Anno | 2016 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Taiwan |
Durata | 111 minuti |
Regia di | Chung Mong-hong |
Attori | Leon Dai, Na Dow, Michael Hui . |
MYmonetro | 2,88 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 21 marzo 2017
Un punk spacciatore di eroina si trova su un taxi. A un certo punto i due vengono rapiti.
CONSIGLIATO SÌ
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Nadow, di piccola statura ma di ampia volontà, vive di espedienti tra un furtarello e l'altro, fino a divenire corriere della droga per una gang. Durante una consegna fa conoscenza con Old Hui, anziano tassista disilluso, originario di Hong Kong, che prende ben presto a cuore il caso di Nadow, accompagnandolo verso la sua destinazione. Non tutto andrà come previsto.
L'evento che segna indelebilmente Godspeed è il ritorno davanti alla macchina da presa di Michael Hui, re della comicità in cantonese a Hong Kong tra gli anni '70 e '80.
Il suo stile agrodolce e connotato da una estrazione sociale popolare, come quello di un Jerry Lewis con le tasche bucate di Charlot, rivive solo a tratti in una figura intrisa di malinconia. Old Hui, carcassa di un mondo reso superfluo dall'ottusità cieca del progresso e del guadagno facile, proviene da Hong Kong e reca su di sé l'amarezza di una "patria" che non esiste più e che vede in Taipei l'unico approdo possibile, per quanto disperato. È lui il vero protagonista di Godspeed, una figura neorealista su cui poggerebbe volentieri il suo sguardo umanista Kaurismaki, che stride con il contesto di morti facili e torture efferate del sottobosco criminale. I gangster, da parte loro, sono figure sempre più bidimensionali, quasi stilizzate.
Si alza il tasso di crudeltà - memorabile la tortura con la sega - ma questo appare sempre più come una stanca coazione a ripetere, quasi si trattasse del dovere imposto da un'ipotetica catena alimentare. Chung Mong-hong dimostra che le ottime impressioni lasciate dal suo debutto in Parking erano fondate, vista l'abilità con cui si destreggia tra gangster movie e commedia nera. Tra i vari quadretti noir surreali - la nota forse più prevedibile e usurata della sceneggiatura - spicca il flashback dell'incipit in Thailandia, con la gang sanguinaria e superstiziosa guidata da Vithaya Pansringarm, già reso celebre maschera di morte in Solo Dio perdona da Nicholas Winding Refn.