no_data
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lunedì 20 giugno 2016
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lui c'e' sempre stato
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Film coraggioso che affronta senza infingimenti la meschinità connaturata al genere umano. E' inevitabile riflettere sulla FORTUNA che abbiamo avuto di vivere gli anni che ci separano dalla II Guerra Mondiale senza che nuove tensioni abbiano dilaniato tra loro i popoli europei, ma questo comunque non ci permette di sentirci al sicuro. Il razzismo, il qualunquismo, il populismo, il "semplicismo" serpeggiano come vipere nell'opinione comune. E' più facile puntare il dito contro un presunto colpevole che assumersi il peso di dare il proprio contributo al funzionamento della Cosa Pubblica, della Democrazia, scritta con la maiuscola. Effettivamente il mostro si annida in noi: tra gli insoddisfatti, i frustrati, gli emarginati, gli sconfitti, i falliti, i narcisisti, i giustizialisti.
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Film coraggioso che affronta senza infingimenti la meschinità connaturata al genere umano. E' inevitabile riflettere sulla FORTUNA che abbiamo avuto di vivere gli anni che ci separano dalla II Guerra Mondiale senza che nuove tensioni abbiano dilaniato tra loro i popoli europei, ma questo comunque non ci permette di sentirci al sicuro. Il razzismo, il qualunquismo, il populismo, il "semplicismo" serpeggiano come vipere nell'opinione comune. E' più facile puntare il dito contro un presunto colpevole che assumersi il peso di dare il proprio contributo al funzionamento della Cosa Pubblica, della Democrazia, scritta con la maiuscola. Effettivamente il mostro si annida in noi: tra gli insoddisfatti, i frustrati, gli emarginati, gli sconfitti, i falliti, i narcisisti, i giustizialisti. Non conta se siamo ignoranti o istruiti. Non conta se il mostro si chiami Hitler. Qualunque fanatismo arma la mano e ottunde la mente della gente che non riflette, che non ricorda, che non attiva cuore e cervello all'unisono.
Film da far vedere nelle scuole e da commentare per l'intero anno scolastico, fermando tutte le programmazioni disciplinari.
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fabal
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lunedì 23 gennaio 2017
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spietata e allarmante ironia
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Adolf Hitler si risveglia nella Berlino dei nostri giorni e tenta nuovamente la scalata al potere. In pochi mesi, con l’aiuto di un giornalista poco accorto, il Führer monopolizza tutti i più moderni mezzi di comunicazione, dai talk show ai canali del web.
L’intelligenza del film di Wnendt, basato sull’omonimo romanzo, sta nel suo format. Lui è tornato è strutturato come un film-documentario con tanto di interviste girate con telecamera a mano, come le molte trasmissioni di denuncia giornalistica a cui siamo abituati. Inizialmente la figura di Hitler sembra caricaturale, destando l’umorismo per quella che pare l’ennesima riproposizione istrionica del Führer, le cui interpretazioni nel cinema, da Chaplin a Bruno Ganz, vengono subdolamente ripercorse nel film stesso.
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Adolf Hitler si risveglia nella Berlino dei nostri giorni e tenta nuovamente la scalata al potere. In pochi mesi, con l’aiuto di un giornalista poco accorto, il Führer monopolizza tutti i più moderni mezzi di comunicazione, dai talk show ai canali del web.
L’intelligenza del film di Wnendt, basato sull’omonimo romanzo, sta nel suo format. Lui è tornato è strutturato come un film-documentario con tanto di interviste girate con telecamera a mano, come le molte trasmissioni di denuncia giornalistica a cui siamo abituati. Inizialmente la figura di Hitler sembra caricaturale, destando l’umorismo per quella che pare l’ennesima riproposizione istrionica del Führer, le cui interpretazioni nel cinema, da Chaplin a Bruno Ganz, vengono subdolamente ripercorse nel film stesso. Ma l’anacronismo strutturale di Hitler con la Germania contemporanea, multietnica e tecnologica, fa sorridere per poco: il tono si fa via via più serio nel momento in cui il redivivo leader nazista decide di sfruttare il suo scopritore Savatzki (giornalista da poco licenziato) per girare dei servizi con un unico argomento: la politica. Il malcontento dei tedeschi, definito “rabbia silenziosa” ma anche “apatia politica”, viene raccolto astutamente da Hitler per poi essere urlato in televisione e ottenere seguaci. Ovviamente tutti pensano che si tratti di un comico, di un attore. Esattamente come allora. Acquisita questa consapevolezza anche lo spettatore si allarma, e il film fa ridere molto meno.
Sostenuto da una squisita ambiguità di fondo, Lui è tornato si traduce in una spietata critica alla classe politica tedesca e soprattutto al sensazionalismo dei mezzi di comunicazione, che nel tentativo di fare audience politicamente neutrale non si accorgono, in realtà, di ripercorrere il medesimo iter che portò il nazismo al potere negli anni ’30. Un potere che antepone il mezzo alla sostanza, la persuasione al contenuto: è drammatico osservare come l’Hitler che appare quasi “simpatico” anche a noi spettatori, almeno sulle prime, non abbia alcuna ragione per esserlo, dato che non presenta alcun valore morale condivisibile. Non è nemmeno l’uomo ecologista che ama l’ambiente né il convinto animalista che stravede per i cani: e per demolire questi luoghi comuni le scene utilizzate sono abbastanza crude. L’unico valore condiviso è, per l’appunto, l’inettitudine della classe politica attuale, che vive di schematismi dottrinali equivoci: esemplare il fatto che l’Hitler del 2014 venga pestato dai neonazisti perché accusato di essere un impostore che insulta quello vero. E grazie a questa aggressione la sua popolarità cresce negli ambienti democratici!
Il Führer di Masucci, la cui interpretazione è ottima perché la perfezione della gestualità compensa una somiglianza fisica pressoché inesistente, è semplicemente un fine manipolatore, abile nello sfruttare un malcontento generalizzato canalizzandolo nell’odio razziale.
Un piccolo gioiello di spietata ironia.
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qisoneb
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venerdì 6 luglio 2018
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quel divertimento con assurdità o abilità, film.
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che storie di film, l'argomento è solito, mentre la
destra sinistroide e la sinistra e che
sembra senza mai col voto chiaro dei ciitadini
volere essere al governo da un quinquennio e pur
di trasferirsi maigrando in qualche movimento raccotlili
con le capriole assolute delle opposizioni alla
destra e che pur di mettersi nel posto che hanno, la detsra
e tutte le fesserie loro non consoni a un cavaliere, hanno
combattuto e denigrato sino a ieri, non ricordano
neanche cosa hanno pranzato, sembrano propinare il film
di stenlio e ollio, col reddito di cittadinanza e flat tax, ossia
arrivedorci... arrivedorci.
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che storie di film, l'argomento è solito, mentre la
destra sinistroide e la sinistra e che
sembra senza mai col voto chiaro dei ciitadini
volere essere al governo da un quinquennio e pur
di trasferirsi maigrando in qualche movimento raccotlili
con le capriole assolute delle opposizioni alla
destra e che pur di mettersi nel posto che hanno, la detsra
e tutte le fesserie loro non consoni a un cavaliere, hanno
combattuto e denigrato sino a ieri, non ricordano
neanche cosa hanno pranzato, sembrano propinare il film
di stenlio e ollio, col reddito di cittadinanza e flat tax, ossia
arrivedorci... arrivedorci... , senza che la gente sappia cosa
mai abbiano fatto e facciano, se non cambiare nazione alla nzaione,
dubitando del cittadino qualunque
senza guardarsi, specie in tv radio nonchè
persone tipo la boldtrini, lorensin, mogherin, cezellati ecc, ecc,
frutti di controversie e alternative vote, seguitano a preoccuparsi
della forneiro, parlando di sè probabile, ci ricordano
il loro tormentone, stile piottas (il supercafone eccolo... là),
non sa'ccorgono che invece di raccontarle le barzellette ci si
troveranno nei libri, dove narreranno la
loro reale barzelletta sinistra e in movimento... sul
loro barcone surreale, a centinaia di km
da casa loro, spaesandosi in modo matematico, quella di essere
tali a loro insaputa, o sperando di non essere
visti nell'arra(ffare)battarsi a fare ciò, sembrano essere
pilotati da quella germania o chissàchhi ironizzata nel film
nonchè di piacimento semplice con ironie e spettacolo inconsueto.
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mordino
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martedì 2 ottobre 2018
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ma davvero siamo nell'anno 2014? eh.. quasi 2015
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Avevo sempre rimandato a vederlo, sarà perchè con questo genere di soggetto è molto facile creare un film nella migliore delle ipotesi mediocre, sarà perchè temevo una banalizzazione del personaggio ridotto a macchietta di se stesso, premendo l'acceleratore solo su pochi inevitabili clichè conditi da una stantia morale finale buonista-politicamente-corretta che manda tutti a letto contenti, avevo evitato. Poi però spinto dalla curiosità e anche dal fatto che ne è stata realizzata una versione omologa italiana ho deciso di investire un ora mezza della mia esistenza..
Il film in se è uno schiaffo in pieno viso, di quelli che non ti aspetti e che ti lasciano lì boccheggiante attonito, vedere un Hitler assolutmente credibile già di per se è scioccante, ossevare le parti "candid camera" in cui il personaggio è immerso nella realtà con le vere reazioni di vere persone è estremamente interessante dal punto di vista sociologico.
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Avevo sempre rimandato a vederlo, sarà perchè con questo genere di soggetto è molto facile creare un film nella migliore delle ipotesi mediocre, sarà perchè temevo una banalizzazione del personaggio ridotto a macchietta di se stesso, premendo l'acceleratore solo su pochi inevitabili clichè conditi da una stantia morale finale buonista-politicamente-corretta che manda tutti a letto contenti, avevo evitato. Poi però spinto dalla curiosità e anche dal fatto che ne è stata realizzata una versione omologa italiana ho deciso di investire un ora mezza della mia esistenza..
Il film in se è uno schiaffo in pieno viso, di quelli che non ti aspetti e che ti lasciano lì boccheggiante attonito, vedere un Hitler assolutmente credibile già di per se è scioccante, ossevare le parti "candid camera" in cui il personaggio è immerso nella realtà con le vere reazioni di vere persone è estremamente interessante dal punto di vista sociologico. Perchè è di questo che si tratta alla fine: non è un film ma un esperimento sociologico. Guardate pure le persone come reagiscono, cercate di trarne le vostre categorie personali, dividete comodamente i gruppi, sesso, età, censo, etnia, e traetene le vostre conclusioni, devo dire che a me un brivido lungo la schiena l'ha fatto venire.
La trama è abbastanza esile, un pò come quella del meraviglioso film che ho indirettamente citato nel titolo, anzi a ben vedere i due protagonisti in alcuni momenti sembrano una riproposizione del duo Mario/Troisi Saverio/Benigni; non si sa come la storia inizia e non si sa bene come terminarla però funziona.
Quindi il film a me è complessivamente piaciuto, mi ha fatto pensare, mi ha fatto parlare, che poi è quello che si chiede ad un buon lavoro. Due cose non mi sono piaciute: la prima, inserire nella colonna sonora in due momenti differenti temi utilizzati in Arancia Meccanica, una volta è citazione, due volte qualcuno poterbbe dire è scopiazzare; secondo, l'effetto grafico del salto nel tempo: una bolla spaziotemporale con crepitanti fulmini di energia statica?? Per un attimo ho pensato che ne uscisse un Terminator serie 800.
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no_data
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domenica 24 aprile 2016
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riflessioni sulla democrazia
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Sarà nelle sale italiane il 26,27 e 28 aprile, LUI E' TORNATO, del regista tedesco David Wnendt, tratto dal libro satirico di Timur Wermes. Ispirato cinematograficamente al Borat di Sasha Baron Cohen il film racconta le avventure di uno strano personaggio, in tutto e per tutto simile ad Adolf Hitler, che si sveglia un mattino in un parco di Berlino, con tanto di uniforme addosso. Scoperto di essere nel 2014, gli bastano un paio di giorni e notti dentro un'edicola per aggiornarsi sulla situazione politica e sociale. Il resto lo scoprirà man mano che diventerà: prima un fenomeno televisivo, poi editoriale, poi ancora cinematografico ed infine universale.
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Sarà nelle sale italiane il 26,27 e 28 aprile, LUI E' TORNATO, del regista tedesco David Wnendt, tratto dal libro satirico di Timur Wermes. Ispirato cinematograficamente al Borat di Sasha Baron Cohen il film racconta le avventure di uno strano personaggio, in tutto e per tutto simile ad Adolf Hitler, che si sveglia un mattino in un parco di Berlino, con tanto di uniforme addosso. Scoperto di essere nel 2014, gli bastano un paio di giorni e notti dentro un'edicola per aggiornarsi sulla situazione politica e sociale. Il resto lo scoprirà man mano che diventerà: prima un fenomeno televisivo, poi editoriale, poi ancora cinematografico ed infine universale. Gli serviranno allo scopo l'iniziale incontro con un regista televisivo appena licenziato, che vede in lui un possibile rilancio della sua carriera, e poi quello con la direttrice del network, una vera donna tedesca alla Leni Riefensthal secondo il protagonista. Un barbone che ha perso la memoria, un millantatore, o il vero Hitler redivivo? Questo l'interrogativo che tiene saldamente legato lo spettatore alla storia. E Wnendt ci gioca abilmente lavorando sul grottesco e utilizzando, oltre alle scene recitate, altre improvvisate tra la gente nelle situazioni più disparate. Il razzismo è il tema principe dei nostri tempi, e chi meglio di un Adolf Hitler “aggiornato” può cavalcare questa tigre vigliacca fra i tedeschi, che già una volta l'hanno votato e seguito in massa. Uno splendido pamphlet contro il revisionismo storico che qui da noi può fare solo del bene, visto che spesso ci si dimentica, al di là del “Mussolini ha fatto anche cose buone”, chi si è battuto per i valori della libertà e chi “contro”. Ma anche uno stimolo a non accontentarsi delle derive della rappresentatività, spesso oggetto di manipolazione.
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alexander 1986
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domenica 8 maggio 2016
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un nero passato per un nerissimo futuro
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Berlino, anni Duemila. Adolf Hitler si sveglia misteriosamente in un parco, pensando di essere ancora nella città assediata dai sovietici. Poco a poco realizza di aver compiuto una specie di viaggio nel tempo. Non riconosce più la sua Germania, piena di negroidi e giovani irrispettosi. Decide di tornare in campo e trova aiuto da un regista fallito che, scambiandolo per un comico, vuole lanciarlo nello showbitz. Le conseguenze saranno imprevedibili.
Tratto dall'omonimo romanzo di Timur Vermes (2013). Abbastanza scoperto l'intento di fondo: dimostrare come, a distanza di settant'anni, in Germania continui a persistere l'impulso alla deriva autoritaria e nazionalistica che a suo tempo permise l'ascesa di Hitler.
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Berlino, anni Duemila. Adolf Hitler si sveglia misteriosamente in un parco, pensando di essere ancora nella città assediata dai sovietici. Poco a poco realizza di aver compiuto una specie di viaggio nel tempo. Non riconosce più la sua Germania, piena di negroidi e giovani irrispettosi. Decide di tornare in campo e trova aiuto da un regista fallito che, scambiandolo per un comico, vuole lanciarlo nello showbitz. Le conseguenze saranno imprevedibili.
Tratto dall'omonimo romanzo di Timur Vermes (2013). Abbastanza scoperto l'intento di fondo: dimostrare come, a distanza di settant'anni, in Germania continui a persistere l'impulso alla deriva autoritaria e nazionalistica che a suo tempo permise l'ascesa di Hitler. Il discorso in realtà potrebbe essere esteso a tutta l'Europa occidentale. L'aspetto più interessante della pellicola è la gran quantità di riprese con protagonisti attori improvvisati, ovvero gente comune: ebbene, i discorsi da loro fatti sugli immigrati non differiscono da quelli che si fanno qui da noi o in Francia. Dovremmo temere il ritorno di un Hitler? Forse no, ma in questo racconto c'è il caldo invito a non sottovalutare mai quelli che adesso fanno ridere e che domani potrebbero fare piangere. (Vago riferimento allo statunitense Donald Trump?)
Purtroppo i tedeschi hanno un pessimo senso dell'umorismo. Non sanno fare le commedie. Ma l'idea della pellicola e del libro da cui è tratta è comunque intrigante.
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carlottalattanzi
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martedì 26 aprile 2016
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spaventosamente attuale
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Una regia perfetta, la camera a spalla, il continuo inserimento di brani documentari che si fondono alla trama.
Il metacinema fa diventare la storia ancora più inquietante, la forma abbraccia il contenuto e te lo sputa in faccia con una violenza inaudita: la violenza del ridicolo, dell'inoffensivo, del provocatorio. Una riflessione tagliente e spietata sul potere dei media, le facce ottuse dei neonazisti, le facce ottuse degli spettatori, che “si indignano solo per la morte di un cucciolo”.
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Una regia perfetta, la camera a spalla, il continuo inserimento di brani documentari che si fondono alla trama.
Il metacinema fa diventare la storia ancora più inquietante, la forma abbraccia il contenuto e te lo sputa in faccia con una violenza inaudita: la violenza del ridicolo, dell'inoffensivo, del provocatorio. Una riflessione tagliente e spietata sul potere dei media, le facce ottuse dei neonazisti, le facce ottuse degli spettatori, che “si indignano solo per la morte di un cucciolo”. La costante immedesimazione in questa ottusità. All’inizio il personaggio ci sta quasi simpatico, è buffo, caricaturale, e al tempo stesso ci sentiamo pervasi da un forte senso di fastidio. Non ci sembra accettabile mostrarlo così o non ci sembra accettabile la simpatia che ci suscita? Perché non ci alziamo e smettiamo di guardare il film? Perché speriamo nella redenzione. Sappiamo che quello è il vero Hitler, non siamo scusati come il protagonista. Allora aspettiamo, continuiamo a guardarlo e iniziamo piano a star male. Se la morte del cane ci fa chiudere gli occhi, quando gli scrittori di scena inventano le gag sui forni crematori restiamo con gli occhi sbarrati, è la prima di una lunga serie di lame che ci trafiggono, di un male diverso, inaccettabile, buio. E con queste immagini di morti ammassati, derisi nelle battute scritte sui cartoncini gialli e arancioni ci iniziamo a sentire meglio, con la percezione della linea tra bene e male riacquistiamo la nostra umanità. Il finale è lo specchio, l’espiazione, la scelta. È un finale aperto e bellissimo, nel ragazzo in bici, filmato dal vero, con il dito medio alzato. Caro Hitler, è questo il nostro buon “punto di partenza”.
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