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sabato 27 febbraio 2010
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un giusto omaggio, ma non un film sorprendente.
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Invictus appartiene ad un genere molto apprezzato nell’ultimo ventennio, che è “il film molto classico di Clint Eastwood”. Caratteristiche dei film appartenenti al genere sono: essere diretti da un regista che si professa conservatore, ma trattare soggetti “progressisti”; avere una fotografia pietrosa, come se lo spettatore vedesse tutto attraverso occhi stanchi, ma sapienti, ma anche un po’ colpevoli; avvalersi di attori protagonisti che, entusiasti di poter lavorare nel film molto classico di Clint Eastwood, danno il loro meglio nell’impersonare dei caterpillar della consapevolezza; infine, una colonna sonora solo strumentale, un po’ malinconica e ripetitiva, che tace nei momenti clou e riprende subito dopo l’acme, come a dire, sì, è vero, è successo qualcosa di grosso, ma per me è normale e me ne sono appena accorta, perché sono la colonna sonora di un film di Clint Eastwood.
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Invictus appartiene ad un genere molto apprezzato nell’ultimo ventennio, che è “il film molto classico di Clint Eastwood”. Caratteristiche dei film appartenenti al genere sono: essere diretti da un regista che si professa conservatore, ma trattare soggetti “progressisti”; avere una fotografia pietrosa, come se lo spettatore vedesse tutto attraverso occhi stanchi, ma sapienti, ma anche un po’ colpevoli; avvalersi di attori protagonisti che, entusiasti di poter lavorare nel film molto classico di Clint Eastwood, danno il loro meglio nell’impersonare dei caterpillar della consapevolezza; infine, una colonna sonora solo strumentale, un po’ malinconica e ripetitiva, che tace nei momenti clou e riprende subito dopo l’acme, come a dire, sì, è vero, è successo qualcosa di grosso, ma per me è normale e me ne sono appena accorta, perché sono la colonna sonora di un film di Clint Eastwood. Probabilmente scritta, almeno in parte, dallo stesso Eastwood.
Ecco, la colonna sonora in questo caso non m’è parsa delle più memorabili, con l’”Invictus Theme” che suona come una rivisitazione non particolarmente brillante di “'O Sole Mio”. Per il resto, il film racconta senza uno sbaffo la bella storia di Mandela presidente neoeletto del Sudafrica, che dà prova del suo genio politico nel trattare la nazionale bianca di rugby degli Springboks, in odio a tutti quelli che Mandela l’hanno votato. Nel fare della squadra un simbolo e uno strumento per un nuovo corso, invece di scioglierla, Mandela dimostra come un ragionamento puramente utilitaristico possa essere alla base di una scelta eticamente e umanamente inarrivabile, per l'istinto e il livello morale medio.
Il film scorre fluido e senza intoppi, parabola su un uomo che, dopo aver passato l’inferno, è già diventato un simbolo e un illuminato (e, in quanto tale, trova la sua naturale incarnazione in Morgan Freeman, onnisciente per definizione). Eppure, come per altri film molto classici di Clint Eastwood, quando si parlerà di Invictus come dell’ennesimo splendido capolavoro, io me ne starò un po’ in disparte, ripensando ad un film ben costruito, ammirevole nel tema e nel messaggio (anche se non privo di qualche momento di retorica facile, come nella scena del bambino nero portato in trionfo dai due poliziotti bianchi), eppure inaspettatamente volatile, incapace di dare alla figura di Mandela una consistenza più concreta di quella radicata nell’immaginario comune, presentandosi più come un omaggio che come un’opera che abbia davvero la forza (e la volontà) di misurarsi con uomini e tempi tanto importanti e complessi. slowfilm.splinder.com
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(di renzo1982)
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(di jimi caos)
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freddie mercury
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sabato 27 febbraio 2010
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che bellezza clint!!!
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Dico solo questo....Che bellezza...lineare,semplice,avvincente,e sopratutto veritiero!!!da vedere assolutamente!!!
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magi88
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sabato 27 febbraio 2010
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fatastico
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Ho trovato questo film veramente ECCELLENTE...La parte storico-politica e quella relativa al rugny è ben proporzionata.
Ecco finalmente un film su un uomo (Mandela) che ha realmente cambiato la storia di un popolo; semplicemente un grandissimo uomo.Inoltre le recitazioni di Matt Damon e di Morgan Freeman sono memorabili. Ancora una dimostrazione della bravura di Clint Eastwood.
Film assolutamente straconsigliato.
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ace87
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sabato 27 febbraio 2010
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il potere dello sport
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Sembrava che il percorso del Cinema di Clint Eastwood, con Gran Torino avesse toccato il culmine dei messaggi che l’ottantenne californiano, attraverso il suo stile, aveva a cuore di lanciare. Dopo gli ultimi tristi quadri della realtà contemporanea, questa volta sembra voler donarci la luce. E lo fa tramutando in lungometraggio gli anni più significativi di uno dei leader nazionali più quotati, più acclamati, e più amati in generale, da sempre. Nelson Mandela, dopo 27 anni di duro carcere, viene eletto presidente del Sud Africa, suo amato ed onorato suolo natio, ricolmo di piaghe e lacerazioni interne.
Da un romanzo ne trae spunto. Dalla stessa realtà storica, ne trae ispirazione.
E’ infatti alle soglie l’anno in cui il paese ospiterà per la prima volta la coppa del mondo di Rugby, sport nazionale.
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Sembrava che il percorso del Cinema di Clint Eastwood, con Gran Torino avesse toccato il culmine dei messaggi che l’ottantenne californiano, attraverso il suo stile, aveva a cuore di lanciare. Dopo gli ultimi tristi quadri della realtà contemporanea, questa volta sembra voler donarci la luce. E lo fa tramutando in lungometraggio gli anni più significativi di uno dei leader nazionali più quotati, più acclamati, e più amati in generale, da sempre. Nelson Mandela, dopo 27 anni di duro carcere, viene eletto presidente del Sud Africa, suo amato ed onorato suolo natio, ricolmo di piaghe e lacerazioni interne.
Da un romanzo ne trae spunto. Dalla stessa realtà storica, ne trae ispirazione.
E’ infatti alle soglie l’anno in cui il paese ospiterà per la prima volta la coppa del mondo di Rugby, sport nazionale. Evento che ha potuto aver corso grazie proprio all’elezione di Mandela, deciso più che mai a lenire le ferite e le divisioni interne dovute all’apartheid. Prima sull’orlo della guerra civile, ed ora vicino ad un’unione nazionale, due sono le bandiere che identificano lo Stato: quella più “scarna” della divisione, e quella nuova “arcobaleno”. Ma una bandiera, o due che siano, non bastano a fare una Nazione. C’è bisogno di un collante, di un legame, che unisca la popolazione costituita da Afrikaner, bianchi, neri, Inglesi, africani. C’è bisogno che l’odio sia sconfitto. C’è bisogno che Tutti cambino. E per cambiare, lo stesso leader deve mettersi in gioco. “Madiba” contatterà il capitano degli Springbooks F. Pienaar, interpretato da un convincente Matt Damon, ed attraverso la figura più importante del team nazionale, instaurerà una serie di iniziative che culmineranno nella finale di Ellis Park. Già, perché sfavorita dopo le ultime preoccupanti partite, la squadra del biondo Capitano scalerà invece il torneo. Il neo presidente, temprato dagli anni di prigionia, regalerà al suo popolo una nuova identificazione attraverso un mezzo che, veramente, può avere poteri fenomenali. Trarrà spunto dalle parole di un poemetto vittoriano (Invictus), i quali versi, rimbomberanno da Robben Island a Pretoria, per innalzare un Uomo che con il sorriso ha saputo sfondare barriere, ed illuminare i cuori. “Se non potete parlare alle loro menti, parlate ai loro cuori”. Pensare che una palla ovale faccia da tramite, fa sorridere, per l’appunto. E in questo film la Paura, per eventuali cecchini, aerei dirottati o semplici vigliacchi, non trova spazio. In questo film, il Rugby è solo un “calcolo politico e umano”, intrapreso da chi ha fatto del Perdono la propria arma. Solo il Perdono scansa la Paura: questo è l’ultimo passo di Clint, ancor più enorme del penultimo. “Ringrazio qualunque Dio esista, per la mia anima invincibile…”.
Chiudo con un piccolo riferimento: vedendo questo capolavoro di classicismo, non ho potuto non pensare a come ci siamo sentiti, chi più e chi meno, la sera in cui la nazionale italiana di calcio, ha vinto i mondiali 2006 in Germania: pensando a come uno Sport possa smuovere la gente a gioire, festeggiare, cantare e quant’altro, indipendentemente da chi ci si ritrovi accanto, fa riflettere. Fa riflettere pensare che per accorgersene, ci si debba prima convincere.
“Io sono il padrone del mio destino, il capitano dell’anima mia”.
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[+] ottima recensione
(di davide allegra)
[ - ] ottima recensione
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the_end
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sabato 27 febbraio 2010
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sport, cultura e speranza.
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Può un evento sportivo unire quarantatre milioni di persone? Può far accantonare le ingiustizie del passato, i problemi, l’odio? Può una grande vittoria costituire un momento di aggregazione e di gioia comune, di patriottismo? La risposta, noi italiani, dovremmo conoscerla bene: non siamo abituati ad essere uniti. Mai. Forse è per questo che film sportivi (e non solo) con un messaggio etico e con una profondità simile sono lungi dall’essere prodotti, oggi, in Italia (cfr. programmazione). Qui da noi si discute e si dibatte sempre, che si tratti di San Remo, della squadra del cuore, della serata da trascorrere o del ristorante in cui andare a mangiare; discutere è diventato quasi un fatto automatico: il punto di vista dell’altro è solo uno dei tanti da contraddire e la politica nel nostro Paese non certo si esime da tale assunto.
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Può un evento sportivo unire quarantatre milioni di persone? Può far accantonare le ingiustizie del passato, i problemi, l’odio? Può una grande vittoria costituire un momento di aggregazione e di gioia comune, di patriottismo? La risposta, noi italiani, dovremmo conoscerla bene: non siamo abituati ad essere uniti. Mai. Forse è per questo che film sportivi (e non solo) con un messaggio etico e con una profondità simile sono lungi dall’essere prodotti, oggi, in Italia (cfr. programmazione). Qui da noi si discute e si dibatte sempre, che si tratti di San Remo, della squadra del cuore, della serata da trascorrere o del ristorante in cui andare a mangiare; discutere è diventato quasi un fatto automatico: il punto di vista dell’altro è solo uno dei tanti da contraddire e la politica nel nostro Paese non certo si esime da tale assunto. C’è un solo momento che tiene uniti tutti, amici e nemici, padri e figli, ignoranti e geni, sinistra e destra: la partita della Nazionale Italiana di Calcio. Dunque, in un Paese come il nostro così come in Sud Africa, lo sport è simbolo di aggregazione ed un presidente sensibile, intelligente e carismatico (anche troppo nel film) come Nelson Mandela/Morgan Freeman (meritatamente candidato all’Oscar) ne capisce l’importanza e sostiene l’impresa.
Vinceranno la finale a Johannesburg? Mentre l’esito della linea spettacolarizzante (che match la finale!) del film appare scontato – perché legato ai fatti realmente accaduti nella Coppa del Mondo di rugby del 1995 –, vi sono utili iniezioni di ricordo (o di insegnamento) di ciò che fu in Africa fino a vent’anni fa l’apartheid e di come fosse la società in cui Mandela venne eletto Presidente. Un film più complesso, riflessivo, didattico di, ad esempio, “Il sapore della vittoria”: pochi colpi di scena ma tanta emozione in un film scorrevole, gradevole e soprattutto capace di regalare momenti di gioioso e genuino benessere e di benvenuta speranza.
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intothewild4ever
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sabato 27 febbraio 2010
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invictus clint
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Clint è sempre una garanzia. Anche se stavolta qualche piccolo abbandono alla retorica c'è stato, il suo stile asciutto di chi va sempre dritto al punto non è mancato. Per la prima volta Clint si abbandona a scene d'effetto, girando lunghe sequenze di rugby in mezzo al campo, quasi in simbiosi con i giocatori e con gli spalti gremiti di comparse. Morgan Freeman è il solito leone dello schermo, carisma allo stato puro, Matt Damon invece fa il compitino e non scalda mai. Bella la scena della visita della squadra di Rugby alle carceri di Mandela e la poesia che da il nome al film, così come è splendida la frase conclusiva del film. Registi di tutto il mondo, Clint ormai ha 80 anni.
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Clint è sempre una garanzia. Anche se stavolta qualche piccolo abbandono alla retorica c'è stato, il suo stile asciutto di chi va sempre dritto al punto non è mancato. Per la prima volta Clint si abbandona a scene d'effetto, girando lunghe sequenze di rugby in mezzo al campo, quasi in simbiosi con i giocatori e con gli spalti gremiti di comparse. Morgan Freeman è il solito leone dello schermo, carisma allo stato puro, Matt Damon invece fa il compitino e non scalda mai. Bella la scena della visita della squadra di Rugby alle carceri di Mandela e la poesia che da il nome al film, così come è splendida la frase conclusiva del film. Registi di tutto il mondo, Clint ormai ha 80 anni... e anche se gliene auguro altrettanti... sbrigatevi ad imparare dal maestro.
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exult
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sabato 27 febbraio 2010
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giù la testa
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Davvero tanto di cappello a Clint Eastwood che da regista é decisamente più poliedrico,bravo e intelligente del buon attore che fu.
Million dollar baby,Gran Torino ed adesso questo lavoro che attraverso un torneo, seppur importante di rugby, ci racconta la storia difficile di un amalgama di razze ,idee, religioni e sentimenti a cui nessuno, salvo pochi, avrebbero mai creduto.
E queste lunghe sequenze di partite di rugby ,che talvolta possono annoiare,sono avvicinamenti ad processo di "working in progress" di una della democrazie più difficili al mondo dopo quella indiana.
Un omaggio evidente al simbolo più grande che la politica abbia espresso nel 20 secolo.Morgan Freeman si muove con la consueta stoffa e carisma rendendo ancor più credibile il personaggio.
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Davvero tanto di cappello a Clint Eastwood che da regista é decisamente più poliedrico,bravo e intelligente del buon attore che fu.
Million dollar baby,Gran Torino ed adesso questo lavoro che attraverso un torneo, seppur importante di rugby, ci racconta la storia difficile di un amalgama di razze ,idee, religioni e sentimenti a cui nessuno, salvo pochi, avrebbero mai creduto.
E queste lunghe sequenze di partite di rugby ,che talvolta possono annoiare,sono avvicinamenti ad processo di "working in progress" di una della democrazie più difficili al mondo dopo quella indiana.
Un omaggio evidente al simbolo più grande che la politica abbia espresso nel 20 secolo.Morgan Freeman si muove con la consueta stoffa e carisma rendendo ancor più credibile il personaggio.Matt Demon fa del suo meglio in un ruolo che forse non é tarato per le sue corde.
Ma è la simbologia ,la sinergia tra gioco,razzismo e desiderio di patria che mettono l'accento sulle diversità ,le differenze del comune sentire tra popolo nero e bianco.
Il rugby diviene così l'elemento trainante di un processo di sublimazione della storia dell'apartheid ed un comune denominatore attraverso questi campionati del mondo che riescono a far superare anni di segregazione.
Il regista mette più volte in evidenza come un semplice gioco possa, se sapientemente gestito, divenire strategia politica.
Per una volta non si assiste al cinico spot al quale siamo storicamente ed ancor oggi abituati noi italiani del "Panem et circensis" concesso ai sudditi dal potente di turno per rendere il popolo sempre più idiota.
Ma all'effetto opposto .L'uso del gioco al fine di modellare un 'unità d'intenti prima inesistente. E' sinceramente un piacere lasciarsi trasportare in questo gioco.Un film che si lascia vedere e che lascia un piacevole gusto di freschezza e poesia in bocca.
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melania
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venerdì 26 febbraio 2010
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noioso
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Il film "invictus"è ,a mio parere,inferiore rispetto alla precedente produzione di Eastwood.Monotematico,il rugby occupa tutte le sequenze del film,fino alla noia.non l'ho trovato gradevole.
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fabrizio cirnigliaro
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venerdì 26 febbraio 2010
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mandela,esisteva già prima delle feste di bono vox
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Mandela ha utilizzato il rugby per raggiungere uno scopo politico e per far ciò ha dovuto prendere delle decisioni impopolari. Impedendo di cambiare nome agli Springboks, ha messo a rischio anche la sua leadership politica.
“Se il popolo in questo momento sbaglia, è dovere del leader dimostrare che hanno torto”
Oltretutto, a causa dell’ embargo internazionale, la nazionale di rugby sudafricana non aveva disputato per quasi trent’anni tornei internazionali. Le chance di una loro vittoria finale erano davvero pochissime.
Invictus è un omaggio ad un uomo, ad uno sport, ad una nazione.
Il film è sostanzialmente diviso in 2 parti.
La prima è la parte più politica, la seconda quella sportiva.
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Mandela ha utilizzato il rugby per raggiungere uno scopo politico e per far ciò ha dovuto prendere delle decisioni impopolari. Impedendo di cambiare nome agli Springboks, ha messo a rischio anche la sua leadership politica.
“Se il popolo in questo momento sbaglia, è dovere del leader dimostrare che hanno torto”
Oltretutto, a causa dell’ embargo internazionale, la nazionale di rugby sudafricana non aveva disputato per quasi trent’anni tornei internazionali. Le chance di una loro vittoria finale erano davvero pochissime.
Invictus è un omaggio ad un uomo, ad uno sport, ad una nazione.
Il film è sostanzialmente diviso in 2 parti.
La prima è la parte più politica, la seconda quella sportiva.
Per un regista americano non era certamente un compito facile realizzare una pellicola incentrata in parte su un mondiale di rugby, anche se come ha detto lo stesso regista “ Invictus non è un film di sport più di quanto Million Dollar Baby fosse un film di pugilato.”
Clint Eastwood, che ha già girato nove film nel nuovo millennio, non ha lasciato niente al caso, tutto è stato curato nei minimi particolari, dalla danza Haka con cui gli All Blacks lanciano la sfida agli avversari prima dell’incontro, al fisico visivamente ingrossato e muscoloso di Matt Damon.
L’interpretazione di Morgan Freeman poi è superba.
Che lo sport possa essere un ottimo vettore per raggiungere degli scopi politici non è certamente una scoperta di Mandela, basti pensare alla la Germania, che si è davvero unificata solo dopo la vittoria ai mondiali di Italia 90, non con il crollo del muro.
Alcuni gesti e alcuni avvenimenti sono simbolici. Il difficile viene dopo, ancora peggio se hai tutto il mondo che ti guarda. Spesso si sente dire che la famiglia del mulino bianco non esiste, che si tratta solo di una trovata pubblicitaria.
In Invictus non c’è del falso buonismo, eppure il film potrebbe sembrare uno spot dei Ringo boys.
Purtroppo il fenomeno del razzismo non è scomparso insieme all’Apartheid.
Si è solo spostato, complice la globalizzazione, e troppo spesso capita che lo sport dia dei cattivi esempi.
L’Italia sarà una delle poche nazionali europee che parteciperà ai prossimi mondiali di calcio del Sud Africa a non avere nella propria rosa un giocatore di colore. Balotelli merita quella maglia, e in ogni caso sarebbe un gesto importante, che forse farebbe riflettere coloro che la domenica negli stadi cantano che “non ci sono italiani di colore”
Non serve essere Mandela per capire certe cose, basterebbe guardare al di là del proprio _naso.
Mandela diceva spesso
“Bisogna conoscere il proprio nemico, prima di prevalere su esso”.
A vincere non sono stati solo gli Springboks sul campo, ma tutto l’Ellis Park (Adesso si chiama Coca-Cola Park), tutto il Sud Africa, finalmente unito, sotto un’unica bandiera, indistintamente dal colore della pelle, dalle disparità socioeconomiche.
Un popolo per la prima volta compatto, solido. Forte come la mischia di una squadra di rugby, in cui il più forte sorregge il più debole, perché si resta in piedi o si crolla tutti insieme. Non a caso si dice che mentre il calcio è uno sport da gentiluomini giocato da teppisti, il rugby è un gioco da teppisti giocato da gentiluomini.
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n1tr0
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venerdì 26 febbraio 2010
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non tutte le ciambelle possono riuscire col buco
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l'ho trovato lungo e forse un pò troppo pieno di retorica,la prima parte stenta a decollare.Matt Demon purtroppo non ha 25 anni e neanke li dimostra e i tentativi di ringiovanirlo con tanto trucco non sono riusciti nell'intento.La seconda parte ke riguarda il rugby è girata male,il rugby è ben altra cosa e Eastwood probabilmente non si intende di rugby.Tanti bei sentimenti ma film non all'altezza dei suoi precedenti capolavori.Cmq ci sta,non tutte le ciambelle riescono col buco
[+] riguardo al rugby.
(di exzweifelmensch)
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