Invictus - L'Invincibile |
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Un film di Clint Eastwood.
Con Morgan Freeman, Matt Damon, Tony Kgoroge, Patrick Mofokeng.
continua»
Titolo originale Invictus.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 134 min.
- USA 2009.
- Warner Bros Italia
uscita venerdì 26 febbraio 2010.
MYMONETRO
Invictus - L'Invincibile
valutazione media:
3,89
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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rugby e razzismodi olgadikFeedback: 9778 | altri commenti e recensioni di olgadik |
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giovedì 4 marzo 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
L’ultima creatura di Eastwood non è un film minore ma non ha la folgorante sintesi di Gran Torino né il fascino di Changeling. Il tema che l’autore ormai ottantenne ha davanti è complesso, carico di implicazioni di tutti i tipi. Ad offrire lo spunto giusto un libro, Ama il tuo nemico di John Carlin, cui Eastwood fa riferimento. Siamo nel 1995: è l’inizio della nuova presidenza sudafricana e Mandela sceglie di iniziare il suo processo di riconciliazione di neri e africaneers (discendenti bianchi di coloni anglo-olandesi) servendosi del tifo sportivo, da sempre un collante che funziona per popoli altrimenti divisi. E qui c’è l’occasione d’oro: vincere i mondiali ospitati a Johannesburg. Il compito spetta alla squadra degli Springbox, da sempre odiata dai neri per il suo razzismo. Per raggiungere l’obiettivo di fare del rugby una bandiera politica Mandiba (tale il suo nome nella lingua dei nativi), nonostante la contrarietà del suo popolo, crea un rapporto di forte comunicazione con il capitano della squadra Fancois Pienaar (Matt Damon), che spinge a divenire “il capitano della sua anima”. Con il carisma di cui è fornito, Mandela (Morgan Freman) riuscirà così ad amalgamare attorno alla sua idea le due componenti umane e sociali del gigantesco paese. Tra gli altri impegni pubblici di ogni tipo, lo vedremo quindi assistere in campo la squadra e indossarne la maglia. Anche gli uomini della sua scorta, metà bianca e metà nera, altra scelta politica sottolineata dal film, saranno coinvolti nel tifo. Invece della Haka (danza propiziatrice Maori dei loro avversari neozelandesi) gli Springbox hanno dalla loro due inni, quello di origine olandese e quello in lingua khosa. Le due formazioni che si misurano in campo occupano quasi tutto il secondo tempo. La lunga sfida è la parte tecnicamente più emozionante e riuscita di Invictus. Con la stead-camera che si muove con intensità e dinamismo, Eastwood cattura lo sforzo, i rumori e l’ansare del respiro, si sposta sotto il mucchio umano, segue il ritmo dell’azione con una resa quasi fisica che si ritrova spesso nel cinema americano (vedi Fuga per la vittoria di Houston). Alla riuscita di questa parte del film collabora anche il montaggio mozzafiato di Jole Fox, tanto che siamo in tribuna anche noi… Il resto del racconto è costruito con tratti essenziali, fatti di piccole cose rivelatrici di una realtà più ampia che un solo film non può rendere nella sua complessità. La scelta di selezionare i dettagli alla fine è vincente perché Eastwood è maestro al riguardo, ma è mia convinzione che se la partita simbolica avesse preso meno spazio, cedendolo a qualche altro asciutto approfondimento, il film ne avrebbe guadagnato e lo stesso personaggio di Mandela sarebbe apparso un po’ meno santino. Perché se un limite c’è nel discorso è questo eccesso di epicità in cui quasi lo sport la vince sulla politica. Del resto non è giusto chiedere a un autore di essere ciò che non è e di volere ciò che non vuole. Nel nostro caso quello che il regista ha voluto raccontare vale comunque ed emoziona con la sua semplicità mai superficiale ma scelta come cifra di stile. Per questo Eastwood ha ancora molto da dirci con la generosa rudezza che lo contraddistingue. Freeman è perfetto nella parte, un po’ meno Matt Damon che sfodera spesso espressioni un po’ ottuse senza molte varianti.
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