The Children Act - Il Verdetto

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Giustizia etica Valutazione 4 stelle su cinque

di Eugenio


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domenica 7 ottobre 2018

Un film fatto di silenzi, pause, con la giusta carica drammatica e un complesso dibattito etico tra giustizia e religione, pretesto per un’analisi raffinata di due solitudini a confronto.
Uscito come La ballata di Adam Henry qualche anno fa scritto dal versatile “sir” Ian Mc Ewan che ne firma anche la sceneggiatura dal 18 ottobre nelle sale The children act -in Italia Il verdetto-, dal nome della legge con cui il Parlamento inglese definisce le funzioni attribuite agli enti locali, ai tribunali, ai genitori e alle agenzie del Regno Unito, al fine di garantire e promuovere il benessere dei minori, con protagonista una brava Emma Thompson, è più un’opera teatrale che cinematografica.
Fiona Maye (interpretata da Emma Thompson) è un giudice dell'Alta Corte britannica specializzata in diritto di famiglia. E’ una donna sicura di se, distaccata dai casi “etici” di difficile decisione, umanamente convinta della gravità delle sue sentenze e dell’umana condiscendenza. E’ sposata, senza figli, con un marito (Stanley Tucci), professore universitario, con cui ha scambiato in trentacinque anni di matrimonio serafiche frasi di circostanza, completamente immersa nel suo lavoro, cui si dedica con determinazione e impegno.
Dall’alto della toga nera e facciola bianca o rossa al collo, parruccona in testa a Westminster con le alte carica della suprema corte di cassazione, Fiona ha come unico “passatempo” il piano nella sua casa in un quartiere esclusivo di Londra.
Ha una corazza, il giudice, una corazza impermeabile a ogni forma di emozione, impenetrabile anche a seguito della notizia che il marito da ben undici mesi ha un’amante, una corazza che però non è esente da alcuni “scricchiolii” che la faranno lentamente implodere squassando le sue deterministiche posizioni.
Proprio con il caso che sarà invitata a seguire, quello di Adam Henry (Fionn Whitehead), figlio unico diciassettenne di Testimoni di Geova malato di una forma aggressiva di leucemia che richiede trattamento immediato con trasfusioni di sangue vietate dalla comunità, Fiona, dovrà comprendere ciò che è giusto eticamente da ciò che è umanamente errato secondo i canoni religiosi e l’etica del comportamento.
E quando la decisione sarà presa, quando la donna entrerà finalmente in collisione con il mondo delle vite degli altri, piegando le “sbarre” della gabbia dorata della sua atarassia, Fiona comprenderà come quella tonaca, quella parrucca, quella maschera tenderà a coincidere sempre più sino a identificarsi nel volto smarrito del giovane ragazzo, sofferente e alla fine vivo.
Sì, perché inutile nasconderlo. La scelta di Fiona permetterà di salvare  Adam che vivrà la trasfusione come straniamento, la diversità come inaccettabile riconoscimento di un “corpo” a cui non sente di appartenere. Una diversità che per contrasto, ciononostante, lo avvicinerà al giudice che ha emesso la sentenza “di vita”, il famoso verdetto del titolo, dedicandole poesia e componimenti di vita perduta e provocando nel freddo animo della donna, un totale disordine emotivo tale da rivederne ogni convinzioniìe e certezza.
 
Nel duplice ruolo di giudice e madre di un figlio che non ha mai avuto, un lovely boy, The children act, mantiene un’impostazione visivamente drammatica grazie alla capacità attoriale del trittico Thompson-Tucci-Whitehead, encomiabile nella recitazione impostata specie della Thompson, capace di una grande sfumatura emotiva. Non solo però: vive nel film un’atmosfera sospesa  di un’attesa che è quella della scelta, momento in cui i nodi si sciolgono e la tensione, fino alla fine inappagata, diventerà vicinanza.
The children act dalla tipica struttura a climax mette coraggiosamente in campo dei temi universali: la vita, la morte, la libertà personale e religiosa, la tutela da parte della legge dello Stato, il rispetto delle leggi non scritte della natura, ed infine l’amore.
Perché forse è questo il senso ultimo del film: l’amore, che ti prende all’improvviso, nelle sue forme più inattese, violente, nelle sue scelte non prive di conseguenze, oltre la fede, la solitudine e la morte.

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