giomer
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lunedì 9 gennaio 2017
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metamorfosi con agape catartica e palingenetica
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Lo chiamavano Jeeg robot: metamorfosi del protagonista con agape catartica e palingenetica.
1) La metamorfosi: analogamente a quanto avviene in natura allorché un bruco strisciante dopo la metamorfosi diviene farfalla ed acquisisce poteri nuovi, come la capacità di volare, così il protagonista, Enzo Ceccotti, piccolo delinquente della periferia romana, dopo essere entrato casualmente in contatto con rifiuti radioattivi, acquisisce una forza sovrumana, che utilizza però per finalità malavitose.
2) L'agape, l'amore catartico: Enzo incontra Alessia, la figlia di un suo complice, una ragazza giovane, innocente, ingenua, solare, una fan del supereroe Jeeg Robot, e se ne innamora.
3) La palingenesi: l'amore sublimato per una ragazza così diversa da lui, semplice ma profondamente buona, induce Enzo a cambiare stato mentale e a diventare, da piccolo delinquente, un superuomo dedito al bene dell'umanità in difficoltà.
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Lo chiamavano Jeeg robot: metamorfosi del protagonista con agape catartica e palingenetica.
1) La metamorfosi: analogamente a quanto avviene in natura allorché un bruco strisciante dopo la metamorfosi diviene farfalla ed acquisisce poteri nuovi, come la capacità di volare, così il protagonista, Enzo Ceccotti, piccolo delinquente della periferia romana, dopo essere entrato casualmente in contatto con rifiuti radioattivi, acquisisce una forza sovrumana, che utilizza però per finalità malavitose.
2) L'agape, l'amore catartico: Enzo incontra Alessia, la figlia di un suo complice, una ragazza giovane, innocente, ingenua, solare, una fan del supereroe Jeeg Robot, e se ne innamora.
3) La palingenesi: l'amore sublimato per una ragazza così diversa da lui, semplice ma profondamente buona, induce Enzo a cambiare stato mentale e a diventare, da piccolo delinquente, un superuomo dedito al bene dell'umanità in difficoltà.
In conclusione è un fumetto sull'eterno scontro tra le forze del bene e quelle del male. Queste ultime vengono rappresentate da Zingaro,
un personaggio della malavita romana, che dopo aver subito un'analoga metamorfosi, viene però infine sconfitto da Enzo: il bene.
Un film sull'infinita potenza dell'amore capace di determinare una palingenesi catartica.
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mauridal
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domenica 6 marzo 2016
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forza jeeg, popeye e' con te
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Lo chiamavano Jeeg Robot
Un film di Gabriele Mainetti , Italia 2015
A volte , quando una maschera, un fumetto, un personaggio del cinema, viene assimilato, digerito, e quindi introietteto, da parte di chi lo , insegue per tutto il tempo che ha disponibile , e nel caso dei giovani della periferia di grandi metropoli, il tempo è molto ,tanto tempo libero per deprivazione e disoccupazione , per mancanza di riferimenti sociali e culturali, allora il personaggio, ilfumetto diventa reale , si sostituisce all'identità di chi ,originariamente ne era solo spettatore, e quindi tutta la realtà vissuta ne esce distorta anzi si cerca di farla aderire all'immagine fantasiosa che nella mente dei soggetti più deboli si forma e si consolida tanto da sostituirsi alla realtà stessa E' Questo il caso di Ceccotti Enzo che finirà dopo una serie di vicende col credere di essere davvero Jeeg Robot .
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Lo chiamavano Jeeg Robot
Un film di Gabriele Mainetti , Italia 2015
A volte , quando una maschera, un fumetto, un personaggio del cinema, viene assimilato, digerito, e quindi introietteto, da parte di chi lo , insegue per tutto il tempo che ha disponibile , e nel caso dei giovani della periferia di grandi metropoli, il tempo è molto ,tanto tempo libero per deprivazione e disoccupazione , per mancanza di riferimenti sociali e culturali, allora il personaggio, ilfumetto diventa reale , si sostituisce all'identità di chi ,originariamente ne era solo spettatore, e quindi tutta la realtà vissuta ne esce distorta anzi si cerca di farla aderire all'immagine fantasiosa che nella mente dei soggetti più deboli si forma e si consolida tanto da sostituirsi alla realtà stessa E' Questo il caso di Ceccotti Enzo che finirà dopo una serie di vicende col credere di essere davvero Jeeg Robot . Nel cinema altri film hanno affrontato l'argomento. Reality, di Garrone, a suo modo anche Her con il suo confine debole tra la ragione e la follia, ma entrambi però, danno ragione a HiroshiSuperhero alias Enzo Ceccotti, alias Claudio Santamaria che come il suo antesignano Lèon è privo di qualunque senso morale e di ragionevolezza e non può giustificare le azioni, sconsiderate come le invenzioni di un cartoon di super eroi come l'uomo tigre o jeeg robot o altri .Ma Il tratto ironico e incosapevolmente comico di Jeeg - Ceccotti, ricorda per chi quegli anni li ha vissuti, le gesta di Dorellik antieroe che pure casca senza farsi male. Ma qui la drammaticità della borgata di Tor Bella Monica impone una serie di scelte, e quella dei super poteri che il nostro Hero acquisisce dopo un tuffo nel biondo Tevere pieno di liquami radioattivi, è veramente geniale. Il povero super Hero è proprio scalognato, ma nulla lo fermerà
soprattutto dopo l'incontro con la vera eroina , Alessia ,l'ottima Ilenia Pastorelli , non nel senso tossicologico, bensì come ragazza semicosciente ma principessa del bene che darà senso e credibilità al Ceccotti Jeeg che da ladruncolo vorrà sfruttare i super poteri trasteverini per salvare Roma e i romani da una non meglio identificata alleanza GomoSuburra, che vorrà dominare sulla Roma Capitale. E qui entra in gioco il vero , autentico AntiHero, nei panni di Luca Marinelli/ er zingaro che non ha bisogno di calarsi nella parte, è di suo lo sguardo e l'aspetto luciferino di perdente della mala ma che a tutti i costi vuole sfidare, per riscattsrsi, dice , il potente eroe buono Ceccotti Enzo in arte Jeeg Robot. Insomma un bel casino tra personaggi che raccontati dal regista sembrano realistici ma al contempo agli occhi dello spettatore devono apparire cartoons, Dunque un confine labile tra livelli narrativi differenti, e forse questa la vera novità del film , si entra e si esce dal livello rappresentativo realistico delle borgate , per entrare ed uscire nel mondo fumettaro dei personaggi . Per il sottofondo malavitoso della Roma Capitale si sviluppa una intuizione di Caligari regista del film “non essere cattivo” di cui Marinelli è tramite . Una alleanza Gomorra -Suburra che in realtà non si è realizzata per evidenti differenze antropologiche. Lo Stadio Olimpico teatro di guerre con morti e feriti tra tifoserie armate ne rappresenta l'esito. Il film si conclude con un duello tra un buono Ceccotti diventato un vero super Jeeg Robot contro un cattivo Zingaro che nel frattempo è diventato un drag Queen vendicativo anch'egli dotatato dei super poteri dopo un necessario tuffo – bagno nel miracoloso Tiber radioattivo. Finale si direbbe sconbicchierato ma ci sta, nel contesto cartoonesco. La lotta tra i due avrà l'esito scontato del trionfo di un fumetto su una triste realtà, lo stadio è salvo, la partita continua.
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flyanto
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lunedì 29 febbraio 2016
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la storia di un uomo che si trasforma in eroe posi
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Già dal titolo, "Lo Chiamavano Jeeg Robot", si intuisce che ci si troverà di fronte ad una storia fantastica e pertanto poco attinente alla realtà, e che, essendo appunto concepito come un fumetto od un cartoon, presenta allo spettatore una vicenda provvista anche di una sorta di lezione morale.
Il protagonista (Claudio Santamaria) è un piccolo delinquente che trascorre le sue giornate commettendo dei furtarelli di merce che poi rivende a qualche ricettatore per pochi euro. Un giorno, essendo inseguito dalla polizia, al fine di non venire arrestato si butta nelle acque del Tevere e qui va a finire dentro un bidone di materiale radioattivo.
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Già dal titolo, "Lo Chiamavano Jeeg Robot", si intuisce che ci si troverà di fronte ad una storia fantastica e pertanto poco attinente alla realtà, e che, essendo appunto concepito come un fumetto od un cartoon, presenta allo spettatore una vicenda provvista anche di una sorta di lezione morale.
Il protagonista (Claudio Santamaria) è un piccolo delinquente che trascorre le sue giornate commettendo dei furtarelli di merce che poi rivende a qualche ricettatore per pochi euro. Un giorno, essendo inseguito dalla polizia, al fine di non venire arrestato si butta nelle acque del Tevere e qui va a finire dentro un bidone di materiale radioattivo. Da questo momento in poi la su avita cambierà radicalmente in quanto egli acquisterà dei super poteri che, una volta resosene conto, deciderà di usare al fine di commettere crimini ben più organizzati. Poichè nel frattempo viene scoperta tale realtà anche dal capo di una banda di criminali chiamato "Zingaro" (Luca Marinelli) il quale vuole a tutti i costi misurarsi con lui e farsi svelare la natura dei suoi straordinari poteri per poi a sua volta usufruirne lui stesso per scopi illeciti, il protagonista dovrà affrontare svariate e pericolose avventure che lo porteranno in netto contrasto con il suo avversario. La conoscenza nel frattempo della figlia giovane e stralunata di un malavitoso, con cui intreccerà una storia d'amore, lo porterà ad affrontare una realtà del tutto nuova ed inaspettata decidendo alla fine di porre i propri straordinari poteri al servizio dell'umanità anzichè del mondo del crimine, e cercando così di debellare, se non tutto, quanto più male possibile sulla terra.
La trama, appunto, è quanto mai irreale e, se non nel suo concetto e nella conversione di un criminale a compiere opere di bene, nella sua rappresentazione, ma poichè il film è ben girato dal giovane regista Gabriele Mainetti ed è concepito proprio come se fosse un fumetto vero e proprio, l'intera pellicola in generale è accettabile e gradevole a seguirsi. Sicuramente va apprezzata l'originalità della stesura della trama ed il cambiamento radicale del protagonista principale. Gli attori principali, inoltre, cioè Claudio Santamaria e Luca Marinelli, risultano entrambi ben calati nei rispettivi ruoli di criminali avversari, ma una menzione speciale va diretta soprattutto a Luca Marinelli, quanto mai credibile e quanto mai efficace nella parte di giovane uomo fortemente disturbato nella mente, cattivo, anzi, crudele, e completamente amorale. Ancora una volta , come nel suo precedente "Non Essere Cattivo" Marinelli ha scelto di interpretare un personaggio "border line", riuscendovi benissimo, e contrapponendo tale tipo di personaggio completamente all'opposto dei suoi precedenti di giovane uomo timido o stralunato e di indole buona.
Consigliabile a chi è interessato a vedere un film del tutto nuovo e di puro disimpegno.
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eden artemisio
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giovedì 10 marzo 2016
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un eroe che conosciamo
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Mi sono domandato se “Lo chiamavano Jeeg robot” possieda una storia che vale la pena raccontare o, se invece il personaggio del supereroe sia soltanto un’inopportuna trasposizione cinematografica di un fumetto che, in tal modo, svilisce anche l’autonomo valore del linguaggio fumettistico.
Devo ammettere che il genere non è di quelli che soddisfano il mio palato, ma essendo io onnivoro e apprezzando il regista e gli attori che ho già avuto modo di conoscere in altri loro lavori, ero curioso di vedere questa loro prova. Il risultato è che non sono riuscito ad essere coinvolto dal genere, però ho visto una storia o forse più storie che ho trovato interessanti. E cercando io sempre le storie, proprio per questo, il film nel suo insieme non mi è dispiaciuto e mi ha dato la possibilità di vagare con la mia mente nei mondi dei protagonisti, il supereroe (Santamaria) e il supercattivo (Marinelli), e dei personaggi secondari.
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Mi sono domandato se “Lo chiamavano Jeeg robot” possieda una storia che vale la pena raccontare o, se invece il personaggio del supereroe sia soltanto un’inopportuna trasposizione cinematografica di un fumetto che, in tal modo, svilisce anche l’autonomo valore del linguaggio fumettistico.
Devo ammettere che il genere non è di quelli che soddisfano il mio palato, ma essendo io onnivoro e apprezzando il regista e gli attori che ho già avuto modo di conoscere in altri loro lavori, ero curioso di vedere questa loro prova. Il risultato è che non sono riuscito ad essere coinvolto dal genere, però ho visto una storia o forse più storie che ho trovato interessanti. E cercando io sempre le storie, proprio per questo, il film nel suo insieme non mi è dispiaciuto e mi ha dato la possibilità di vagare con la mia mente nei mondi dei protagonisti, il supereroe (Santamaria) e il supercattivo (Marinelli), e dei personaggi secondari. Quei personaggi noi li riconosciamo non soltanto per la loro radice ambientale, italiana, romana, di borgata, ma per la credibilità di come pensano e si muovono.
Il protagonista è un uomo comune, con caratteristiche personali legate ad un particolare contesto sociale, che improvvisamente e incomprensibilmente scopre di avere poteri che gli consentono di agire in modo straordinario. Enzo è un ladro che ruba per vivere, un perdente che anche nell’illegalità è marginale, e per questo suo essere, il primo uso dei suoi nuovi poteri è quello di continuare a rubare. Poi c’è quell’altra cosa. Chi è vissuto sempre ai margini o ha perso tutto, ha paura di avere amici, ha paura di essere buono ed ha paura di amare. Sa che prima o poi, potrebbe essere tradito. Però, se ha dentro qualcosa di autentico, finisce per venire fuori. Nel film, i super poteri del buono e del cattivo non sono la cosa che conta di più. Invece, il film si salva per come racconta le scelte che vengono fatte. E’ quella la storia o le storie che potevano interessarmi e che mi hanno interessato. Preciso che, riferendomi alle modalità delle scelte, non intendo il risultato della scelte, il bene o il male. Quest’ultima è una valutazione etica, importantissima nella vita di ogni uomo, ma che da un punto di vista narrativo o narrativo-cinematografico cede il passo al percorso intrapreso dai personaggi per arrivare al bene o al male.
Ogni film è sinteticamente una storia raccontata con le immagini, il risultato finale di una lunga lavorazione dove intervengono contributi di distinte professionalità, dalla sceneggiatura alla regia, che gli spettatori e i critici, a volte, riescono a valutare separatamente. Tuttavia, l’evidenza che il racconto cinematografico sia caratterizzato da un susseguirsi di immagini non sminuisce l’essenzialità di ogni racconto, la storia che viene raccontata, quella che dalla narrazione per immagini viene ridotta a sintesi con poche parole, il racconto verbale spogliato dalla potenza delle immagini e dei colori, quell’emozione che ci commuove e rimane dentro di noi quando siamo usciti dalla sala cinematografica.
Ribadisco: non mi piace il genere, mi è piaciuta, invece, la storia. Le altre sottigliezze le lascio agli esperti.
Eden artemisio
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robert1948
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martedì 9 agosto 2016
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attori
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Il protagonista di "Birdman" è un attore il cui rammarico è quello di essere stato osannato dalle folle soltanto perché interprete di un supereroe . E allestisce una commedia a Broadway , autofinanziandosi , per dimostrare di essere un vero attore ; a prescindere dalla maschera di "uomo-uccello".
Parimenti in "Youth" di Sorrentino , un avventore della clinica svizzera , nel ruolo di un attore che si accingeva a preparare una parte a venire, vive con frustazione la situazione di essere ricordato dal pubblico soltanto in un film in cui era imprigionato in un involucro da robot.
A Santamaria e Marinelli , interpreti nel film , rispettivamente del supereroe e del antieroe , non potrà mai accadere questo genere di angoscia esistenziale .
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Il protagonista di "Birdman" è un attore il cui rammarico è quello di essere stato osannato dalle folle soltanto perché interprete di un supereroe . E allestisce una commedia a Broadway , autofinanziandosi , per dimostrare di essere un vero attore ; a prescindere dalla maschera di "uomo-uccello".
Parimenti in "Youth" di Sorrentino , un avventore della clinica svizzera , nel ruolo di un attore che si accingeva a preparare una parte a venire, vive con frustazione la situazione di essere ricordato dal pubblico soltanto in un film in cui era imprigionato in un involucro da robot.
A Santamaria e Marinelli , interpreti nel film , rispettivamente del supereroe e del antieroe , non potrà mai accadere questo genere di angoscia esistenziale . Perché fondamentalmente "Lo chiamavano Jeeg Robot" è un film di attori .Grandi attori. Con Luca Marinelli una spanna più su . Ed è questa la vera forza del film . Divertente , avvincente , emozionante ; ed anche poetico nelle parti in cui viene descritto l'amore tra la "sbroccata" , così come definita nel film , ed il suo eroe .
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riccardo tavani
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venerdì 25 novembre 2016
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hashtag: # quando il cinem@fumetto si fa serio
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Favola più che fumetto metropolitano. Favola perché il suo mirabile personaggio centrale è Alessia, una fatina debole e malata psichicamente, ma vera super-eroina nel candore disarmante della sua bellezza e della sua follia. È una cosplay, ossia una di quelle ragazze fissate e vestite con gli abiti di eroi ed eroine da fumetto, che sono diventate un fenomeno sociale e di costume del nostro presente. Figura stupendamente interpretata da Ilenia Pastorelli alla sua prima prova di protagonista cinematografica. A questo luminoso personaggio femminile, dolcemente comico e straziante, fa da contrasto quello di Enzo Ceccotti, interpretato – anche qui magistralmente – da Claudio Santamaria.
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Favola più che fumetto metropolitano. Favola perché il suo mirabile personaggio centrale è Alessia, una fatina debole e malata psichicamente, ma vera super-eroina nel candore disarmante della sua bellezza e della sua follia. È una cosplay, ossia una di quelle ragazze fissate e vestite con gli abiti di eroi ed eroine da fumetto, che sono diventate un fenomeno sociale e di costume del nostro presente. Figura stupendamente interpretata da Ilenia Pastorelli alla sua prima prova di protagonista cinematografica. A questo luminoso personaggio femminile, dolcemente comico e straziante, fa da contrasto quello di Enzo Ceccotti, interpretato – anche qui magistralmente – da Claudio Santamaria. Enzo è un ladruncolo di quella periferia romana che si chiama Tor Bella Monaca, dove il tram dei desideri passa sì, e anche spesso, ma non si ferma mai.
Il terzo personaggio – antagonista di Enzo, di Alessia e di tutta la città – è il super desiderante, eccitato e spietato Zingaro, in un’interpretazione di Luca Marinelli che richiama molto quella di Cesare in Non essere cattivo, il film postumo di Claudio Caligari. Questo triangolo favolistico-fumettistico traccia una toponomastica antropologica urbana altrettanto maledettamente sacra e trina: il Tevere, Tor Bella Monaca, lo Stadio Olimpico. Tre luoghi in si è andata sedimentando la Historia Mitologico-Coatta della Città Eterna.
L’idea di base è che dalle piaghe più purulente della metropoli possa scaturire il bene. Il male odierno del Biondo Tevere, discarica liquida a cielo aperto di ogni rifiuto antropico tossico e virale, da cui può sorgere un dio-eroe bicefalo, oscillante tra l’istinto maligno come sfondo permanente e il richiamo elevato della salvezza, nelle parole squinternate di un ragazza completamente sola e disarmata.
Il carattere cui Santamaria – attraverso un lavoro di sottrazione interpretativa che spoglia quasi di ogni gesto e parola il personaggio – fornisce i tratti fisici e psichici è un tipo patologico sociale molto diffuso, già tra i giovani. Non diffuso, però, nelle sole periferie, ma nel cuore stesso della città intesa come civiltà. Il tipo depresso, che non crede più in niente, che si chiude dentro le pareti disadorne della propria rinuncia, che apre più lo sportello del proprio frigorifero mentale che la porta di casa del cuore. L’indifferenza urbana che si fa carne crocefissa nello squallore della propria edilizia-spazzatura interna, e nella discarica fluviale di yogurt magri alla banana e porno da discount.
A questo ideal-tipo auto inceppato si contrappone quello di chi – favorito dalla spirale strapiombante dell’indifferenza – muove all’assalto della ricchezza, dei beni, della cosa pubblica. Droga, bombe e denaro rimangono però confinate a Tor Bella. Serve il salto verso il centro. La politica è solo la continuazione della spoliazione con altri mezzi. Più la folle fatina cosplay secerne bene, fiducia e fascino suadente dalla scorza dura e amara di Enzo-Jeeg Robot, più la città scuote dai suoi sotterranei oscuri le sue forze letali.
D'altronde il regista Gabriele Mainetti e lo sceneggiatore Nicola Guaglianone avevano già giocato a cinema e fumetti con due cortometraggi Tiger Boy (ispirato all’Uomo Tigre) e Basette, con Valerio Mastandrea, Marco Giallini e Luisa Ranieri. In Lo chiamavano Jeeg Robot il libero gioco d’inizio è arrivato a maturazione, mostrandosi felicemente serio. Hashtag: #quandoiragazzigiocanoseriamente.
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shingo tamai
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mercoledì 7 dicembre 2016
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quando il domani verrà il tuo domani sarà
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Faccio i miei più sinceri complimenti a Mainetti per una delle pellicole più originali e coraggiose degli ultimi anni.
Hiroshi Shiba non era in realtà un supereroe classico,tuttavia con l'ausilio dei componenti riusciva a trasformarsi in uno dei robot più forti di sempre in un Manga che è rimasto leggenda.
Qui il componente che rende Enzo Ceccotti invincibile sarà l'amore di una fanciulla ingenua e sincera ogni oltre limite.
La sceneggiatura,e qui mi ripeto, è originale anche se a tratti non convince pienamente.
Il problema,se così lo vogliamo chiamare,è la presenza dell'antieroe di turno che ben presto si rivelerà un Joker dei poveri.
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Faccio i miei più sinceri complimenti a Mainetti per una delle pellicole più originali e coraggiose degli ultimi anni.
Hiroshi Shiba non era in realtà un supereroe classico,tuttavia con l'ausilio dei componenti riusciva a trasformarsi in uno dei robot più forti di sempre in un Manga che è rimasto leggenda.
Qui il componente che rende Enzo Ceccotti invincibile sarà l'amore di una fanciulla ingenua e sincera ogni oltre limite.
La sceneggiatura,e qui mi ripeto, è originale anche se a tratti non convince pienamente.
Il problema,se così lo vogliamo chiamare,è la presenza dell'antieroe di turno che ben presto si rivelerà un Joker dei poveri.
Non ne discuto presenza scenica e bravura,tuttavia il protagonista principale è già di per sé un personaggio ambiguo e combattuto che non appena scopre i suoi poteri li usa fondamentale per rubare,cosa che già faceva prima della sua "seconda vita".
Si finisce così per creare un calderone di violenza da microcriminalità organizzata che si avvicina a "Gomorra" ma solo nella parte surreale.
Nel finale un raggio di sole comincerà a illuminare la coscienza del nostro Enzuccio ma solo dopo che avrà perso l'unica cosa a cui teneva veramente.
Gli ultimi venti minuti riescono dunque a regalarci il riscatto sociale tanto atteso,forse tardivo,ma comprensivo di aiuto a tutta la gente dell"umanità,proprio come decantato nella mitica colonna sonora.
Ottime tutte le interpretazioni, la maschera finale è semplicemente stupenda.
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estasimistica
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mercoledì 19 aprile 2017
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jeeg, non è un film per bambini
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Film abbastanza piacevole e scorrevole. Tutte cose già viste ma è buono l'adattamento degli stereotipi alla borgata romana. La sceneggiatura si svela più lentamente nelle parti iniziale e finale. Nonostante qualche scena risulti inverosimile chiudiamo un occhio anzi no, dobbiamo godere appieno della bella fotografia e del montaggio. Gli attori principali sono bravi e calati nei personaggi/ambienti in cui vivono. Bella la scelta delle musiche che danno un tocco retrò quasi stonato.
Come altri commenti, vorrei ribadire ai genitori che scegliessero di vederlo coi figli di ponderare la scelta a causa di scene forse un poco sopra le righe
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phoenix000
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giovedì 3 marzo 2016
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il miglior film italiano degli ultimi 20 anni
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Il coraggio di seguire una strada nuova, imparando dai percorsi seguiti dai più grandi del 'genere' ma senza ricalcarli in carta carbone. "Lo chiamavano Jeeg Robot" è una ventata di aria fresca nel panorama cinematografico italiano, impantanato da decenni nella commediola dei cinepanettoni e degli Zalone o nel cinema d'autore più di nome che di fatto. Qualcuno può vedervi uno Spiderman di Tor Bella Monaca, la borgata romana in cui è ambientato, un mix tra Pulp Fiction, Romanzo Criminale ed un film Marvel. In ogni caso è qualcosa che prima non si era mai tentato di realizzare, almeno in Italia. Attori davvero in stato di grazia, con Santamaria, Marinelli e Pastorelli, davvero da applausi. La visione nella sala cinematografica esalta al meglio lo stupendo audio del film.
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Il coraggio di seguire una strada nuova, imparando dai percorsi seguiti dai più grandi del 'genere' ma senza ricalcarli in carta carbone. "Lo chiamavano Jeeg Robot" è una ventata di aria fresca nel panorama cinematografico italiano, impantanato da decenni nella commediola dei cinepanettoni e degli Zalone o nel cinema d'autore più di nome che di fatto. Qualcuno può vedervi uno Spiderman di Tor Bella Monaca, la borgata romana in cui è ambientato, un mix tra Pulp Fiction, Romanzo Criminale ed un film Marvel. In ogni caso è qualcosa che prima non si era mai tentato di realizzare, almeno in Italia. Attori davvero in stato di grazia, con Santamaria, Marinelli e Pastorelli, davvero da applausi. La visione nella sala cinematografica esalta al meglio lo stupendo audio del film. La colonna sonora che ammicca agli anni '80, è la chicca in più. Meravigliosa, infine, la versione di Claudio Santamaria della sigla di "Jeeg Robot d'acciaio"; per gustarla bisognerà attendere metà dei titoli di coda. Non abbandonate la sala troppo in fretta quindi....
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[+] 5 stelle??????????????????????
(di ggbike)
[ - ] 5 stelle??????????????????????
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(di phoenix000)
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vanessa zarastro
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martedì 21 marzo 2017
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“accattone kid”
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Lo chiamavano Jeeg Robot è un film tra realismo e fantascienza. Da un lato, eredita tutta la tradizione del neorealismo portando sullo schermo la realtà della periferia romana fatta di ladruncoli, di piccoli boss, di sfruttatori di bambini, di spacciatori, di malavita in genere.
Così come fa, a suo modo, la serie Romanzo Criminale di Stefano Sollima (lì è la banda della Magliana), o come facevano i ragazzi di borgata nei film di Pier Paolo Pasolini (l’indimenticabile Accattone).
La tematica del super-eroe (Nembo Kid o Batman che sia) è di impianto classico e piuttosto convenzionale, anche se qui è talmente caricata che viene il dubbio che sia portata volontariamente sotto forma grottesca.
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Lo chiamavano Jeeg Robot è un film tra realismo e fantascienza. Da un lato, eredita tutta la tradizione del neorealismo portando sullo schermo la realtà della periferia romana fatta di ladruncoli, di piccoli boss, di sfruttatori di bambini, di spacciatori, di malavita in genere.
Così come fa, a suo modo, la serie Romanzo Criminale di Stefano Sollima (lì è la banda della Magliana), o come facevano i ragazzi di borgata nei film di Pier Paolo Pasolini (l’indimenticabile Accattone).
La tematica del super-eroe (Nembo Kid o Batman che sia) è di impianto classico e piuttosto convenzionale, anche se qui è talmente caricata che viene il dubbio che sia portata volontariamente sotto forma grottesca.
Sia Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria) sia, più tardi, Fabio Canizzaro detto lo Zingaro (Luca Marinelli) acquistano dei superpoteri cadendo in bidoni di materiale radioattivo nel Tevere. Diventano radioattivi.
Il cattivo e il buono, anzi il cattivissimo e il gigante buono che si innamora di Alessia, una ragazza un po’ strana rimasta orfana.
La città è vista come periferia profonda – le torri di Tor Bella Monaca – gli arei bassi probabilmente di Campino, il Gran Raccordo Anulare, il fiume – oppure il luogo collettivo dello stadio Olimpico dove si gioca il Derby della Capitale. Quello è una sorta di nuovo centro: la solitudine o la folla sono le situazioni urbane.
Lo spettatore vive il film come un videogame. Purtroppo però c’è tanta violenza gratuita che, personalmente, reputo dannosa. Mainetti ha proprio il compiacimento nel mostrare il dettaglio raccapricciante.
Lo chiamavano Jeeg Robot è stato particolarmente osannato dalla critica italiana e superpremiato. Gli attori sono sicuramente bravi anche se per me sono tutti un po’ sopra le righe, specialmente quel Luca Marinelli che tanto è piaciuto, infatti, ha vinto un David di Donatello per il miglior attore non protagonista.
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