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sabato 9 aprile 2022
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film decisamente di spessore culturale ma anche monotono
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Il film come appunto menziono dal titolo, e ben interpretato da un attempato Morgan Freeman ancora in grande spolvero, nelle vesti del presidente dello stato del Sudafrica, leader della discriminazione razziale (apartheid) ma purtroppo tende a conciliare il sonno, nonostante ci sia la presenza di un giovane atletico Matt Damon, qui capitano di una squadra d'oltreoceano di rugby (Springboks) che trova nello stato della Apartheid dei valorosi abbronzatissimi colleghi dello sport medesimo.
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belliteam
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venerdì 13 agosto 2021
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sport e apartheid
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"Noi siamo molto piu' di una squadra di Rugby": cosi' il Capitano della squadra degli Springboks (la nazionale del Sud Africa) si rivolge agli altri giocatori, perche' Invictus, il film di Clint Eastwood, e' un continuo intreccio tra sport e politica, che in Sud Africa, con l'elezione di Mandela dopo 27 anni di prigionia significa fine dell'apartheid ed integrazione tra la popolazione "bianca" e "nera".
Il film segue tutta la word cup di Rugby del 1995, organizzata in Sud Africa, e rappresenta x Mandela (interpretato dal sempre magnifico Morgan Freeman) come un'occasione di rivalsa e integrazione.
Non e' una pellicola esente da pecche: molta retorica, un finale troppo lento (l'epilogo della world cup con gli all blacks), con il solito problema che suscitano alla fine i film sullo sport, ovvero quello di risultare prevedibili, e con le scene sportive che difficilmente riescono a restituire emozioni.
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edobia
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lunedì 12 aprile 2021
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bella storia, film un po'' lento
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Il film di Eastwood è incentrato sul rapporto del neopresidente del Sudafrica Nelson Mandela e la squadra nazionale di rugby, gli Springboks. La storia è molto interessante, e trasmette la saggezza del leader del paese, che sostiene che la riappacificazione tra i bianchi e i neri possa avvenire solo con l'unione amichevole e non con la vendetta. Il problema, secondo il mio parere è che il film sia troppo lento e poco attivo. Inoltre, lo ritengo poco appassionante, quindi non è un film che ti trattiene incollato allo schermo, essendo anche un po' impersonale. Generalmente, il film non è male, però non eccelle, rimanendo sufficiente.
Voto: 6,5/7.
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no_data
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mercoledì 6 maggio 2020
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eppure il rugby riscuote approvazioni.
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La dirigenza di Mandela in Sudafrica trova nel bel film di Eastwood un risvolto sportivo assolutamente indimenticabile. Si tratta del campionato del mondo di rugby, che diventa lo sport nazionale per lo stato sudafricano anche dopo che Mandela, impersonato da un ottimo Freeman, riesce a far trionfare i diritti dei neri e degli esclusi salendo al governo. Forse peccando di populismo il film riesce ad unificare dirigenti e popolo nel segno delle vittorie sportive. Forse dovrebbe essere un impulso anche per altre classi dirigenti europee, che non riscuotono altrettanto successo.
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kampa
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venerdì 21 febbraio 2020
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una buona idea, realizzata male.
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Il concetto che lo sport unisce le persone era decisamente una buona idea, ma la sceneggiatura è pessima, dialoghi noiosi che appesantiscono il film, ed è pieno di scene insensate che vanno ad allungare il brodo, 2 ore e 5 minuti è troppo per un film del genere che senza delle scene inutili sarebbe durato 5 di quei minuti.
Un vero mattone, io da fan di Tarantino apprezzo i film lenti, quindi non provate a dire che è un problema mio.
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rmarci 05
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venerdì 14 giugno 2019
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promuovere l'uguaglianza attraverso lo sport
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Clint Eastwood, dopo lo straordinario successo di Gran Torino, si ispira al romanzo del giornalista J. Carlin. Il risultato è una miscela di film sportivo e biografico, che rispetta le convenzioni di entrambi i generi diventandone anche vittima. Per essere un film di Eastwood, infatti, risulta leggermente semplicistico e, solo a tratti, eccessivamente didascalico. Il regista comunque, pur essendo convintamente repubblicano, affronta con sincera ammirazione la figura di Nelson Mandela, raccontando senza finto buonismo la grande responsabilità che egli, in qualità di leader, si è preso, ovvero quella di riappacificare un'intera Nazione attraverso il concetto tipicamente sportivo di "squadra", inteso come efficace mezzo di comunicazione tra culture diverse nonché come potente strumento di riconciliazione.
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Clint Eastwood, dopo lo straordinario successo di Gran Torino, si ispira al romanzo del giornalista J. Carlin. Il risultato è una miscela di film sportivo e biografico, che rispetta le convenzioni di entrambi i generi diventandone anche vittima. Per essere un film di Eastwood, infatti, risulta leggermente semplicistico e, solo a tratti, eccessivamente didascalico. Il regista comunque, pur essendo convintamente repubblicano, affronta con sincera ammirazione la figura di Nelson Mandela, raccontando senza finto buonismo la grande responsabilità che egli, in qualità di leader, si è preso, ovvero quella di riappacificare un'intera Nazione attraverso il concetto tipicamente sportivo di "squadra", inteso come efficace mezzo di comunicazione tra culture diverse nonché come potente strumento di riconciliazione. Tra alcune imperfezioni e scene emozionanti, il messaggio che il regista vuole trasmettere giunge allo spettatore con delicatezza e semplicità, grazie anche alla straordinaria interpretazione di M. Freeman e alla sceneggiatura ricca di frasi memorabili quanto riflessive. Le scene di Rugby sono girate con grande capacità registica, e con un montaggio veloce ma non frenetico. In conclusione, un film biografico che cade in alcuni rischi del genere, leggermente convenzionale per essere un film di C. Eastwood, ma comunque emozionante, riflessivo e recitato magnificamente. 3,5 stelle su 5.
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elgatoloco
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venerdì 15 febbraio 2019
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non solo sport, buena suerte
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Da "Playing the Enemy", romanzo di John Carlin, questo straordinario"Invictus"(2009), bellissima e struggente biografia filmica di Nelson Mandela firmata da quel vero maestro di cinema, più considerato in Francia che negli USA, a livello critico(non parliamo dell'Italia...)che è Clint Eastwood(qui supportato anche dalle belle musiche del figlio Kyle). Biografia rispettosa, che però non santifica Mandela, ma ne fa, giustamente, un personaggio "umano", un eroe, se si vuole(chi scrive direbbe senz'altro così)delle convivenza umana, non un"santo". Al tempo stesso, comunque, vede e fa vedere anche il Mandela realista, nel segno di Machiavelli, non di Richelieu.
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Da "Playing the Enemy", romanzo di John Carlin, questo straordinario"Invictus"(2009), bellissima e struggente biografia filmica di Nelson Mandela firmata da quel vero maestro di cinema, più considerato in Francia che negli USA, a livello critico(non parliamo dell'Italia...)che è Clint Eastwood(qui supportato anche dalle belle musiche del figlio Kyle). Biografia rispettosa, che però non santifica Mandela, ma ne fa, giustamente, un personaggio "umano", un eroe, se si vuole(chi scrive direbbe senz'altro così)delle convivenza umana, non un"santo". Al tempo stesso, comunque, vede e fa vedere anche il Mandela realista, nel segno di Machiavelli, non di Richelieu. la decisione del compianto presidente del"South-Africa"di mantenere in piedi, anzi di valorizzare la squadra sudafricana di rugby fino a farle vincere(nel 1995)il cam,pionato mondiale. Era l'odiata squadra degli Springboks, quasi unicamente composta da bianchi, dunque identificata con il pregime dell'apartheid(Botha, De Clerc etc.), ma Mandela aveva già accettato una scorta composta anch'essa da soli bianchi...Diplomazia al servizio della pace, dell'evitamento della guerra civile... Grande Morgan Freeman come Mandela, benissimo anche Matt Damon nel ruolo del capitano della squadra di rugby. Un film che coinvolge anche chi(come appunto chi scrive)che non capisce nulla di sporte e non lo segue, proprio perché l'aspetto sportivo è ovviamente(direi necessariamente)presente, ma non determinante, comunque non la causa unica e vera di tutto. El Gato
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aristoteles
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mercoledì 13 aprile 2016
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non il solito eastwood
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Confesso di aver provato un certo senso di delusione.
La fotografia è splendida, gli attori bravissimi,Eastwood è per me un mito come Mandela.
Solo per questi ultimi due (ma ci voglio aggiungere anche Freeman) dovrei mettere 5 stelle a prescindere.
Purtroppo non ci riesco,il gran regista mi ha sempre trasmesso grandi emozioni anche con scene piuttosto crude e dirette,invece in questa occasione ho costantemente avvertito la sensazione del documentario"arricchito".
Le scene sul campo,ad esempio, sono meravigliose,spalti compresi.
Tutto molto gradevole ed infatti consiglio la visione a tutti,ma troppo "ordinato" se mi è concesso il termine.
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Confesso di aver provato un certo senso di delusione.
La fotografia è splendida, gli attori bravissimi,Eastwood è per me un mito come Mandela.
Solo per questi ultimi due (ma ci voglio aggiungere anche Freeman) dovrei mettere 5 stelle a prescindere.
Purtroppo non ci riesco,il gran regista mi ha sempre trasmesso grandi emozioni anche con scene piuttosto crude e dirette,invece in questa occasione ho costantemente avvertito la sensazione del documentario"arricchito".
Le scene sul campo,ad esempio, sono meravigliose,spalti compresi.
Tutto molto gradevole ed infatti consiglio la visione a tutti,ma troppo "ordinato" se mi è concesso il termine.
Una sorta di omaggio doveroso ma che ha incatenato la spregiudicatezza del buon Clint.
Gusti personali ovviamente.
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great steven
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venerdì 9 gennaio 2015
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eastwood sorprende ancora. ottimi freeman e damon.
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INVICTUS (USA, 2010) diretto da CLINT EASTWOOD. Interpretato da MORGAN FREEMAN, MATT DAMON, TONY KGOROGE, PATRICK MOFOKENG, MATT STERN, SCOTT EASTWOOD, ADJOA ANDOH, JULIAN LEWIS JONES, LELETI KHUMALO, MARGUERITE WHEATLEY, MCNIEL HENDRIKS
Periodo di sei anni nella vita di Nelson Mandela (1918-2013), figlio di un capotribù, laureato in giurisprudenza e avvocato di professione, eletto presidente della Repubblica Sudafricana nelle prime elezioni libere multietniche del 1994, dall’11 febbraio 1990 quando uscì dal carcere speciale dov’era stato rinchiuso per ventisei anni, fino al 24 giugno 1995, giorno in cui la squadra sudafricana degli Springboks vinse a sorpresa il Campionato Mondiale di Rugby.
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INVICTUS (USA, 2010) diretto da CLINT EASTWOOD. Interpretato da MORGAN FREEMAN, MATT DAMON, TONY KGOROGE, PATRICK MOFOKENG, MATT STERN, SCOTT EASTWOOD, ADJOA ANDOH, JULIAN LEWIS JONES, LELETI KHUMALO, MARGUERITE WHEATLEY, MCNIEL HENDRIKS
Periodo di sei anni nella vita di Nelson Mandela (1918-2013), figlio di un capotribù, laureato in giurisprudenza e avvocato di professione, eletto presidente della Repubblica Sudafricana nelle prime elezioni libere multietniche del 1994, dall’11 febbraio 1990 quando uscì dal carcere speciale dov’era stato rinchiuso per ventisei anni, fino al 24 giugno 1995, giorno in cui la squadra sudafricana degli Springboks vinse a sorpresa il Campionato Mondiale di Rugby. Madiba (come lo chiamavano i suoi più stretti collaboratori) volle personalmente incitare e motivare il capitano di questo team reduce da un lungo periodo di sconfitte, François Pienaar, in quanto una vittoria ad una competizione sportiva così importante avrebbe significato un riavvicinamento fondamentale e definitivo tra la comunità bianca degli afrikaans e la popolazione di pelle scura residenti nel paese. François, galvanizzato dalle parole incalzanti del presidente, riesce a infondere l’ottimismo e il coraggio nella sua squadra e, dopo un allenamento estenuante ma utilissimo, porta i suoi ragazzi a vincere l’attesissima finale contro i temibili All Black neozelandesi. Scritto dal sudafricano Anthony Peckham e basato sul volume del giornalista John Carlin Playing the Enemy ( Ama il tuo nemico, uscito nel 2008). Coprodotto dalla Malpaso e diretto da Eastwood (a poca distanza dagli ottant’anni), interamente girato in Sudafrica con seicento effetti digitali, tra cui quelli che permisero di moltiplicare le 2000 comparse in 62.000 spettatori allo stadio Ellis Park di Johannesburg. Due dei nove figli (da cinque mogli) di Eastwood nel cast: il musicista e compositore Kyle e l’attore Scott nei panni del giocatore Joel Stransky che realizza i calci piazzati. Invictus (indomabile), vocabolo inesistente nell’Oxford Universal Dictionary, è tratto da un componimento poetico dell’inglese William Ernest Henley (1849-1903) che finisce così: “Io sono il padrone del mio destino / io sono il capitano della mia anima”. Le stesse significative parole che concludono questo capolavoro stilistico e artistico. Abbiamo a che fare con un’opera cinematografica su Mandela e, insieme, sul rugby (sport, come il football, inventato dai britannici) di cui il magnanimo e tollerante politico si servì per riunire nella “nazione arcobaleno” le due comunità dei bianchi afrikaners (discendenti dei colonizzatori olandesi) e dei neri che dell’apartheid furono per secoli vittime sfruttate e alienate. L’unica pecca di questo film sta probabilmente nei suoi limiti di bio-pic, e questo lo fa apparire quasi come un film su commissione, benché il rischio dell’agiografia sia quasi completamente evitato con delle mosse da campione. Risulta a tratti didattico e ripetitivo, ma per nulla semplicistico o monocorde, e sicuramente non gliene si può fare una colpa, sarebbe ingeneroso. Le due carte vincenti si riscontrano in M. Freeman e M. Damon: entrambi si impegnano a fondo per regalare ad un pubblico affamato ed esigente una coppia di personaggi realmente vissuti meticolosi fin nei dettagli e appassionanti per la loro ricerca della vittoria e di un successo tutt’altro che egoistico e narcisistico. Il primo impressiona positivamente per il suo Nelson coerente e razionale, mentre il secondo è perfetto nel ruolo del capitano instancabile, pronto alle sfide e dotato di una carica reattiva praticamente inesauribile. Eastwood, da bravo repubblicano nel cuore quale è, dirige la pellicola senza politicizzare eccessivamente il discorso sul razzismo e sull’accettazione delle etnie differenti tra loro, e la sua magistralità appare soprattutto nei passaggi in cui il dialogo sociale veicola significati profondi riguardanti il pathos, il riscatto, la necessità di primeggiare senza voler per forza strafare, l’audacia occorrente per raggiungere ottimi risultati e la capacità di risollevarsi dalle sconfitte. Ormai Clint, coi suoi quarant’anni e passa di esperienza registica, è ben lungi dall’inciampare in progetti filmici scadenti o inappropriati, e infatti, ogni volta che un suo film approda nelle sale, riesce a conquistare un trionfo di critica e pubblico (più spesso di critica, comunque, e purtroppo) che lo rende contento fino all’ultima goccia di sangue e lo spinge a fare ancora meglio nella prova successiva. Gli attori di contorno (fra cui spiccano i collaboratori fidati di Mandela, i suoi poliziotti che gli fanno da body-guard e i giocatori degli Springboks) si danno da fare e dimostrano una bravura non indifferente e non trascurabile. Inserito nel National Board of Review Awards tra i migliori dieci film del 2010. Distribuisce Warner Bros.
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creeperfilms
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martedì 4 novembre 2014
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the rainbow nation
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Davvero un capolavoro, Clint Eastwood si è superato questa volta: Mandela,o Madiba,grande personaggio presidente sudafricano, sostiene gli Springboks, la squadra di rugby sudafricana, portandoli con il suo sostegno a vincere il campionato mondiale.
È convinto che con il linguaggio universale dello sport si possa riunificare il paese, aiutando la popolazione a convivere senza uccidersi a vicenda.
Non richiede uno stipendio troppo alto, ha guardie sia bianche che nere e crede che il perdono sia l'arma più potente, anche dopo che l'avevano rinchiuso per ventisette anni era stato rinchiuso in una cella che avrebbe soddisfatto i bisogni di un cagnolino tipo pincher.
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Davvero un capolavoro, Clint Eastwood si è superato questa volta: Mandela,o Madiba,grande personaggio presidente sudafricano, sostiene gli Springboks, la squadra di rugby sudafricana, portandoli con il suo sostegno a vincere il campionato mondiale.
È convinto che con il linguaggio universale dello sport si possa riunificare il paese, aiutando la popolazione a convivere senza uccidersi a vicenda.
Non richiede uno stipendio troppo alto, ha guardie sia bianche che nere e crede che il perdono sia l'arma più potente, anche dopo che l'avevano rinchiuso per ventisette anni era stato rinchiuso in una cella che avrebbe soddisfatto i bisogni di un cagnolino tipo pincher.
Fu sostenuto per tutto il tempo da una poesia gregoriana, INVICTUS, dalla quale deriva il nome del film; eccone il testo:
INVICTUS
Dal profondo della notte che mi avvolge,
Buia come un pozzo che va da un polo all'altro,
Ringrazio qualunque dio esista
Per l'indomabile anima mia.
Nella feroce stretta delle circostanze
Non mi sono tirato indietro né ho gridato.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
Il mio capo è sanguinante, ma indomito.
Oltre questo luogo d'ira e di lacrime
Si profila il solo Orrore delle ombre,
E ancora la minaccia degli anni
Mi trova e mi troverà senza paura.
Non importa quanto stretto sia il passaggio,
Quanto piena di castighi la vita,
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima.
Fantastico, no?
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