Anno | 2017 |
Genere | Commedia, |
Produzione | Italia |
Durata | 90 minuti |
Regia di | Tonino Abballe |
Attori | Erika Marconi, Massimiliano Buzzanca, Antonella Ponziani, Valentina Ghetti Armando De Razza, Rosaria Razza, Tonino Abballe, Licia Amendola, Roberta Begoni, Martina Consoli, Lorendana Di Pentima, Simone Giaccaglia, Elisabetta Ventura. |
Uscita | giovedì 22 giugno 2017 |
Distribuzione | Plumeria Film |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 2 novembre 2017
Vicende di uomini e donne comuni, ma che nonostante tutto ancora credono nell'amore.
CONSIGLIATO NÌ
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Due personaggi, maschio e femmina, divisi da un tavolino: uno è analista, l'altro racconta i suoi rapporti con il sesso opposto, e i ruoli si alternano - a turno uno psicologo ascolta una donna che narra delle sue difficoltà di madre e compagna, poi una psicologa ascolta un uomo che rivela le sue insicurezze e i suoi istinti violenti. Gli attori che interpretano i due ruoli sono sempre gli stessi, ma le vite di cui si fanno testimoni sono sempre diverse. In parallelo, altre attrici interpretano storie di quotidiana incomprensione fra i sessi, mentre le figure maschili che incontrano vengono riprese solo di schiena o da lontano, in modo da non avere volto o identità. E ogni tanto una delle attrici riassume ciò che si sta raccontando in scenette decorate da una sorta di grafica sovrapposta alle immagini.
Girotondo è il secondo lungometraggio diretto da Tonino Abballe dopo Quel venerdì 30 dicembre e vuole raccontare il lato dark dei rapporto fra uomini e donne.
L'argomento è davvero importante e di grande attualità, in un'Italia dove la crisi ha esacerbato le dinamiche relazionali e stravolto i ruoli. Ma proprio perché l'argomento è importante va trattato con competenza cinematografica e assenza di pregiudizi, qualità che mancano completamente al film scritto, diretto e in piccola parte interpretato da Abballe, che pare invece ispirato ai peggiori reality televisivi e a una visione assai superficiale dell'attualità, anche cronachistica.
Dunque abbiamo donne che abortiscono per non "rinunciare alla propria libertà" e continuare a vivere la propria "comoda vita", uomini che violentano sconosciute in pieno giorno perché "lei mi ha provocato", mogli che tradiscono mariti buoni e devoti per soddisfare vanità e inesauribili appetiti sessuali, uomini che perdono il lavoro e si consolano con la bottiglia, madri che sparlano degli ex mariti e li tengono lontani dai figli, per poi appaltare quei figli alla nonna e incontrarsi con l'amante del momento, lesbiche che appena possono fanno sesso con gli uomini. Una galleria di stereotipi (con mano particolarmente pesante nei confronti dei personaggi femminili) che si esprimono in modo improbabile attraverso dialoghi involontariamente surreali ("Sul tracciato del mio elettrocardiogramma si formerebbero le lettere del tuo nome"), mandando alle ortiche qualsiasi credibilità sociale o anche solo narrativa.
La regia, che all'inizio sembra promettente nella sua attenzione ai dettagli, si fa via via più pasticciata e ripetitiva, sovrapponendo visivamente storie che hanno poco a che fare l'una con l'altra, creando collegamenti artificiali non giustificati né dalla trama né dal flusso delle immagini. E l'impostazione fortemente televisiva, così come l'insistenza sui teatrini come quello fra psicologo e paziente (con sedute en plain air in cui inspiegabilmente rimane accesa una lampada da tavolo), denunciano un film che di cinematografico ha ben poco, ma di ideologico anche troppo. La recitazione degli interpreti si adegua alla generale (mancanza di) forma filmica. Raccontare così male i rapporti fra uomini e donne (come del resto ha fatto la televisione strillata degli ultimi trent'anni) è peggio che non raccontarli affatto.