Anno | 2000 |
Genere | Drammatico |
Produzione | USA |
Durata | 99 minuti |
Regia di | Al Pacino |
Attori | Al Pacino, Jerry Orbach, Susan Floyd, Ellen Mc Elduff, Michel Moinot . |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Harry Levine, scrittore fallito e sul viale del tramonto, viene licenziato dal suo lavoro e cerca aiuto e sostegno economico nel suo vecchio amico e mentore Jake.
CONSIGLIATO SÌ
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È l'una di notte quando Harry Levine bussa alla porta di Jake Manheim. Ha un dollaro e mezzo in tasca e un cappotto talmente logoro che la gente per strada lo scambia per un barbone. Vorrebbe che l'amico gli desse i soldi che gli deve, ma vorrebbe anche sapere cosa ne pensa del manoscritto del suo ultimo romanzo. Ci si è impegnato a fondo, scrivendo ogni sera fino a tardi in un caffè di Chinatown, e Jake è la prima persona a cui l'ha mostrato, perché è il suo mentore. Dapprima Jake sostiene di non averlo aperto, di non averne avuto il tempo, poi, mentre la notte si fa profonda e costringe alla sincerità, arriva la confessione, amara e disperata: non solo ha letto il manoscritto ma ne è rimasto travolto e turbato. È il romanzo che avrebbe dovuto scrivere lui, se solo non fosse il fallito che è, un uomo ormai incattivito dalla frustrazione al punto da voler trascinare l'amico nella fossa, quando è ad un passo dal successo.
Tratto dal dramma claustrofobico di Ira Lewin, Chinese Coffee è la seconda regia di Al Pacino, che divide la scena e il merito con Jerry Orbach. L'unità di tempo e di luogo viene interrotta dall'irrompere dei flashbacks che ricostruiscono la genesi dell'amicizia tra i due e fanno spazio ai due personaggi femminili, che l'allestimento teatrale non contemplava. I marciapiedi del Greenwich Village, la camera oscura di un night club, il volto dell'amore perduto: è il cinema che fa capolino per arricchire l'impianto teatrale senza mai disturbarlo o contraddirlo.
Pacino racconta le persone con cui è cresciuto, i bohemiens, gli aspiranti artisti economicamente in ginocchio ma moralmente indistruttibili, colti e contraddittori o autodidatti ma sbruciacchiati dal sacro fuoco della creazione, e pare di sentire la freschezza del giovane Scorsese che raccontava Little Italy, la familiarità e la compassione, anche se ci troviamo su tutt'altro registro.
In questo piccolo film off off Broadway due maestri giocano una partita a scacchi verbale sulla differenza tra amicizia vera e simbiosi e sul nodo profondo dell'identità dell'artista, mettendo in scena tutto il disagio di una generazione (anche e soprattutto di cineasti e di interpreti) che si ritrova nel mezzo del cammin della propria vita negli Ottanta del reaganismo e dei caffè spuntati in serie dietro le vetrine dei quali sono tutti irrimediabilmente ricchi ed edonisti.
Sottilmente, senza imporlo, Pacino, che ha aperto il suo dramma da camera con un prologo sui gradini dell'Actor's Studio, tiene fra le righe una lezione sul mestiere dell'attore, sul suo essere ladro di vita e derubato della vita stessa, sulla dedizione, sulla sofferenza del talento che supera il proprio maestro.
Chinese Coffee è un film del 2000 diretto ed interpretato da Al Pacino (qui alla sua seconda prova dietro la cinepresa). Quest'opera fu già rappresentata a teatro dall'attore nei primi anni novanta. Il film non gode certo di grande popolarità, ma non per questo deve essere considerato una opera minore, anzi. La pellicola ruota attorno ad una conversazione tra due amici, [...] Vai alla recensione »