Titolo originale | Ditya bolshogo goroda |
Anno | 1914 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Russia |
Durata | 37 minuti |
Regia di | Yevgeni Bauer |
Attori | Yelena Smirnova, Nina Kosljaninowa, Michael Salarow, Arseniy Bibikov, Emma Bauer Leonid Jost, Lidiya Tridenskaya. |
MYmonetro |
Condividi
|
CONSIGLIATO N.D.
|
È già un capolavoro. «Sublime film della crudeltà paragonabile solo a Stroheim o Buñuel», lo definisce Alberto Farassino sulla "Repubblica". Manca in parte il prologo sull'infanzia dolorosa della protagonista che, cresciuta in una proterva lavanderia e poi sistematasi in una sartoria come stiratrice, ambisce a una vita di lusso e ha la grinta per ottenerla. Un giovane e ricco innamorato gliela offre, e lei lo ricambia mandandolo in rovina. Durante un party c'è uno straordinario. movimento della cinepresa che ne perfeziona uno analogo nel film precedente: un carrello in avanti che lascia la protagonista sullo schermo in basso a destra, mentre civetta con un altro, e con una profondità di campo che anticipa Welles e Toland di ventisette anni, si spinge fino a inquadrare su un piccolo palcoscenico in fondo alla sala la «danza indiana» eseguita con una sinuosità tutta d'accatto da una ballerina ch'era nella vita la moglie di Bauer. L'innamorato dunque è sul lastrico e, con la pistola in tasca, si reca dalla ragazza, che già si fa mantenere da un altro sicuramente destinato alla stessa sorte, per implorare con un biglietto un ultimo appuntamento. Lei sta ballando un tango e bevendo champagne, e gli manda sul portone un servo che gli consegna tre rubli. Il poveretto non ha più esitazioni e rivolge la pistola contro di sé, cadendo riverso sui gradini d'ingresso. Intanto l'allegra comitiva ha deciso di recarsi da un compagnone di bagordi, un certo Maksim: esce, e sulla scala vede il cadavere. «Si dice che un morto porti fortuna», esclama lei degnandolo appena d'uno sguardo e scavalcandolo elegantemente, come in un passo di danza, con la scarpina in primo piano. «Avanti ragazzi che si fa tardi, da Maksim, da Maksim», dice l'ultima didascalia, mentre il film si chiude sul volto del suicida. Avete già capito quanto siano importanti le didascalie nelle opere di Bauer, che qui era anche sceneggiatore oltre che scenografo e regista. L'esortazione «da Maksim, da Maksim» ricorda il cechoviano «a Mosca, a Mosca».
Da Alfabetiere del cinema, a cura di L. Pellizzari, Falsopiano, Alessandria, 2006