Titolo originale | Beuys |
Anno | 2017 |
Genere | Documentario |
Produzione | Germania |
Durata | 107 minuti |
Regia di | Andres Veiel |
Attori | Joseph Beuys, Caroline Tisdall, Rhea Thönges-Stringaris, Franz von der Grinten Johannes Stüttgen, Klaus Staeck. |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,54 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 17 febbraio 2017
L'opera contraddittoria di un grande artista tedesco che ha rivoluzionato il panorama artistico contemporaneo fin dagli anni '60.
CONSIGLIATO NÌ
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Non ci sono dubbi sull’importanza di Joseph Beuys, professore universitario e artista rivoluzionario, provocatorio e fondamentale, non solo per le opere create ma per il dibattito in cui si è inserito. Amato in tutto il mondo ma molto osteggiato in patria, dove era considerato poco più che un venditore di aria fritta, Beuys nella ricostruzione della sua carriera tra insegnamento, arte e politica, fatta dal documentario di Andres Veiel, concentrato sui contrasti, le lotte, i dibattiti e la resistenza all’establishment, emerge in tutta la sua estraneità allo spirito del suo tempo. Quello che invece rimane molto indietro nel documentario è una riflessione sul mezzo con cui questa storia è portata sullo schermo.
Affiancando immagini di repertorio (note ed inedite) con poche interviste fatte oggi a chi lo ha conosciuto, ci ha lavorato o era presente durante le sue manifestazioni o alla genesi di alcune opere, Veiel crea un racconto esaustivo ma piatto, denso di dettagli, pareri e dietro le quinte ma poverissimo di tutto il resto che in un documentario (e specie uno su un artista e il suo pensiero) dovrebbe costituire il sale.
Molti dei temi che Beuys sollevava e che sono sottolineati dal materiale del documentario sono tutt’oggi di grande attualità nel dibattito artistico, tuttavia non vengono mai elaborati in alcuna maniera che non risieda nelle parole dell’artista. Non c’è in buona sostanza nemmeno il tentativo di mostrarli attraverso uno sguardo o un’intelligenza a monte del montaggio, una che li valorizzi o anche solo elevi i singoli spezzoni a qualcosa di maggiore di quel che possono essere singolarmente.
Può davvero essere possibile realizzare un documentario su una figura simile con il grado minimo di riflessione sul mezzo di enunciazione? Specie considerando quanto Beuys abbia fatto uso del video per la propria comunicazione, la propria arte e le proprie idee. Dal lavoro di Veiel invece non emerge altro che non sia un veicolo per le parole dell’artista scomparso 30 anni fa. Addirittura anche quando sono affrontati temi politici che non paiono fuori luogo oggi, Veiel rifiuta di fare uso di ciò che è accaduto ieri per parlare dell’oggi, non vuole in alcun modo nemmeno creare una forma di indignazione, approvazione o anche solo tenerezza o durezza nei confronti delle immagini e degli eventi.
Tenendosi su un terreno così asettico e neutrale quello che è il primo film completo e accurato su Joseph Beuys risulta meno interessante di uno speciale televisivo sulla materia.