Lo chiamavano Jeeg Robot |
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Un film di Gabriele Mainetti.
Con Claudio Santamaria, Luca Marinelli, Ilenia Pastorelli, Stefano Ambrogi.
continua»
Azione,
Ratings: Kids+13,
durata 112 min.
- Italia 2015.
- Lucky Red
uscita giovedì 25 febbraio 2016.
MYMONETRO
Lo chiamavano Jeeg Robot
valutazione media:
3,52
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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un eroe che conosciamodi eden artemisioFeedback: 1420 | altri commenti e recensioni di eden artemisio |
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giovedì 10 marzo 2016 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Mi sono domandato se “Lo chiamavano Jeeg robot” possieda una storia che vale la pena raccontare o, se invece il personaggio del supereroe sia soltanto un’inopportuna trasposizione cinematografica di un fumetto che, in tal modo, svilisce anche l’autonomo valore del linguaggio fumettistico. Devo ammettere che il genere non è di quelli che soddisfano il mio palato, ma essendo io onnivoro e apprezzando il regista e gli attori che ho già avuto modo di conoscere in altri loro lavori, ero curioso di vedere questa loro prova. Il risultato è che non sono riuscito ad essere coinvolto dal genere, però ho visto una storia o forse più storie che ho trovato interessanti. E cercando io sempre le storie, proprio per questo, il film nel suo insieme non mi è dispiaciuto e mi ha dato la possibilità di vagare con la mia mente nei mondi dei protagonisti, il supereroe (Santamaria) e il supercattivo (Marinelli), e dei personaggi secondari. Quei personaggi noi li riconosciamo non soltanto per la loro radice ambientale, italiana, romana, di borgata, ma per la credibilità di come pensano e si muovono. Il protagonista è un uomo comune, con caratteristiche personali legate ad un particolare contesto sociale, che improvvisamente e incomprensibilmente scopre di avere poteri che gli consentono di agire in modo straordinario. Enzo è un ladro che ruba per vivere, un perdente che anche nell’illegalità è marginale, e per questo suo essere, il primo uso dei suoi nuovi poteri è quello di continuare a rubare. Poi c’è quell’altra cosa. Chi è vissuto sempre ai margini o ha perso tutto, ha paura di avere amici, ha paura di essere buono ed ha paura di amare. Sa che prima o poi, potrebbe essere tradito. Però, se ha dentro qualcosa di autentico, finisce per venire fuori. Nel film, i super poteri del buono e del cattivo non sono la cosa che conta di più. Invece, il film si salva per come racconta le scelte che vengono fatte. E’ quella la storia o le storie che potevano interessarmi e che mi hanno interessato. Preciso che, riferendomi alle modalità delle scelte, non intendo il risultato della scelte, il bene o il male. Quest’ultima è una valutazione etica, importantissima nella vita di ogni uomo, ma che da un punto di vista narrativo o narrativo-cinematografico cede il passo al percorso intrapreso dai personaggi per arrivare al bene o al male. Ogni film è sinteticamente una storia raccontata con le immagini, il risultato finale di una lunga lavorazione dove intervengono contributi di distinte professionalità, dalla sceneggiatura alla regia, che gli spettatori e i critici, a volte, riescono a valutare separatamente. Tuttavia, l’evidenza che il racconto cinematografico sia caratterizzato da un susseguirsi di immagini non sminuisce l’essenzialità di ogni racconto, la storia che viene raccontata, quella che dalla narrazione per immagini viene ridotta a sintesi con poche parole, il racconto verbale spogliato dalla potenza delle immagini e dei colori, quell’emozione che ci commuove e rimane dentro di noi quando siamo usciti dalla sala cinematografica. Ribadisco: non mi piace il genere, mi è piaciuta, invece, la storia. Le altre sottigliezze le lascio agli esperti. Eden artemisio
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