Anno | 2010 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 100 minuti |
Regia di | Gianluca De Serio, Massimiliano De Serio |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 6 febbraio 2015
CONSIGLIATO SÌ
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Strade di Ouagadoudou, Burkina Faso, giorni nostri. Moltissimi senza tetto, giovanissimi, sopravvivono come possono. Riuniti in una sorta di associazione non ufficiale che si sforza ogni giorno di far emergere i problemi comuni e di risolverli, cercano un'uscita da un destino di miseria e abusi. Omar, 16 anni, vuole smettere di vivere per strada e non finire più nelle retate della polizia, magari trovando lavoro come apprendista meccanico. Tasserè solleva in un momento collettivo il problema dei pedofili che si approfittano dei ragazzi senza casa, e spinge tutti a denunciarli alle autorità. Housmane chiede l'aiuto degli altri perché vorrebbe rivedere il padre malato, prima che muoia. Aziz, 14 anni, scappato di casa per le percosse dei familiari, da due anni vive in strada insieme ad altri coetanei avvezzi alle violenze sessuali degli adulti e a sniffare colla. Jasmine ha appena avuto un figlio ma non sa come nutrirlo, confida nella generosità degli altri. Alì dice di aver smesso di fumare e di volersi trovare un mestiere; la signora che gestisce la sartoria dove viene portato a impararlo, lo sprona a impegnarsi per costruirsi un futuro. Alex e Budu vorrebbero fare musica ma in Burkina Faso è impossibile, quindi si accontentano di una tanica come percussione. La radio diffonde messaggi di speranza per la gioventù dimenticata del Paese. La giornata è finita ma forse una storia d'amore sta per iniziare.
In lingua more, parlata in Burkina Faso e in altri stati africani, bakroman significa "ragazzi di strada" e il titolo mantiene quello che promette: la macchina da presa dei torinesi De Serio, classe 1978 (Sette opere di misericordia) è fissa su di loro, sulle loro risposte schiette e durissime ai questionari di chi cerca di registrare le loro necessità. Sono dialoghi drammatici, ripresi in continuità, senza abbellimenti né commento musicale (se non quello interno alla scena) né montaggio ad effetto. Nessun artificio, la messa in scena è scarna tanto quanto la realtà ripresa. Nessun intervento esterno se non le didascalie per dare un nome e un luogo di provenienza alle persone ritratte. L'unica eccezione che il film si dà è nell'inquadratura finale, con la macchina appoggiata a terra a catturare una strada capovolta: segno di un mondo in cui i diritti sono rovesciati o forse, anche, soggettiva di qualcuno che si sta coricando per l'ennesima notte a bordo strada.
Vincitore del Concorso Italiana Doc al Torino Film Festival nel 2010, Bakroman registra con secchezza e lucidità, senza commenti né giudizi, una realtà devastata e difficilmente raggiungibile, che rifiuta il canonico aiuto del mondo occidentale (e il suo sguardo paternalistico) e coltiva un ammirevole afflato al cambiamento.