gioca
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domenica 6 marzo 2022
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il coraggio
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Mi ha richiamato alla mente IL CORAGGIO, film in cui Gino Cervi salva Totò (aspirante suicida) dalle acque, ma poi se lo ritrova a casa rivendicando il diritto di essere mantenuto.
Anche in questo caso, il "salvato" rivendica in modo ossessivo attenzione... e che attenzione!
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venerdì 17 settembre 2021
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le limpide rensioni di marzia gandolfi
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Ben detto e argomentata l analisi del film e della interpretazione della Tompson.
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carloalberto
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venerdì 25 dicembre 2020
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una grande emma thompson
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Una questione giuridica da legal thriller si trasforma in un caso di coscienza per il giudice donna,Emma Thompson, che deve decidere tra la tutela della libertà di culto e la salvezza di una vita umana. Ma il rovello si trasferisce immediatamente dalle aule giudiziarie alla vita privata del giudice ed al centro del dramma non c’è più il figlio minorenne di due testimoni di Geova, che rifiutano la trasfusione di sangue che potrebbe salvare la vita al loro ragazzo, bensì Emma Thompson,la donna in carriera che trascura il marito, con il capovolgimento della situazione stereotipata che di solito rappresenta l’esatto contrario, che folgorata sulla via di Damasco dall’amore, non si sa fino a che punto filiale, del giovinotto, nel frattempo divenuto maggiorenne, ritornerà sulla retta via ritrovando un maggiore equilibrio tra lavoro e famiglia.
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Una questione giuridica da legal thriller si trasforma in un caso di coscienza per il giudice donna,Emma Thompson, che deve decidere tra la tutela della libertà di culto e la salvezza di una vita umana. Ma il rovello si trasferisce immediatamente dalle aule giudiziarie alla vita privata del giudice ed al centro del dramma non c’è più il figlio minorenne di due testimoni di Geova, che rifiutano la trasfusione di sangue che potrebbe salvare la vita al loro ragazzo, bensì Emma Thompson,la donna in carriera che trascura il marito, con il capovolgimento della situazione stereotipata che di solito rappresenta l’esatto contrario, che folgorata sulla via di Damasco dall’amore, non si sa fino a che punto filiale, del giovinotto, nel frattempo divenuto maggiorenne, ritornerà sulla retta via ritrovando un maggiore equilibrio tra lavoro e famiglia.
Se non fosse per Emma Thompson,che con una recitazione asciutta e lavorando per sottrazione rende in modo realistico, senza un’eccessiva caratterizzazione, il tormento interiore del suo personaggio, che poteva facilmente cadere nel melodrammatico, questo film di Sir Richard Eyre sarebbe da catalogare come un drammone strappalacrime, con una morale di stampo tradizionalista nascosta tra le righe, ossia che la donna è sempre donna e pur rivestendo cariche importanti nella società, un tempo esclusivo appannaggio degli uomini, non deve mai abbandonare del tutto il suo ruolo di angelo della casa, accanto al marito ed al focolare domestico.
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nino raffa
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sabato 14 novembre 2020
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il mestiere disumano di giudicare
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Non tutti apprezzano i Testimoni di Geova quando scampanellano alla porta, domenica mattina all’alba con l’urgente notizia della venuta di Cristo, di solito infuriato proprio con noi. Tanto allarmisti sul Redentore, gli stessi Testimoni si rivelano inattesi ottimisti riguardo a Satana, comparso sulla terra solo nel 1914, come se prima la storia fosse stata un pacifico cammino d’amore. Per questo e altro ancora godono di dubbia fama, senz’altro esagerata in un mondo abitato da estremismi ben più pericolosi.
Tratto dal romanzo “La ballata di Adam Henry” di Jan McEwan, “Il Verdetto” s’inserisce nell’interstizio tra legge e morale secondo un antico dilemma risalente almeno all’Antigone di Sofocle.
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Non tutti apprezzano i Testimoni di Geova quando scampanellano alla porta, domenica mattina all’alba con l’urgente notizia della venuta di Cristo, di solito infuriato proprio con noi. Tanto allarmisti sul Redentore, gli stessi Testimoni si rivelano inattesi ottimisti riguardo a Satana, comparso sulla terra solo nel 1914, come se prima la storia fosse stata un pacifico cammino d’amore. Per questo e altro ancora godono di dubbia fama, senz’altro esagerata in un mondo abitato da estremismi ben più pericolosi.
Tratto dal romanzo “La ballata di Adam Henry” di Jan McEwan, “Il Verdetto” s’inserisce nell’interstizio tra legge e morale secondo un antico dilemma risalente almeno all’Antigone di Sofocle.
Solita piovosa primavera londinese. Fiona Maye, magistrato presso la Sezione Famiglia dell’Alta Corte, si trova a decidere se un giovane Testimone di Geova, affetto da leucemia, debba ricevere una trasfusione. Lui e i suoi genitori si oppongono, in base alle fede che il sangue non sia biologia, ma sede dell’anima; indisponibile identità assegnataci da Dio per sempre. (Idea in fondo non tanto bizzarra: cosa penseremmo noi menti aperte di un futuribile trapianto del cervello? oppure del trasferimento di una mente in un’altro corpo, o addirittura su un supporto non umano?)
Cercando di sgombrare il campo, il giudice Maye – scrupolosissima e ammirata per il sottile equilibrio delle sue sentenze – tiene a precisare che la giustizia dei tribunali si conforma al diritto e non ai mille sistemi etici/religiosi possibili: lei applica la legge e non la morale.
In assenza di trasfusione, Adam Henry morirà in pochi giorni tra atroci sofferenze, oppure rimarrà gravemente menomato. Il giovane è quasi maggiorenne, quindi la legge stabilisce che la sua volontà - se veramente libera da imposizioni o condizionamenti - vada considerata nel verdetto. Di solito in questi casi il tribunale autorizza l’ospedale al trattamento coattivo con la massima urgenza; invece, irritualmente, il giudice Maye decide d’incontrare il ragazzo, sospendendo l’udienza.
Giocando pericolosamente con i confini fissati da lei stessa, Fiona, nel momento in cui lascia il tribunale, i documenti e i testimoni, per conoscere Adam in ospedale, esce dal caso per entrare nella persona, e quindi in quell’altro mondo dalle regole meno chiare che aveva affermato di volere evitare. Incontrerà un giovane brillante, parleranno della malattia e di Dio, lui suonerà la chitarra e lei lo accompagnerà cantando una poesia di Yeats. Il giudice si convincerà quindi della sua maturità e della sua consapevolezza nel rifiutare la trasfusione secondo il suo credo religioso.
Adam di fatto è maggiorenne, solo per un formalismo di poche settimane tocca al tribunale l’ultima parola. Quando valori fondamentali entrano in conflitto, si deve scegliere un bene a scapito di un’altro, ovvero il male minore. Prevedibilmente, Fiona ordina le cure necessarie a salvarlo, sentenziando che “Adam dev’essere protetto dalla sua religione e da se stesso, la sua vita è più importante della sua dignità.” Enunciato, anche questo, pericolosamente oscillante tra etica e legge.
Quasi sessantenne, senza figli per scelta, molto focalizzata sulle responsabilità della sua carica, il giudice Maye ha pure una vita familiare. Negli stessi giorni Jack, il marito, la informa che intende concedersi un’avventura con una giovane donna. Notificandole preventivamente l’adulterio in nome della sincerità, dice di amarla ancora, ma le rimprovera fondate disattenzioni personali e freddezze erotiche di lunga data.
La fuga, dall’esplicito sapore sessuale, durerà meno di due giorni lasciando la prevedibile cappa d’incomprensione.
Trascorrono i mesi. Recuperata in fretta la salute, Adam è tornato alla vita normale. “Ero un tale imbecille” pensa di se stesso, ricordando di quando avrebbe voluto sacrificarsi a causa dei propri principi religiosi. Adesso rifiuta la vecchia fede, entrando in conflitto con i genitori di cui ha colto la finzione nel rifiutare la trasfusione per apparire puri davanti alla comunità (e a se stessi), ma in realtà sicuri che il tribunale l’avrebbe ordinata comunque.
Privo di ogni riferimento, manda a Fiona messaggi senza risposta. La segue, riesce a consegnarle delle lettere ma viene congedato con freddezza. Insiste ancora in una seconda occasione, chiedendole addirittura di essere ospitato a casa sua. Lei gli ha ridato la vita, gli ha tolto Dio, il suo mondo, la sua famiglia, adesso in qualche modo ne è responsabile.
Potrebbe nascere un rapporto madre-figlio che colmi i rispettivi vuoti, ma c’è altro d’insospettato. Fiona, turbata, dispone che Adam sia riaccompagnato a casa sua, ma nel momento in cui lo allontana non si sottrae a un bacio sulle labbra. E’ il passaggio più spiazzante della trama. Fiona aveva confessato al marito, riguardo ad Adam, di aver paura di se stessa, ma nulla aveva preparato un tale impulso. Potrebbe sembrare un’evitabile forzatura della storia; eppure la scioccante rivelazione rappresenta bene quanto vuoto e fragilità – e quindi spazio anche per l’improbabile – possa esserci dentro l’armatura di Fiona. Dentro ogni armatura, specie quelle più ostentate.
Il giudice torna alla normalità del lavoro e al rapporto danneggiato con Jack.
Ottima pianista dilettante, ogni anno a Natale si esibisce davanti ad amici e colleghi. Poco prima del concerto apprende che Adam ha avuto una ricaduta. Ormai maggiorenne, si è ripreso la sua libertà (e forse la sua fede) rifiutando le cure.
La sentenza è stata solo una prova d’orchestra: il vero concerto è andato in scena dopo. Salvato nella legge, bisognava accompagnare Adam nel mondo, sfidando difficili equilibrismi. Fiona invece è stata ambigua nell’imporgli (come doveva) la vita per decreto, facendogli intravedere un’alternativa al suo mondo di valori e affetti, per poi allontanarlo, senza tentare neppure la giusta misura di un possibile rapporto.
Lo stesso motivo si ripete con Jack, il marito. Questi ha le sue colpe, ma è meno orgoglioso e più disposto a venire a patti con debolezze e fallibilità, mentre lei si trincera rigidamente dietro l’offesa del tradimento. Anche nel matrimonio si è sottratta, prima lasciandolo languire nella routine e poi affrontando (eludendo) la crisi dall’alto di una formale regola di fedeltà.
Tutte le arti aspirano alla musica, secondo un famoso aforisma di Walter Pater; solo nella musica forma e materia coincidono. Fiona è caduta non come giudice, ma come musicista, ovvero essere umano chiamato all’arte virtuosistica di tenere insieme vita e regole. Materia e forma dissonanti, che tutti interpretiamo con esiti alterni nelle nostre esistenze.
Nell’ultima scena in cui, disfatta, finalmente torna a parlare con Jack, la scopriamo disarmata. Più aperta. Meno corazza e più persona.
Buon lavoro di Richard Eyre nel dirigere fedelmente il raffinato racconto di McEwan. Ottima Emma Thompson, altrettanto Stanley Tucci (Jack), bravi gli altri comprimari. Una Londra intimista a fare da sfondo. Gli austeri palazzi istituzionali, le stradine pedonali intorno alla Corte di Giustizia, le classiche atmosfere, i campi lunghi plumbei dello skyline e del fiume. Fino alla panoramica finale sul cimitero di Kensal Green.
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samanta
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domenica 19 luglio 2020
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quando il giudice decide in famiglia
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Ocorre una premessa: l'originale del film è "The children act" una legge inglese ambigua, che pur avendo la finalità di tutelare la salute del minore spesso si è tramuta in un'intromissione del giudice nel diritto dei genitori di vedere curato il figlio in coma permettendo invece l'uccisione del figlio perché incurabile, pur essendoci Ospedali anche di gran livello fuori dall'Inghilterra disposti a curarlo.
All'nizio del film c'è la solita sparata anticattolica, con un caso di gemelli siamesi affrontato dalla protagonista Fiona Maye (Emma Thompson) e poi con la lezione del marito all'Università che esalta il paganesimo prima della dell'avvento del cristianesimo.
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Ocorre una premessa: l'originale del film è "The children act" una legge inglese ambigua, che pur avendo la finalità di tutelare la salute del minore spesso si è tramuta in un'intromissione del giudice nel diritto dei genitori di vedere curato il figlio in coma permettendo invece l'uccisione del figlio perché incurabile, pur essendoci Ospedali anche di gran livello fuori dall'Inghilterra disposti a curarlo.
All'nizio del film c'è la solita sparata anticattolica, con un caso di gemelli siamesi affrontato dalla protagonista Fiona Maye (Emma Thompson) e poi con la lezione del marito all'Università che esalta il paganesimo prima della dell'avvento del cristianesimo. Parliamoci chiaro: nel diritto romano (nella Repubblica e nell'Impero) il Pater familias aveva lo jus vitae et necis (vita e morte) su tutti i membri della famiglia (comprese le donne), un bambino quando era nato veniva presentato al Pater che poteva accettarlo o meno, solo grazie al Cristianesimo questi costumi barbari vennero superati.
Il film lo dividerei in 2 parti. Nella prima vediamo il giudice Fiona Maye estremamente impegnata nel suo lavoro che riguarda i temi familiari, che la coinvolge fino a tarda sera e nel fine settimana (evidentemente non come certi giudici che sembrano passare il loro tempo a chattare ed intrigare) mettendo in crisi i rapporti con il marito Jack ( Stanley Tucci). Si pone al giudice una decisione d'urgenza circa il caso di un minorenne Adam (Fionn Whitead) che ha già 17 anni e 9 mesi e che rifiuta, d'accordo con i genitori, tutti Testimoni di Geova, una trasfusione di sangue che, secondo i medici, potrebbe salvargli la vita: Fiona inopinatamente prima di prendere una decisione va in ospedale incontra il ragazzo che ribadisce la contrarietà e i 2 familiarizzano. Il giudice decide di obbligarlo ala trasfusione , in contemporanea il marito trascurato (non fanno sesso da molto) annuncia che vuole iniziare una relazione con un giovane donna ma Fiona lo cacccia di casa e lui se ne va. Nella seconda parte l'incontro ha trasformato Adam che uscito dall'Ospedale perseguita il giudice con telefonate, lettere seguendola nellle varie Corti della Provincia dove esercita il suo mandato, si dichiara innamorato, ha abbandonato la religione e vorrebbe vivere con lei, ma Fiona seppure tentata lo respinge oltretutto ha perdonato il marito ritornato a casa, Il film finisce con Adam che ricaduto nella malattia rifiuta le cure ma ormai è maggiorenne e può decidere e così muore.
La prima parte è avvincente anche se la scena in ospedale iniziata bene finisce con il ragazzo che suona la chitarra e il giudice che canta (ma va!). Emma Thompson recita in modo eccezionale la figura del giudice e i suoi travagli di lavoro e nei rapporti sentimentali, però nella seconda parte il film scivola nel melodramma con lei che abbandona il concerto di Natale (organizzato dall'ufficio) dove lei suona il piano per correre in Ospedale dove Adam sta morendo. Ottima la recitazione di Stanley Tucci, invece non mi ha convinto l'interpretazione di Fionn Whitehead un pò troppo sopra le righe, c'è una bella fotografia e una descrizione interessante del mondo giudiziario inglese.
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julie�s
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venerdì 10 aprile 2020
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impara prima l’italiano
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Non è la prima recensione che scrivi; forse sarebbe opportuno imparare prima a scrivere: lingua e sintassi
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la camy
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sabato 11 gennaio 2020
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la giustizia è quella del cuore
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È incredibile come un film ti possa arrivare dentro a sconvolgerti i pensieri e cercare poi di riordinarli. Ed è l'effetto che mi ha fatto IL VERDETTO. Un giudice familiare, interpretato dalla bella e piena di classe Emma Thompson, è chiamato a decidere sulla vita o la morte di un giovane ragazzo, testimone di Geova, che si rifiuta di essere curato. Lui, Adam, è malato di leucemia, e solo la trasfusione di sangue potrebbe salvargli la vita. Tutti i principi religiosi in cui ha sempre creduto però, e che sono i suoi capisaldi, gli impediscono di acconsentire alla trasfusione perché sarebbe una contaminazione.
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È incredibile come un film ti possa arrivare dentro a sconvolgerti i pensieri e cercare poi di riordinarli. Ed è l'effetto che mi ha fatto IL VERDETTO. Un giudice familiare, interpretato dalla bella e piena di classe Emma Thompson, è chiamato a decidere sulla vita o la morte di un giovane ragazzo, testimone di Geova, che si rifiuta di essere curato. Lui, Adam, è malato di leucemia, e solo la trasfusione di sangue potrebbe salvargli la vita. Tutti i principi religiosi in cui ha sempre creduto però, e che sono i suoi capisaldi, gli impediscono di acconsentire alla trasfusione perché sarebbe una contaminazione. Per chi non crede è qualcosa di assurdo e inconcepibile. Ma chi crede, chi ha fede, segue pedissequamente ogni regola anche a costo di mettere a repentaglio la propria vita. Persino i genitori del ragazzo, inizialmente contrari, non avrebbero avuto alcuna remora alla trasfusione pur di salvare il loro unico figlio, ma è proprio lui che , quasi maggiorenne, pienamente ricolmo dei dettami religiosi con i quali si è formato e che sono diventate per lui indiscutibili certezze, vuole accettare inerme il suo destino. Il Giudice, prima di emettere il suo verdetto, decide allora di andare a trovare il ragazzo in ospedale e conoscerlo, probabilmente per capire il suo punto di vista ma anche dissuaderlo dai suoi intenti suicidi. L' incontro ha il sapore della tenerezza materna di chi non ha mai provato questa sensazione, e la forza vitale che, spesso, persone estranee riescono ad avere sulla nostra vita, a maggiore impatto motivazionale che dei propri familiari. Il ragazzo è bello, brillante, in sole tre settimane ha imparato a suonare la chitarra, e quando prova a far ascoltare al giudice qualche melodia, i due si ritrovano a suonare e cantare insieme con quella magia di chi si incontra per caso e subito trova la stessa sintonia.
"Fu là nei giardini dei salici
che la mia amata ed io ci incontrammo;
Ella passava là per i giardini
con i suoi piccoli piedi di neve.
M’invito’ a prendere amore così come veniva, come le foglie crescono sull’albero;
Ma io, giovane e sciocco, non volli ubbidire al suo invito.
Fu in un campo sui bordi del fiume
che la mia amata ed io ci arrestammo,
E lei poso’ la sua mano di neve sulla mia spalla inclinata.
M’invito’ a prendere la vita cosi’ come veniva, come l’erba cresce sugli argini;
Ma io ero giovane e sciocco,
e ora son pieno di lacrime."
Adam si convince che la vita è degna di essere vissuta al di là dei suoi convincimenti religiosi, perché offre troppe bellezze cui è difficile rinunciarvi così presto. Ed il giudice dispone la sua salvezza autorizzando l'ospedale ad eseguire la trasfusione di sangue.
Ma quel sangue rappresenta anche una trasformazione di Adam, il quale, una volta accettato per mano di altri quella salvezza, si perde però nell'animo, nei suoi credo, nelle sue certezze. Non sa più chi sia, e cerca le risposte alle sue nuove domande inseguendo quel giudice che invece, dopo avergli sconvolto la vita, sparisce per tornare a vivere la propria. E sta proprio qui un altro spunto di riflessione. L' interazione con gli altri spesso ci può destabilizzare e se l'altro non è più disponibile all'incontro, all'ascolto, a protendere ancora quella mano alla quale ci eravamo aggrappati con sicura fiducia, può lasciarci completamente disorientati e spaventati. È importante credere in qualcosa. Giuste o sbagliate che siano sono le nostre certezze a darci forza, ma mai le persone. Perché le persone vanno e vengono nella nostra vita, come l' Amore, che è da "prendere così come viene, come le foglie crescono sull' Albero" ma senza tradire se stessi.
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jezacit
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venerdì 23 agosto 2019
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bello
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camillalavazza
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sabato 15 giugno 2019
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come un intrico di vene
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Le aule di tribunale sono state spesso utilizzate dalla letteratura e dal cinema quali luoghi in cui naturalmente emergono gli interrogativi fondamentali della vita e dove si scontrano opposte visioni sui reciproci rapporti tra diritto, etica e morale.
Ian McEwan, autore del romanzo e della sceneggiatura, ricorda come, durante una cena a casa di un amico giudice, gli fosse capitata in mano una raccolta di sentenze che trattavano casi di diritto di famiglia: “Lì, sulle mie ginocchia, una galleria di personaggi concepiti in modo realistico si agitava in avvincenti situazioni plausibili, sollevando complesse questioni etiche e morali”.
Durante il film ci vengono posti, senza alcuna pedanteria, una serie di interrogativi; si può dire che sia un film di domande che stimolano nello spettatore la ricerca di una modalità per giungere alla risposta, facendolo immedesimare nel lavoro del giudice che deve prendere una decisione analizzando tutte le informazioni a sua disposizione.
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Le aule di tribunale sono state spesso utilizzate dalla letteratura e dal cinema quali luoghi in cui naturalmente emergono gli interrogativi fondamentali della vita e dove si scontrano opposte visioni sui reciproci rapporti tra diritto, etica e morale.
Ian McEwan, autore del romanzo e della sceneggiatura, ricorda come, durante una cena a casa di un amico giudice, gli fosse capitata in mano una raccolta di sentenze che trattavano casi di diritto di famiglia: “Lì, sulle mie ginocchia, una galleria di personaggi concepiti in modo realistico si agitava in avvincenti situazioni plausibili, sollevando complesse questioni etiche e morali”.
Durante il film ci vengono posti, senza alcuna pedanteria, una serie di interrogativi; si può dire che sia un film di domande che stimolano nello spettatore la ricerca di una modalità per giungere alla risposta, facendolo immedesimare nel lavoro del giudice che deve prendere una decisione analizzando tutte le informazioni a sua disposizione.
Gli autori del film, si sono documentati accuratamente sull’ambientazione e sulle procedure legali ma hanno alleggerito le scene in aula, eliminando ogni tecnicismo, rendendo protagonista assoluta della scena la bravissima Emma Thompson, spesso inquadrata frontalmente, sola, seduta sul suo alto scanno, da cui sentenzia: “In questo tribunale si applica la legge, e non la morale”.
Questa donna forte ci viene inizialmente presentata di spalle, nel suo privato, in crisi con il marito (Stanley Tucci, straordinario nel lavorare di sfumature) che lei ha trascurato per il lavoro. Siamo portati immediatamente a farci delle domande: Chi dei due ha ragione? La materia delle decisioni del giudice sono la vita stessa, cosa importa se per esse trascura la propria?
Il regista sceglie di mostrarci letteralmente il “dietro le quinte” del tribunale: i vicoli accanto alle Royal Courts of Justice (le riprese son avvenute nel centro di Londra, alla Gray’s Inn, alla Lincoln’s Inn), le porte che da un anonimo corridoio s’aprono inaspettatamente sull’aula del processo, tutto un mondo ristretto i cui membri vivono una vita appartata ed esclusiva (fondamentale la figura del Cancelliere), in cui il mondo esterno può penetrare solo sotto forma di casi da discutere in tribunale.
Ed è in tal modo che la giudice Maye viene in contatto con il giovane Adam Henry, adolescente che per questioni religiose rifiuta la trasfusione che potrebbe salvargli la vita.
The children actè un film con più livelli di lettura: è un legal drama che stimola domande su argomenti complessi, chiarendo, senza imporlo, un punto di vista, procedendo senza cedimenti su un terreno scivoloso e, allo stesso tempo, che indaga le dinamiche dei rapporti tra uomo e donna quando, dopo molti anni di vita passata insieme, rimane l’affetto ma non la passione fisica, ed infine ci mostra come salvare la vita a qualcuno implichi, in un certo senso, essere responsabili del resto della sua esistenza per sempre, quasi che il salvatore diventi un secondo genitore per il salvato. “Si diventa per sempre responsabili di chi si addomestica.” scriveva Antoine de Saint-Exupéry ne Il piccolo principe.
Emma Thompson è straordinaria nell’impersonare il giudice, donna di potere, sicura di sé, affascinante (finché non si tratta di inviare un messaggino sul cellulare al marito, allora no, è come tutte quante noi) che, pur celando, da buona inglese, i suoi sentimenti in pubblico, mostra la sua umanità attraverso la musica. Ecco, infine, ad un livello più profondo, come la scia di un profumo, che emergono altri livelli: la musica e la poesia come ancora di salvezza contro l’aridità dello spirito, l’entusiasmo un po’ esaltato della gioventù contro la tristezza apatica dell’abitudine, l’inutilità degli eroici sacrifici (la vita è più importante della dignità, e questa volta non è una domanda).
È tutto un gioco di sottili rimandi ed intrecci, non a caso il giudice Maye in una scena accompagna al piano un collega che canta The Conventry Carol, il cui testo si ispira all’episodio della strage degli innocenti, mentre lei stessa canta The Salley Gardens nell’arrangiamento di Benjamin Britten, il cui testo di Yeats parla di un amore perduto: Là lei mi pregava che prendessi la vita così come viene, / così come l’erba cresce sugli argini del fiume; / ero giovane e sciocco ed ora non ho che lacrime.
Ed infine, a partire da quella mescolanza del sangue capace di contaminare, di mutare, tanto temuta da Adam e dalla sua famiglia, The children act è una storia sulle trasformazioni che, una volta avvenute, rimangono per sempre, perché se si prova per una volta ad essere diversi, non si potrà mai più essere come prima.
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venerdì 17 maggio 2019
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e la tematica del ruolo di moglie ?
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Questa recensione, come le altre che ho letto, verte tutta sulla figura di Fiona come giudice 'di ferro', e sulla sua crisi personale generata da Adam. Nessuno si sofferma sulla drammaticità del tema, introdotto fin dalle prime battute del film, dell'arroganza di questa moglie che negli anni ha deciso, senza nemmeno sentire il bisogno di parlargliene, di negare al marito ogni scambio di affettività coniugale; moglie che resta gelida e fredda anche quando Jack le rivela la sua sofferenza, pur confermandole il suo amore per lei. Mi chiedo: qualcuno ha cercato di mettersi nei panni di questo povero marito ? E anche nel finale del film, dove si vorrebbe far passare l'idea che Fiona è finalmente diventata 'più umana', in realtà la frase che le esce è: "mi amerai ancora ?".
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Questa recensione, come le altre che ho letto, verte tutta sulla figura di Fiona come giudice 'di ferro', e sulla sua crisi personale generata da Adam. Nessuno si sofferma sulla drammaticità del tema, introdotto fin dalle prime battute del film, dell'arroganza di questa moglie che negli anni ha deciso, senza nemmeno sentire il bisogno di parlargliene, di negare al marito ogni scambio di affettività coniugale; moglie che resta gelida e fredda anche quando Jack le rivela la sua sofferenza, pur confermandole il suo amore per lei. Mi chiedo: qualcuno ha cercato di mettersi nei panni di questo povero marito ? E anche nel finale del film, dove si vorrebbe far passare l'idea che Fiona è finalmente diventata 'più umana', in realtà la frase che le esce è: "mi amerai ancora ?"... vale a dire l'ennesima manifestazione di egocentrismo assoluto ! La vera domanda dovrebbe essere: Fiona vorrà tornare ad amare Jack ? Dal mio punto di vista, questo tema è molto più drammatico e grave rispetto a quello della crisi generata in Fiona dal suo ruolo di giudice. Purtroppo però il regista, dopo averlo introdotto all'inizio, lo ha completamente abbandonato, limitandosi a far fare a Jack la figura melensa del 'cagnolino fedele'.
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