova stagione di Love Death + Robots che però, con poche eccezioni, si fanno notare solo per la qualità tecnica.

Si tratta di adattamenti di racconti di fantascienza da vari autori, ma il solo che vanta una provenienza davvero irriducibile alla banalità e al passare del tempo è quello tratto da James G. Ballard, Il gigante annegato, che non a caso è diretto da Tim Miller. Il regista di Deadpool è infatti il produttore della serie insieme a David Fincher e ha scelto per sé il soggetto più originale e filosofico, disinteressato alla spettacolarità. Gli altri corti invece, come già la gran parte di quelli della prima stagione, si crogiolano in una gara verso l'alta definizione dell'immagine, cercano situazioni d'azione o ambienti variegati, e la narrazione finisce per sembrare poco più di un pretesto.

Tecnicamente poi lo stile è fin troppo omogeneo per una selezione antologica, infatti almeno la metà punta su una computer grafica più o meno fotorealistica, a cui si sforzano di sfuggire davvero solo Erba alta e Servizio clienti automatizzato. Il primo vanta un character design, dove i volti si avvicinano a figure che sembrano vagamente intagliate, mentre il secondo spinge verso una grottesca caricatura, in linea con il tono farsesco e sopra le righe della materia narrativa.

C'è poi Ghiaccio che è il solo ad abbracciare l'animazione classica, disegnata, pur facendo sfoggio di diversi elementi in grafica 3D. Altri invece sono fin troppo vicini alle scene non interattive dei videogame di ultima generazione e guardano a estetiche arcinote: la metallica cabina di un'astronave; una taverna popolata di alieni e un deserto desolato; un mostro con una posizione delle mani ispirata al Labirinto del fauno di Del Toro; e, puntuali come un orologio, non possono mancare le auto volanti sulla città dove piove sempre di Blade Runner.

La diminuzione dei cortometraggi rispetto alla prima stagione è poi drastica: si è passati da una selezione di ben 18 titoli soli 8, rendendo così ancora più discutibile l'omologazione stilistica e la scarsa originalità di almeno metà dei titoli. Rispetto all'annata precedente non si approfitta più della libertà concessa da Netflix per scene di sesso esplicite e pure lo splatter è stato ridotto, ma poco importa se a questo contegno continua a difettare l'ispirazione.

Latitano nella gran parte dei casi anche l'ironia e soprattutto la leggerezza, mentre sparano alte pretese i temi trattati, quali il transumanesimo, l'immortalità e il rapporto tra uomo e macchina, che vengono però liquidati molto in fretta, rimanendo solo abbozzati e all'insegna del déjà vu. Più che denunciare reali ambizioni filosofiche, sembrano voler disperatamente dare almeno l'apparenza della sostanza a opere nate più che altro per sfoggiare gli ultimi progressi della computer graphic. Solo Il gigante annegato, con il suo insolubile e sconsolato enigma, riesce a fare breccia e a lasciare un persistente turbamento anche dopo il termine della visione.

Episodi: 18
Regia di Victor Maldonado, Alfredo Torres, Franck Balson, Jerome Chen, Alberto Mielgo, Tim Miller, Damian Nenow, Owen Sullivan, Robert Valley, Dave Wilson (I), Jon Yeo.

Una vetrina per gli studi d'animazione. Poco più di uno showcase tecnicamente eccellente ma senza niente o quasi da dire

Recensione di Andrea Fornasiero

Robot che si interrogano sulla scomparsa dell'uomo, donne che combattono la misoginia in un'arena di mostri, contadini con esoscheletri armati pesantemente per respingere orde di insetti giganti, yogurt senzienti, missioni spaziali finite male, rifiuti che prendono vita, evoluzione e involuzione di un'intelligenza artificiale e un intero universo in un freezer: sono solo alcune delle storie di questa antologia di corti animati.

Una vetrina per gli studi d'animazione, con artisti per lo più occidentali (tra cui l'italiano Gabriele Pennacchioli), che si rivela però poco più di uno showcase tecnicamente eccellente ma senza niente o quasi da dire.

Ideata da Tim Miller, il regista di Deadpool e del prossimo ritorno di Terminator, e prodotta da lui insieme a David Fincher, Love Death & Robots è un'antologia per adulti e Netflix la vieta addirittura ai diciotto anni nei suoi consigli di visione. Le animazioni sono di varie tecniche e stili come già gli Animatrix prodotti da The Wachowskis anni fa o come più recentemente le raccolte di corti realizzati per l'universo del videogame "Halo". In questo caso però non c'è una sola ambientazione a fare da cornice e gli autori hanno avuto la libertà di sbizzarrirsi con l'unica richiesta del fantastico, quasi sempre fantascientifico ma in qualche caso semplicemente horror.

A leggere i credits degli episodi si capisce che il solo elemento di continuità è il lavoro sulle sceneggiature di Philip Gelatt, che ha rivisto vari racconti adattandoli per i numerosi studi coinvolti. Ci sono short stories di Joe Lansdale, John Scalzi e Marko Kloos, ma qualche storia scritta dagli stessi animatori, come nel corto forse più virtuoso: La testimone di Alberto Mielgo, già tra i principali artisti di Spider-Man: un nuovo universo, da cui infatti è ripreso l'uso delle onomatopee. Qui si mette in scena una sorta di paradosso dal tempo ricorsivo, un loop in cui i ruoli dei protagonisti sono destinati a scambiarsi, il tutto ambientato a Hong Kong e passando per un club fetish con tanto di nudi frontali. In questo caso, come in altri, il taglio "adulto" risulta purtroppo piuttosto gratuito, sbattuto sullo schermo solo perché possibile, più che con un reale senso all'interno del racconto.

Del resto se La testimone gioca con l'assurdo e l'enigma lasciando lo spettatore almeno un minimo turbato, sullo stile dei finali della mitica Ai confini della realtà, nella gran parte degli altri casi l'intera narrazione è meramente funzionale allo sfoggio estetico.

Oltretutto anche l'animazione è meno varia di quanto si vorrebbe, i corti in tecnica tradizionale, disegnati insomma, sono pochini e troppi prediligono una computer graphic fotorealistica, quasi stessero realizzando un test per la realizzazione di cutscene dei videogame (le sequenze non interattive). Anche la narrazione, con combattimenti tra mostri, marine dello spazio e battaglie tra caccia, va del resto spesso in quella direzione, dove lo sforzo più interessante, per lo meno in termini di ambientazione, è in La guerra segreta, ambientato in Siberia durante la Seconda Guerra Mondiale con l'armata rossa chiamata a fronteggiare un'orda di mostri.

Tra i più interessanti, anche per come si reinventa nei suoi tre capitoli nonostante la breve durata (nessun corto arriva ai 20 minuti e diversi stanno sotto i 10), troviamo Buona caccia, dove si passa da uno scenario rurale cinese, alla Hong-Kong vittoriana, fino a uno steampunk popolato di automi. Gli altri corti osano molto meno in termini di respiro e si concentrano invece su una sola situazione, in qualche caso con intenti comici - come già fin dal titolo Il dominio dello yogurt - e in altri più drammatici come Dare una mano, che è una sorta di variazione di Gravity dove una donna rischia di andare alla deriva nell'orbita terrestre.

Tematicamente affiorano qua e là il messaggio ambientalista e l'emancipazione femminile, al centro soprattutto del primo episodio Il vantaggio di Sonnie, ma domina l'azione fine a sé stessa, in qualche caso con un gran bel ritmo come in Punto cieco o per lo meno con una buona scena di volo come in Dolci tredici anni. C'è parecchio spazio anche per l'ironia, dove l'esito più originale, anche per la commistione di live action e animazione, è il corto diretto da Tim Miller: L'era glaciale. È la strana storia di una coppia, interpretata da Topher Grace e Mary Elizabeth Winstead, che nel freezer di casa trova un mini mammoth in un cubetto di ghiaccio e poi, liberato il congelatore, osserva l'evoluzione dell'umanità, che passa in poche ore dall'era industriale alla guerra atomica, fino ai viaggi nello spazio. Non raccontiamo ovviamente il finale, ma la bizzarria e il cast valgono il tempo della visione, mentre al contrario il corto più filosoficamente ambizioso, Zina Blue, dopo una partenza con riflessioni sull'arte si risolve in un banale ritorno al ventre materno.

Nella gran parte dei casi non c'è poi nemmeno alcuna pretesa e si assiste solo all'esecuzione di una manciata di scene che dimostrino la perizia tecnica dello studio coinvolto, senza altro da aggiungere. Considerata la libertà concessa è impossibile non essere delusi, perché chiunque sia passato per un festival d'animazione ha visto selezioni con almeno un titolo migliore di questi 18 corti. Nel complesso Love Death & Robots finisce per essere una grande occasione persa.

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RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
domenica 16 maggio 2021
CarloTrevisan

 Opera che potrà sorprendere lo spettatore meno esperto, scioccato e incuriosito ma che alla fine scopiazza tante cose che gli appassionati già conosceranno: animatrix su tutti (già impostato quella volta come corti di stili differenti e con gli stessi medesimi temi) ma anche animazione nipponica come evangelion o tante altre opere.

NEWS
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martedì 20 aprile 2021
 

L'antologia animata per adulti torna più carica di prima, tra giganti nudi, demoni del Natale e robot impazziti. Dal 14 maggio su Netflix.  Guarda il trailer »

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