giulia chiarot
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mercoledì 23 aprile 2008
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il modo migliore per capire lastoria diunventennio
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Se fossi un insegnante farei vedere Romanzo Criminale a tutti gli studenti che fanno la maturità. Michele Placido ha saputo narrare in modo chiaro la storia del ventennio più difficile per l'Italia.Ha avuto il coraggio di cercare le cause degli eventi che per chi viveva quel momento potevano sembrare incredibili. Certe ambientazioni come la Francia mi ricordano la Piovra, forse il luogo in cui si ritira il Freddo è il medesimo in cui si era rifugiata la moglie del mitico commissario Cattani. Ogni personaggio ha un intento rappresentativo forte: Di Credenza evoca il male, il Freddo la fragilità, Roberta l'innocenza. Credo che il regista abbia preso molto da quella serie televisiva così affine nella trama al Romanzo Criminale.
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Se fossi un insegnante farei vedere Romanzo Criminale a tutti gli studenti che fanno la maturità. Michele Placido ha saputo narrare in modo chiaro la storia del ventennio più difficile per l'Italia.Ha avuto il coraggio di cercare le cause degli eventi che per chi viveva quel momento potevano sembrare incredibili. Certe ambientazioni come la Francia mi ricordano la Piovra, forse il luogo in cui si ritira il Freddo è il medesimo in cui si era rifugiata la moglie del mitico commissario Cattani. Ogni personaggio ha un intento rappresentativo forte: Di Credenza evoca il male, il Freddo la fragilità, Roberta l'innocenza. Credo che il regista abbia preso molto da quella serie televisiva così affine nella trama al Romanzo Criminale. Raccontare di sangue e violenza e di intrighi politici non è semplice. Sottendere a moti massoni è ancor più arduo, ma la verità va cercata ovunque anche in un comparto così additabile e allo stesso tempo ignoto. Tutti gli attori sono stati impeccabili: hanno avuto una forza enorme nell'esprimere la violenza. Scamarcio fa più gesti (senza dubbio eloquenti)che battute. Placido li ha scelti bene: c'è qualcosa di loro nei personaggi che interpretano. La forza narrativa è potente. L'effetto emotivo sullo spettatore è incisivo, palpabile. ROMANZO CRIMINALE non ci lascia con la speranza, non sottende che ala fine l'amore trionfa. L'unica speranza di bontà rappresentata da Roberta muore. E anzi la violenza e il male aumentano nel corso del film fino al lento suicidio del Freddo e alla morte violenta di tutto il gruppo di amici storici. Amici malavitosi si, ma pieni di speranze. Eccellente lavoro
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andyflash77
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mercoledì 25 luglio 2012
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una storia molto italiana
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Michele Placido, insieme agli sceneggiatori Rulli e Petraglia (La meglio gioventù, Le chiavi di casa), è stato accusato di aver tentato di fare il verso a "Quei bravi ragazzi", film cult di Scorsese, sul mondo delle bande (in quel caso mafiose) e dei relativi rapporti di "fratellanza" al loro interno. Ci sentiamo di prendere le distanze da un accostamento di questo tipo. Romanzo Criminale è un film che senza l'humus culturale, politico e sociale tipicamente italiano non avrebbe avuto motivo di esistere, inserendosi, in particolare, in modo preciso e coerente in un tessuto di rapporti e in un sentire comune propriamente caratterizzante dell'ambiente romano.
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Michele Placido, insieme agli sceneggiatori Rulli e Petraglia (La meglio gioventù, Le chiavi di casa), è stato accusato di aver tentato di fare il verso a "Quei bravi ragazzi", film cult di Scorsese, sul mondo delle bande (in quel caso mafiose) e dei relativi rapporti di "fratellanza" al loro interno. Ci sentiamo di prendere le distanze da un accostamento di questo tipo. Romanzo Criminale è un film che senza l'humus culturale, politico e sociale tipicamente italiano non avrebbe avuto motivo di esistere, inserendosi, in particolare, in modo preciso e coerente in un tessuto di rapporti e in un sentire comune propriamente caratterizzante dell'ambiente romano. Tuttavia nulla toglie al respiro omnicomprensivo di un film che descrive, passando per un'umanità rischiosa, la banda della Magliana (che sparse terrore tra la seconda metà degli anni '70 e la prima degli '80), che costituisce ancor oggi un'anomalia nel panorama della criminalità organizzata del centro-nord Italia.
Il Libanese, il Freddo, il Dandi. Questi i tre protagonisti attorno ai quali si costruisce, fisicamente e scenicamente, il film. I tre episodi che li vedono per protagonisti in realtà non li concepiscono tanto come il fulcro dell'azione, ma come il motore. La scalata, la rabbia e l'amore, il disastro. Si potrebbe intitolarli così svincolandoli dai semplici nomi, perché è questo che incarnano.
Nelle sue due ore e mezza di storia serrata e mai banale, Placido mette in mezzo di tutto: amore, odio, borgata e città, freddezza e impulso, ricchezza e povertà, cinismo e affezione. Il film scaturisce e si muove sotto una continua attrazione degli opposti, in un gioco altalenante di alti e bassi che, se in alcuni momenti è estremamente funzionale e sintetico, in altri dà l'impressione di voler tirare per la giacca il film, concedendogli pause o eccessi là dove se ne farebbe volentieri a meno. Il tutto condito (come nella miglior tradizione de La meglio gioventù) di scampoli della vita della prima repubblica, alcuni contestualizzati (come i riferimenti ad una possibile implicazione della banda nella strage alla stazione di Bologna), altri più estemporanei. In questo frangente forse Placido si lascia prendere la mano da un'interpretazione dei retroscena politici che vede troppo in primo piano, e con troppo potere, la massoneria. Tanto che anche l'integerrimo commissario Scialoja (uno Stefano Accorsi che, una volta tanto, non ci è dispiaciuto) alla fine cederà alle lusinghe di un certo potere.
Si scorge qua e là una certa ricerca allegorica (basti pensare alle scene della morte del Nero, Riccardo Scamarcio, faccia a faccia con un manichino, o alla grottesca riproposizione finale dell'inseguimento sulla spiaggia che apre il film) che, centrata o meno, si disperde nel calderone di un film forse un tantino al di sopra delle proprie possibilità.
Solare e imprescindibile aspetto positivo del tutto è un magistrale Pierfrancesco Favino, attore troppo spesso dimenticato da un cinema italiano sempre in affannosa ricerca di nuovi talenti, troppo spesso dimentico del grandissimo talento di alcune grandi figure che spesso passano in sordina.
Placido, nonostante le pecche, e un fianco scoperto a letture tutto sommato tendenziose della storia recente italiana, ha il coraggio di osare, di riuscire a costruire un film che si sganci dalla provinciale realtà italiana, per andare, pur non rinnegando le proprie origini, ad esplorare linguaggi e forme che oggi, dalla produzione nostrana, generalmente vengono evitate.nzo criminale
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fedeleto
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mercoledì 31 luglio 2013
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romanzo al sangue
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Erano gli anni 70,quegli anni in cui la malavita della banda della magliana terrorizzo' Roma con le sue violenze e i suoi soprusi.Michele Placido dirige un film straordinario tratto dal libro di Cataldo,dove viene anche aiutato dalla produzione inglese e francese.Dunque le cose sembra che si facciano in grande,gli attori sono ottimi e la pellicola scorre linearmente senza pause ne rallentamenti.La storia racconta l'ascesa di 3 ragazzi di borgata(libanese,freddo,dandy) che fin da quando sono piccoli hanno problemi con la legge,la loro voglia appena crescono e' quella di arricchirsi e diventare i padroni della citta',ebbene incomincia il libanese,che con il sequestro di un barone avra' la materia prima per trafficare la droga ed eliminera' il resto dei suoi avversari,ma anche lui avra' un'amara sorpresa per colpa del gioco d'azzardo,dopodiche' arriva l'era del freddo,un ragazzo che si innamora di una semplice giovane ma appena sapra' della morte dell'amico scatenera' una guerra per eliminare il colpevole,ma anche lui avra' una brutta sorpresa,infine il dandy innamorato di una prostituta verra' ucciso sa una della banda poiche' ha mostrato la vigliaccheria.
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Erano gli anni 70,quegli anni in cui la malavita della banda della magliana terrorizzo' Roma con le sue violenze e i suoi soprusi.Michele Placido dirige un film straordinario tratto dal libro di Cataldo,dove viene anche aiutato dalla produzione inglese e francese.Dunque le cose sembra che si facciano in grande,gli attori sono ottimi e la pellicola scorre linearmente senza pause ne rallentamenti.La storia racconta l'ascesa di 3 ragazzi di borgata(libanese,freddo,dandy) che fin da quando sono piccoli hanno problemi con la legge,la loro voglia appena crescono e' quella di arricchirsi e diventare i padroni della citta',ebbene incomincia il libanese,che con il sequestro di un barone avra' la materia prima per trafficare la droga ed eliminera' il resto dei suoi avversari,ma anche lui avra' un'amara sorpresa per colpa del gioco d'azzardo,dopodiche' arriva l'era del freddo,un ragazzo che si innamora di una semplice giovane ma appena sapra' della morte dell'amico scatenera' una guerra per eliminare il colpevole,ma anche lui avra' una brutta sorpresa,infine il dandy innamorato di una prostituta verra' ucciso sa una della banda poiche' ha mostrato la vigliaccheria.Un film senza dubbio spettacolare ma anche ben gestito dagli attori(ottimo anche accorsi nella parte del commissario),ovviamente la storia e' ben romanzata e non e' tutto avvenuto nel medesimo modo,ma orientativamente e' la sostanza che conta,chi era la banda della magliana?perche' faceva tutto questo?non ci sono moralismi dietro a tutto questo ma indubbiamente non si grida alla soluzione,e ben piu' allo spettacolo.I personaggi sono ben resi,il commissario spezzato(da una parte l'amore per la prostituta dall'altra l'odio per la banda),e i tre della banda,il libanese con manie di grandezza vuole sentirsi come un imperatore e muore come tale ovvero con le pugnalate quasi fosse un cesare,il freddo invece piu' semplice ma anche piu' sensibile,non sopporta l'attentato di bologna,vuole cambiare vita ma forse capisce solo dopo che in realta' era tutto segnato fin dall'inizio quando erano piccoli e furono arrestati per il furto della macchina ,ed infine dandy (/ottimo santamaria) che vorrebbe l'amore di una prostituta e che proprio questo alla fine lo condannera' insieme alla sua vigliaccheria(il tradimento verso il bufalo che vede impotente di fronte alla polizia e trova la scusa dicendo porta male sparare ai poliziotti).Insieme fanno un ritratto di persone deboli che hanno cercato di cambiare vita e pensavano di arrivare in alto ma forse non compresero che stavano solo andando verso un abisso senza uscita.Interessante anche la parentesi dei personaggi misteriosi che agganciano la banda e proteggono i potenti) ricorda vagamente la piovra 2) ad ogni modo un ottimo lavoro che appassiona e coinvolge al punto giusto.Personalmente il sottoscritto encomia Rossi Stuart per la sua bravura ma il resto del cast non e' certo da meno.Da vedere.
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great steven
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lunedì 21 settembre 2015
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ben oltre il male comune e la violenza quotidiana.
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ROMANZO CRIMINALE (IT, 2005) diretto da MICHELE PLACIDO. Interpretato da PIERFRANCESCO FAVINO, KIM ROSSI STUART, CLAUDIO SANTAMARIA, STEFANO ACCORSI, RICCARDO SCAMARCIO, JASMINE TRINCA, ANNA MOUGLALIS, ROBERTO BRUNETTI, ELIO GERMANO, ANTONELLO FASSARI, STEFANO FRESI, FRANCESCO VENDITTI, GIORGIO CARECCIA, TONI BERTORELLI, ROBERTO INFASCELLI, MASSIMO POPOLIZIO, DONATO PLACIDO, LESLIE CSUTH, VIRGINIA RAFFAELE
Da un romanzo (2002) di Giancarlo De Cataldo. La banalità del male espressa attraverso le vicende quindicennali che vedono protagonista una banda criminale, sorta alla periferia di Roma, avente come organizzatori di stratosferici e pericolosissimi colpi tre uomini che, da bambini, si sono promessi di diventare delinquenti di prim’ordine, abbracciando in pieno una vocazione che trasforma in un «sentimento nobile» ciò che contraddistingue il loro codice d’onore: la vendetta.
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ROMANZO CRIMINALE (IT, 2005) diretto da MICHELE PLACIDO. Interpretato da PIERFRANCESCO FAVINO, KIM ROSSI STUART, CLAUDIO SANTAMARIA, STEFANO ACCORSI, RICCARDO SCAMARCIO, JASMINE TRINCA, ANNA MOUGLALIS, ROBERTO BRUNETTI, ELIO GERMANO, ANTONELLO FASSARI, STEFANO FRESI, FRANCESCO VENDITTI, GIORGIO CARECCIA, TONI BERTORELLI, ROBERTO INFASCELLI, MASSIMO POPOLIZIO, DONATO PLACIDO, LESLIE CSUTH, VIRGINIA RAFFAELE
Da un romanzo (2002) di Giancarlo De Cataldo. La banalità del male espressa attraverso le vicende quindicennali che vedono protagonista una banda criminale, sorta alla periferia di Roma, avente come organizzatori di stratosferici e pericolosissimi colpi tre uomini che, da bambini, si sono promessi di diventare delinquenti di prim’ordine, abbracciando in pieno una vocazione che trasforma in un «sentimento nobile» ciò che contraddistingue il loro codice d’onore: la vendetta. I fatti, che attingono anche da eventi realmente verificatisi (due su tutti: il sequestro di Aldo Moro e la strage del 2/8/1980 alla stazione di Bologna), traggono ispirazione dai delitti della banda della Magliana e dall’alternarsi dei suoi capi: il Libanese (alias Cesare Rocchi, interpretato da Favino), il Freddo (vero nome: Francesco Avorio, impersonato da Rossi Stuart) e il Dandi (ovvero Bruno De Magistris, col volto e la recitazione di Santamaria). Il primo mette in piedi il rapimento di un ricco barone per il quale viene successivamente condannato, esce di prigione grazie a un imprenditore corrotto e muore accoltellato da un vecchio confratello per la sua intenzione di non pagare alcuni debiti di gioco. Il secondo vendica la scomparsa dell’amico eliminandone il responsabile, finisce dietro le sbarre per incendio doloso, tentato omicidio e sequestro di persona, la sua pena ammonta a trent’anni ma, grazie a una malattia incurabile inoculatagli artificialmente, esce dalla prigione ed emigra in Francia con una bella insegnante (Trinca) che dava ripetizioni al fratello drogato anch’egli morto, per poi soccombere fuori da una chiesa in un attentato programmato. Il terzo è l’unico ad evitare la galera per merito della sua donna (Mouglalis), una prostituta testarda e battagliera, il cui cuore è diviso fra l’amore per il criminale e quello per il commissario Nicola Scialoja (Accorsi), incaricato di indagare sui reati commessi dalla gang; affronta peripezie legali, si scontra con uomini del clan in procinto di tradirlo, si fa una nuova vita in una villa in Corsica ma perisce non appena rimette piede in Italia per un antico regolamento di conti. Fra gli altri personaggi che si muovono in questo universo interamente costruito sul senso della violenza e sul bisogno irrefrenabile del sangue, ci sono il Nero, neonazista esperto di arti marziali, che fa una brutta fine dopo aver ammazzato l’agente di polizia sbagliato eseguendo il mandato di uccisione ai danni del commissario Scialoja; il Sorcio, impacciato spacciatore di provincia, spesso malmenato e messo in mezzo ad affari sporchi e infine spedito in gattabuia a scontare una pena mediocre; il Terribile, criminale un tempo alquanto in auge che, alla fine degli anni 1970, non spaventa più nessuno, tanto da morire poco eroicamente per mano degli stessi mascalzoni della Magliana con cui aveva per di più collaborato a fini di lucro, ovviamente illeciti. Da non dimenticare, poi, due figure femminili, la cui femminilità è diametralmente opposta e quindi complementare per quanto riguarda gli obiettivi di completamento di un mondo in cui sono i maschi a spargere il seme della crudeltà e dei moti cruenti: la meretrice Patrizia, incostante collaboratrice di giustizia e fascinosa ammaliatrice di uomini, e Roberta, la fidanzata del Freddo, desiderosa esclusivamente di una vita tranquilla e felice accanto al suo uomo ma lontano dalle sue abituali scorribande, sempre cariche di ventate infauste e furibonde. Placido, non a caso ex poliziotto, dirige un gangster movie assumendo e incamerando la lezione dei maestri stranieri del genere: tiene a bada il materiale narrativo, permette agli attori di recitare a briglia sciolta quando le circostanze della scena consentono loro un’espressione fuori da ogni schema, illumina poco gli ambienti per rendere meglio l’idea del buio incolmabile che alberga nel cuore di questi piccoli criminali e decide, per quasi tutti i personaggi del film, una sorte nefasta appunto per dimostrare che essi si sono intromessi in trame troppo grandi per loro, le quali puntualmente si concludono con la disfatta che arriva sempre quando la posta in gioco è troppo alta o quando un essere umano eccessivamente ambizioso e assetato di sangue scherza a lungo col fuoco. Un raro esempio di poliziesco italiano che non solo fa propri anche i dettami (per fortuna non troppo rigidi, per quanto modellati e plasmati) del genere drammatico più istruttivo e decoroso, ma sa anche creare spazi e avvenimenti senza accumulare infruttuose pretese che cerchino di spiegare la violenza. Infatti quest’ultima viene semplicemente rappresentata nella sua forma più intelligente e spietata, e se di mezzo ci vanno le vite umane e gli scopi da attribuire a quella giustizia che ogni malvivente crede di conoscere in cuor suo, non c’è spiegazione che tenga. L’autore del libro che ha fornito le basi per la sceneggiatura compare nella seconda metà di proiezione nelle vesti del giudice che condanna gli imputati in tribunale. Fotografia: Luca Bigazzi. Montaggio: Esmeralda Calabria. Musiche: Paolo Buonvino. Vincitore di otto David di Donatello e cinque Nastri d’Argento.
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aristoteles
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venerdì 25 marzo 2016
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dandi freddo e libanese
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Ottimo film sulla criminalità, questo di Placido.
Tutti i personaggi principali hanno un fascino particolare e non li dimenticheremo facilmente,quindi un plauso anche agli attori.
Forse si poteva fare qualcosina in più sul Commissario Scialoia che sembra farsi trascinare troppo dagli eventi e spesso soffre di inutili isterismi.
In particolare c'è "un'amicizia" criminale di fondo che si fa seguire volentieri,anche se ,a un certo punto,non si rileverà così profonda e lì sinceramente un poco di delusione l'ho provata.
Se dovevano "crepare" avrei preferito lo facessero uniti e insieme,visto che si conoscevano dall'infanzia.
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Ottimo film sulla criminalità, questo di Placido.
Tutti i personaggi principali hanno un fascino particolare e non li dimenticheremo facilmente,quindi un plauso anche agli attori.
Forse si poteva fare qualcosina in più sul Commissario Scialoia che sembra farsi trascinare troppo dagli eventi e spesso soffre di inutili isterismi.
In particolare c'è "un'amicizia" criminale di fondo che si fa seguire volentieri,anche se ,a un certo punto,non si rileverà così profonda e lì sinceramente un poco di delusione l'ho provata.
Se dovevano "crepare" avrei preferito lo facessero uniti e insieme,visto che si conoscevano dall'infanzia.
A parte questa mia piccola considerazione,sceneggiatura,dialoghi,ritmo e fotografia si attestano su un livello più che soddisfacente ed infatti le quasi tre ore di visione non vengono a noia neanche per un attimo.
A Placido potrei solo rimproverare (anche se voleva ricordarci episodi fondamentali della corrotta politica italiana come il rapimento Moro e la strage di Bologna) una certa superficialità nell'esposizione di questi fatti.
Il chiaro riferimento alla Banda della Magliana,poteva anche risparmiarselo e creare una storia di pura fantasia (come fatto, e piuttosto bene in larga parte del film).
Comunque un ottimo prodotto italiano che non è affatto inferiore a produzioni americane del genere.
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alejazz
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mercoledì 15 agosto 2018
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buona rivisitazione del libro
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Film che si rifà all'omonimo libro. A mio avviso è stato preparato e girato discretamente. Mi sono molto piaciuti gli attori che hanno interpretato i ruoli come Favino, Rossi Stuart, Santamaria e Accorsi. In particolare Accorsi è sempre bravo a tenere il ritmo dei dialoghi e a interpretare egregiamente i personaggi che gli sono attribuiti.
In sintesi.
Cosa mi è paiciuto:
- la trama
- la sceneggiatura tutta ambientata agli anni '70/inizio '80 (anni di piombo)
- interpretazione attori
Cosa non mi è piaciuto:
- tra i vari interpreti il meno brillante è stato Santamaria
Anche se sono trascorsi più di 10 anni consiglio la visione.
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elvezio
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giovedì 1 dicembre 2005
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western metropolitano eredità di leone
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La storia di alcuni ragazzi di strada che, dopo le bravate dell’adolescenza e le tristi esperienze del riformatorio e del carcere, si improvvisano gangesters, è un cliché che ritorna spesso nella storia del cinema.
La trama di “Romanzo criminale” ha un elemento in più: è basata su fatti realmente accaduti nella Roma degli anni 70. Ma la loro ricostruzione, magnificamente rispettosa dell’atmosfera del tempo e delle situazioni, è però meno fedele riguardo il ruolo dei protagonisti.
Il Libanese, Il Nero, Il Freddo, il Dandi richiamano spontaneamente alla memoria “Il Buono, il Brutto, il Cattivo” di Sergio Leone. Mentre i personaggi della banda ricordano soprattutto quelli di “C’era una volta l’America” dello stesso regista.
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La storia di alcuni ragazzi di strada che, dopo le bravate dell’adolescenza e le tristi esperienze del riformatorio e del carcere, si improvvisano gangesters, è un cliché che ritorna spesso nella storia del cinema.
La trama di “Romanzo criminale” ha un elemento in più: è basata su fatti realmente accaduti nella Roma degli anni 70. Ma la loro ricostruzione, magnificamente rispettosa dell’atmosfera del tempo e delle situazioni, è però meno fedele riguardo il ruolo dei protagonisti.
Il Libanese, Il Nero, Il Freddo, il Dandi richiamano spontaneamente alla memoria “Il Buono, il Brutto, il Cattivo” di Sergio Leone. Mentre i personaggi della banda ricordano soprattutto quelli di “C’era una volta l’America” dello stesso regista. E proprio come in quest’ultimo film di Leone, Max, interpretato da James Wood, ama sedersi sul trono di un Papa, così il Libanese vorrebbe vivere come un imperatore romano.
Senza infanzia e con una prima giovinezza segnata da esperienze negative, il Libanese, il Freddo e il Dandi non hanno avuto la possibilità di sviluppare un’individualità autonoma e possono sopravvivere soltanto attraverso il branco, la banda della Magliana.
L’assenza di personalità individuali autonome cementa maggiormente i componenti della banda, dando vita ad un nuovo soggetto: la banda senza singoli e senza capo, una sola vera persona. E’ quella la forza del loro legame: la non esistenza come singoli. E quando nella loro vita fa capolino l’amore, l’unità della banda s’incrina.
Per amore il Freddo è pronto a lasciare il branco. E il Libanese vede così svanire il suo sogno di possedere Roma.
La vita individuale, l’amore del singolo si pone come un valore che fa vacillare l’unità della banda: ne diminuisce la forza e la porta a sgretolarsi.
Ogni essere umano non può rinunciare completamente al suo passato; e il passato del Libanese è il branco. Senza la banda il Libanese è niente; e non è più interessato né alla sua vita, né alla sua morte. Non può smettere di sognare di essere un imperatore.
In una mondo disegnato quasi soltanto per gli uomini, come nei western, sono brave le due protagoniste femminili a rappresentare l’amore impossibile: Jasmine Trinca, in Roberta, è l’amore che ogni uomo vorrebbe avere, quello che ognuno può sentire giusto, ma che fatalmente non riesce a raggiungere; ma anche Anna Mouglalis, che impersona Patrizia, la prostituta d’alto bordo, fa conoscere una specie di amore, il doppio legame ad un componente della banda, il Dendi e al Commissario Scialoja, due coinvolgimenti che non le fanno però rinunciare alla sua natura e al suo ruolo, quello della donna che ogni uomo sogna e a volte può pagare, ma che nessuno può veramente comprare ed avere.
La storia, verso la fine del film, forse deborda un po’ da sé stessa, perché sembra eccessiva la pretesa dell’uomo dei servizi, il grande vecchio o qualcuno a lui molto vicino, di prevedere troppo fedelmente il futuro della politica italiana. Il film rimane comunque bello ed intrigante.
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[+] capolavoro italiano
(di sergio)
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toro
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lunedì 29 gennaio 2007
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repubblica italiana
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Romanzo criminale è un film coraggioso.Michele Placido riunisce alcuni fra gli attori migliori del panorama italiano negli ultimi anni.
La storia lo dice il titolo stesso è romanzata,ma ipotizzare che organi dello stato abbiano lavorato a braccetto con la famosa banda della magliana non è neanche cosi improbabile,ci voleva solo una buona dose di coraggio che a Placido non manca.
Il film rimanda lontanamente a quello stile di raccontare tipicamente americano,serrato come in tutte le biografie dei grandi mafiosi della malavita,del tipo Scarface per intenderci, ma nonostante l'epilogo del film lo si intuisca da subito la storia non è banale e lo spettatore non si annoia.
L'ambientazione è perfetta nonostante qualke inquadratura tradisca il regista,come quando compare un autobus dei giorni nostri sullo sfondo di largo argentina.
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Romanzo criminale è un film coraggioso.Michele Placido riunisce alcuni fra gli attori migliori del panorama italiano negli ultimi anni.
La storia lo dice il titolo stesso è romanzata,ma ipotizzare che organi dello stato abbiano lavorato a braccetto con la famosa banda della magliana non è neanche cosi improbabile,ci voleva solo una buona dose di coraggio che a Placido non manca.
Il film rimanda lontanamente a quello stile di raccontare tipicamente americano,serrato come in tutte le biografie dei grandi mafiosi della malavita,del tipo Scarface per intenderci, ma nonostante l'epilogo del film lo si intuisca da subito la storia non è banale e lo spettatore non si annoia.
L'ambientazione è perfetta nonostante qualke inquadratura tradisca il regista,come quando compare un autobus dei giorni nostri sullo sfondo di largo argentina.Per il resto ottima interpretazione di tutti gli attori in particolare quella di Kim ROssi Stewart che forza troppo il dialetto ma è efficace allo stesso modo,d'altronde solo i due fratelli Buffoni romani doc riescono a convincere veramente.
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[+] grande film italiano
(di matteo 1988)
[ - ] grande film italiano
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parsifal
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mercoledì 21 marzo 2018
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epopea criminale
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Michele Placido nel 2005, mise in scena il romanzo dello scrittore-magistrato De Cataldo che collaborò anche alla sceneggiatura, lavorando insieme allo stesso Placido e con l'aiuto di Petraglia e Rulli. IL romanzo narra delle imprese scellarate e crudeli della Banda della Magliana e dei suoi componenti. De Cataldo, durante la stesura, prese spunto dagli incartamenti dei processi ai quali prese parte in veste di magistrato. E così , diede vita ad un'epopea di sangue, misfatti, omicidi e potere illegale, narrando della banda più potente e più crudele dei tempi moderni. I componenti della banda sono cresciuti insieme, in strada e desiderano affrancarsi una volta per tutte dal loro presente, facendo il salto di qualità che gli viene proposto dal Libanese ( P.
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Michele Placido nel 2005, mise in scena il romanzo dello scrittore-magistrato De Cataldo che collaborò anche alla sceneggiatura, lavorando insieme allo stesso Placido e con l'aiuto di Petraglia e Rulli. IL romanzo narra delle imprese scellarate e crudeli della Banda della Magliana e dei suoi componenti. De Cataldo, durante la stesura, prese spunto dagli incartamenti dei processi ai quali prese parte in veste di magistrato. E così , diede vita ad un'epopea di sangue, misfatti, omicidi e potere illegale, narrando della banda più potente e più crudele dei tempi moderni. I componenti della banda sono cresciuti insieme, in strada e desiderano affrancarsi una volta per tutte dal loro presente, facendo il salto di qualità che gli viene proposto dal Libanese ( P.F.Favino) . Sequestreranno il Barone Rosellini, chiedendo un esorbitante riscatto, scendendo poi a cifre decisamente più basse. Ottenuta la somma Libanese fa un'altra proposta; invece di dissipare tutto, investire i proventi in tutto ciò che c'è di redditizio sul mercato degli illeciti e così facendo arrivare al potere assoluto. Al grido di " Pijamose Roma" Freddo ( K.R.Stuart), Dandy( C.Santamaria) il Nero ( Scamarcio) e tutti gli altri, scatenano una guerra ai vertici della criminalità organizzata della capitale. Scorrerà molto sangue, molte teste cadranno e tutti i traffici illeciti finiranno nelle loro mani. Ma il commisario Scialoia ( S.Accorsi) si mette alle loro calcagna e riesce, con un pretesto, a far arrestare il Libanese. In carcere, il boss riceve la visita di uno strano personaggio , il dott. Carenza ( G.Tognazzi) che gli offre la libertà in cambio di " favori" da contraccambiare. Inizi così una collaborazione tra criminali e servizi deviati, capitanati da un ottimo Tony Bertorelli, rapporto che frutterà ai criminali immunità e sconti di pena ma li vincolerà a realtà molto più grandi di loro. IL delirio di onnipotenza del Libanese lo conduce ad una fine tipica dei dittatori, talmente accecati dal potere da non vedere il pericolo di fronte a sè. La vendetta sarà lo scopo di vita del Freddo, implacabile e crudele come mai nella sua vita. Altro sangue scorrerà, ma senza arrivare ad alcun risultato. IL Dandy, in pieno accordo con Zio Carlo, capo mafia responsabile del narco traffico nazionale con cui la banda era in affari, scavalca il Freddo e prende il comando. Scialoia sferra il suo attacco alla banda , deciso a distruggerla costi quel che costi, e farà palrlare il Sorcio ( Elio Germano) assaggiatore di stupefacenti e pesce piccolo. Finiscono tutti in carcere e le loro condanne saranno molto , molto lunghe.Tranne che per il Dandy , misteriosamente assolto. IL finale non sarà certo lieto, poichè simili vicende non conducono mai ad un lieto fine. Anni di storia italiana contemporanea condensati, talvolta alla rinfusa, in un ottimo film che echeggia , a tratti le atmosfere di " C'era una volta in America" . Ottimo cast di attori capaci e ben formati, narrazione avvincente e scorrevole e notevole colonna sonora a cura di Paolo Buonvino. Da questo film è nato un nuovo filone del cinema italiano, vedasi " Gomorra" E " Suburra" .
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andrea
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giovedì 9 marzo 2006
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non male! gli darei una buona sufficienza!
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Michele Placido non si è limitato ad una mera descrizione dei fatti drammatici connessi allo spionaggio. In questo film il regista opera anche un quadro psicologico e sociale che parte dal collettivo (la banda della Magliana con i suoi sconsiderati ed ingenui progetti di potere) per poi seguire singolarmente ciascun personaggio, nelle sue piccolezze e nei suoi "nobili sentimenti". Quella della magliana è una banda che ha scelto di intraprendere una folle e spregiudicata corsa verso la sua fine, divenendo vittima di una strumentalizzazione da parte di istituzioni corrotte e di organizzazioni criminali ben più grandi. Ciascun componente, alla fine, sa in cuor suo di doversi bruciare prima o poi.
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Michele Placido non si è limitato ad una mera descrizione dei fatti drammatici connessi allo spionaggio. In questo film il regista opera anche un quadro psicologico e sociale che parte dal collettivo (la banda della Magliana con i suoi sconsiderati ed ingenui progetti di potere) per poi seguire singolarmente ciascun personaggio, nelle sue piccolezze e nei suoi "nobili sentimenti". Quella della magliana è una banda che ha scelto di intraprendere una folle e spregiudicata corsa verso la sua fine, divenendo vittima di una strumentalizzazione da parte di istituzioni corrotte e di organizzazioni criminali ben più grandi. Ciascun componente, alla fine, sa in cuor suo di doversi bruciare prima o poi.
Il personaggio di Cinzia (Anna Mouglalis), la "donna fatale" che rappresenta l'unico filo conduttore tra il bene e il male, è frutto della migliore interpretazione di questo film, insieme alla figura del sagace commissario (Stefano Accorsi) che, in maniera sorprendente, cede a dei sentimenti per la "dark lady".
E' dopotutto un film che mi sembra eccessivamente impregnato di quel genere cult d'azione americano che proprio non pare essere congegnale al regista Placido.
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