Anno | 2014 |
Genere | Documentario, Biografico |
Produzione | USA |
Durata | 90 minuti |
Regia di | Jose Antonio Vargas, Ann Lupo |
Attori | Emelie Salinas, Leonila Salinas, Jose Antonio Vargas . |
MYmonetro | 3,07 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 25 settembre 2014
Jose Antonio Vargas è un giornalista, vincitore del premio Pulitzer. Al vertice della carriera ha rivelato di essere un immigrato irregolare negli Stati Uniti.
CONSIGLIATO SÌ
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Jose Antonio Vargas è nato nelle Filippine nel 1981 e risiede negli USA dal 1993, quando i nonni lo portarono con sé in California, emigrando legalmente. Solo a 16 anni capisce che i suoi documenti non sono validi. Da quel momento vive nella paura di essere scoperto, s'impegna tenacemente negli studi e diventa un giornalista di successo, lavorando per testate eccellenti e conquistando un Pulitzer. Finché nel 2011, oppresso dal peso di questo segreto, decide di autodenunciarsi come undocumented, persona non in possesso di documenti validi. Il termine non è casuale: Jose rifiuta l'etichetta di illegal immigrant, immigrato illegale, perché, come altri 11 milioni circa di persone nel Paese, paga le tasse e contribuisce all'economia nazionale, senza però poter "esistere" e partecipare democraticamente alla vita politica. Lancia la campagna Define American e associandosi alla causa del gruppo Dream Act, che come lui chiede diritto di cittadinanza, porta il proprio caso di fronte al governo, chiedendo di definire cosa significhi essere "americano". Tiene conferenze in scuole e università, scrive articoli, finisce sulla cover di "Time" e si pone al centro di questo "one man doc", filmando in diretta la propria odissea. Cercando il dialogo, con atteggiamento aperto, anche con gli ultraconservatori.
Tema del film è la mancanza di certificazione, accompagnata da una legittima, a tratti nevrotica, ansia di visibilità, e dalla frustrazione di appartenere a una quota di persone discriminate. Non stupisce quindi che la preoccupazione prevalente sia comprovare tutto, a tratti anche in modo didascalico: ogni parola, immagine, dichiarazione, registrazione audio e video deve essere prova e testimonianza inoppugnabile. Non secondario il tema omosessuale: una delle svolte narrative di Documented è la doppia discriminazione e invisibilità di Jose, che peraltro emerge proprio grazie a The Times of Harvey Milk di Rob Epstein (1984). Una mise en abîme che cita e omaggia il potenziale politico culturale del genere documentaristico. Iperconnesso per deformazione professionale, Vargas affida i momenti emotivamente più caldi del film al telefono, a Skype (tramite cui chiama la madre, che non vede da circa 20 anni) e a Facebook, che riveste un ruolo paradossale nel rapporto tra madre e figlio, diversamente disposti nell'attesa della ricongiunzione.
Originale intersezione d'inchiesta giornalistica e melodramma (le relazioni private di Jose e tutta la parte filippina) Documented rivela una pagina scottante dell'era Obama, urla a gran voce una richiesta non più rinviabile e l'inadeguatezza di un sistema da riscrivere, che scambia la burocrazia con la legalità. Con un accento non trascurabile sulle implicazioni psicologiche e relazionali del vivere da cittadino "privilegiato" ma senza documenti.