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Ultimo aggiornamento martedì 26 ottobre 2021
Il regista Alexey German Jr. per la prima volta volge lo sguardo verso la sua città, la Leningrado degli anni '70, oggi San Pietroburgo, per ritrarre la vita culturale dei giovani autori dell'epoca. In Italia al Box Office Dovlatov - I libri invisibili ha incassato 24,7 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Sei giorni nella vita quotidiana di Sergej Donatovič Dovlatov, giornalista nella San Pietroburgo del 1971 e destinato a diventare - una volta emigrato negli Stati Uniti - una delle figure più rappresentative della letteratura russa moderna. Insieme all'amico e poeta Joseph, e a tanti altri membri della comunità artistica cittadina, Dovlatov fa di tutto per non piegare la sua indipendenza creativa alle richieste opprimenti del regime, arrivando a licenziarsi pur di non cedere al compromesso.
"Ci vuole coraggio per mantenersi integri quando non si è nessuno", si ripete Sergej Donatovič Dovlatov - interpretato dall'ottimo Milan Marić - dopo essersi licenziato dal giornale in cui sbarca il lunario, per il quale i suoi articoli sono sempre troppo cupi, pessimisti, avversi alle progressive sorti del socialismo.
E il coraggio davvero non manca ai tanti "nessuno" che Aleksey German Jr. - Orso d'Argento con Under Electric Clouds, Leone d'Argento per Paper Soldier - mette in scena con amore nel suo film-fiume sulla comunità di proto-hipster sovietici della San Pietroburgo anni '70.
Artisti umiliati da una società che non solo non ne riconosce il talento, ma che rigetta come "inesistenti" gli oggetti delle loro opere: gli ultimi, gli emarginati, i ribelli, i diversi, gli scontenti. Perché se gli impressionisti francesi vennero osteggiati, derisi e fraintesi, agli artisti sovietici non allineati toccò una sorte peggiore: quella di essere considerati invisibili. Gli amici di Dovlatov sono pittori, scrittori, poeti, outsider destinati fatalmente a rimanere fuori dai giri che contano, raccontati nella quotidianità chiassosa e sgarrupata che si associa, universalmente, alla vita d'artista: riunioni piene di musica e parole, bottiglie di vino che girano, risate, discussioni, dibattiti, confessioni. Poco importa che la loro arte non sia riconosciuta, che sulle loro esistenze incomba il rischio dell'arresto: la vita creativa tenta sempre di resistere alla morte culturale, anche in un paese in cui "il nuovo non rimpiazza il vecchio, al massimo ne fa parte".
Risuona in sintonia con la Russia moderna, e in generale con ogni paese in cui la libertà d'espressione artistica sia limitata, questa lunga canzone jazz di Aleksey German Jr, che cavalca la scusa del biopic letterario per mettere in scena un mondo in cui la comunità artistica - nonostante le pressioni politiche, le minacce, le oggettive difficoltà - resiste in autonomia, senza cedere al compromesso. Un mondo in cui gli intellettuali non si arroccano in una torre d'avorio, ma si mescolano con la gente comune e con i lavoratori, con cui condividono paure, sofferenze e privazioni in un'omogeneità che la regia sottolinea con piani sequenza, inquadrature lunghe, invasioni di campo - e la camera che spesso indugia nella scena, a esplorare il mondo anche quando il protagonista ne è uscito.
Costretto a emigrare negli Stati Uniti, Dovlatov conobbe il successo postumo, diventando una "superstar" della letteratura russa: il film è dedicato alla sua memoria e, idealmente, a quella dei tanti "nessuno" che hanno scelto di non barattare mai, a nessuna condizione, la propria libertà intellettuale.
Uno di quei tanti artisti talenti che sono stati riconosciuti dopo la loro morte, scrittori, attori, pittori e via dicendo......come si sul dire " la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo " Un bel lavoro, però forse un pò troppo lungo.....
Scrivere non è solo tormento artistico o estasi creativa, può piuttosto rappresentare un calvario, soprattutto se si è sospesi nel limbo di un contesto che limita la libertà d'espressione, minando integrità e identità degli autori. Per capirlo basta immergersi per sei giorni nella vita di Sergej Dovlatov, all'inizio del novembre 1971, nella Leningrado claustrofobica, popolata di giovani artisti rifiutati [...] Vai alla recensione »
Russia, Serbia, Polonia, 125' Si possono tenere insieme la condanna e la nostalgia, l' orrore e il rimpianto, la ferocia e l' elegia, o quanto meno l' ironia? Difficile ma ci si può provare, come dimostra Aleksey German Jr. con questo film ammaliante che rievoca la figura adorata di Sergej Dovlatov (1941-1990), grande scrittore russo metà armeno e metà ebreo (ma è la lingua a definire lo scrittore, [...] Vai alla recensione »
È la indiscutibile autorialità di Aleksej German jr a fare grande un film come Dovlatov - i libri invisibili. Non ci sono dubbi, non possono esserci dubbi su questa premessa. German ha in mente, da sempre, un cinema che sembra assorbire dentro di sé quel principio di realtà dal quale prende le mosse, per trasformarlo in materia da film con la sua macchina da presa che agisce come dispositivo di teletrasport [...] Vai alla recensione »
Integro e idealista, soffrendo dietro a una maschera di ironia pungente e inesauribile. Geniale e beffardo, seducente e inafferrabile. Devoto solo alla verità e perciò "inesistente" in patria. L' Urss di inizio anni 70 aveva il suo eroe letterario davanti agli occhi ma si rifiutava di vederlo. Era Sergej Dovlatov, scrittore "sintomo" di una generazione di giovani artisti nell' allora Leningrado, intimamente [...] Vai alla recensione »
Non c'è dubbio che la pandemia abbia provocato un rallentamento globale sul piano produttivo, ma il CoVid non è sufficiente a spiegare come mai una casa di distribuzione (nella fattispecie l'encomiabile Satine) abbia impiegato tre anni a pubblicare un film che si era visto per la prima volta in concorso a Berlino nel febbraio del 2018 (!!!), dove era parso fin da subito uno dei film più interessanti, [...] Vai alla recensione »
Pochi giorni a inizio novembre 1971 nella vita dello scrittore Sergei Dovlatov, oggi famoso (a sua insaputa: morirà prima del successo, dopo l'espatrio negli States), ma al tempo fortemente osteggiato dalle autorità dell'Unione Sovietica di Breznev, durante la quale i suoi scritti venivano continuamente rifiutati, anche nella sua attività di giornalista.
È il 71, piena epoca brezneviana, e la situazione culturale dell'URSS è ufficialmente in stagnazione, secondo i dettami dei burocrati di partito e l'edificazione della propaganda. Si parla di eroi della rivoluzione comunista in divenire, al massimo di epica antica, non certo dei problemi di ogni giorno, dei campi di prigionia e lavoro, del pane altrui che sa di sale o della retorica assassina del regime. [...] Vai alla recensione »
Tolstoy, Pushkin, Dostoevsky, Gogol: i padri della letteratura russa sono i paradossali interlocutori di Sergej Dovlatov, scrittore emarginato dall'Urss dell'era Breshnev, in una delle sequenze più ironiche e più surreali di "Dovlatov- I libri invisibili", di Alexei German Jr. Premiato nel 2018 al Festival di Berlino, il film è da oggi in sala in Italia distribuito da Satine, dopo la lunga ibernazione [...] Vai alla recensione »
Con tempismo perfetto, in coincidenza con il giorno in cui si celebra l'Unità Nazionale Russa e con la prima settimana di novembre del 1971 narrata dal film, esce oggi giovedì 4 in alcune sale italiane "Dovlatov. I libri invisibili". L'ha scritto e diretto nel 2018 il regista russo Aleksej German Jr, di cui qualcuno ricorderà "Soldato di carta" premiato a Venezia 2008; e anche questo nuovo film s'è [...] Vai alla recensione »
«Nel mio film l' aspetto più importante non sono il tema poliziesco o la storia d' amore ma l' epoca che racconta. Se facciamo dei film su questo è per mostrarne la durezza» diceva Aleksey German parlando di Il mio amico Ivan Lapshin (1986), qualcosa che il regista scomparso nel 2013 aveva conosciuto bene nella sua vita d' artista passata a lottare con censura, arroganza, violenza del regime sovietico. [...] Vai alla recensione »
Premiato con l'Orso d'argento a Berlino nel 2018, arriva solo ora nelle sale questo film ispirato alla biografia di Sergej Dovlatov, scrittore emarginato nell'Unione Sovietica degli anni 70, esule in America e morto a 49 anni nel 1990, subito prima di venir riconosciuto come uno dei massimi autori del suo tempo (le sue opere sono tradotte da Sellerio).
«Nell'est il nuovo non rimpiazza il vecchio, ne diventa parte». In una delle tanti frasi che attraversano lo spazio sonoro dell'ultimo film di Aleksej German jr, Dovlatov, colte nel brulicare di voci e rumori ambientali di lunghi piani sequenza in interni, risiede la consapevolezza della condizione di un intellettuale e di un'artista nella cultura russa.
L'ironia come metafora discendente. «Le sue pupille son stelle» è metafora ascendente. Ma se «le sue pupille son padelle»? L'ironia come arma di combattimento letterario fu utilizzata da Sergej Dovlatov per sgonfiare il mondo brezneviano e l'America reaganiana e dei fuoriusciti russi fascistoidi. Ma qui siamo prima dell'esilio, a Leningrado, novembre 1971.