Anno | 2016 |
Genere | Commedia, |
Produzione | Italia |
Durata | 90 minuti |
Regia di | Gian Paolo Cugno |
Attori | David Coco, Tiziana Lodato, Maria Teresa Esposito, Ivan Giambirtone, Giada Colonna . |
Uscita | giovedì 10 novembre 2016 |
Distribuzione | Project i Production |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 7 novembre 2016
Al centro della vicenda Angelo, imprenditore di successo e la moglie Anna, giovane avvocato in carriera, che vengono travolti dalla crisi economica che attanaglia l'Italia.
CONSIGLIATO NÌ
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"Lui non l'ha mai visto un cantastorie, neppure in televisione!" Maria Teresa non supera i 10 anni ma comprende all'istante che l'antico mestiere del cantastorie conserva qualcosa di misterioso e potente, anche agli occhi di una bambina contemporanea. Suo padre Angelo (David Coco), da pochissimo lasciato dalla moglie ma con la figlia che ha scelto di trascorrere con lui l'estate, ha deciso di lasciare Roma dopo 30 anni per rientrare nella natìa Sicilia. Non appena osserva i vecchi arazzi dello zio con le leggende locali, materia dei cantastorie siciliani, la bimba vuole che anche suo padre impari a raccontare quelle storie, viaggiando con lei attraverso un'isola che si scoprirà loro complice.
Il primo elemento che balza agli occhi davanti al terzo lungometraggio del siciliano Gian Paolo Cugno è la passione genuina e profonda che lo lega alla sua terra, in ciascuna delle contraddizioni che essa si porta da secoli. "Se la storia non la vivi, non la puoi raccontare" sentenzia l'anziano al giovane emigrato da troppo tempo. È per questo, dunque, che Cugno sceglie un alterego per poter tornare a "rivivere" quella Storia dimenticata nella quale, forse, si nasconde anche il senso delle contraddizioni di cui sopra. Il patrimonio della narrazione orale della Trinacria è straordinario e contempla quel meraviglioso meccanismo del tramandarsi la Memoria di generazione in generazione ormai trascurato se non completamente smarrito. Angelo ha avuto la "fortuna" di un nonno e di un padre cantastorie e sua figlia sembra aver ereditato da loro - ancor più di lui - l'antica arte del racconto. Con il pretesto di mettere questo in mostra, accanto alle difficoltà dell'attuale precarietà professionale (il protagonista ha anche perso il lavoro da imprenditore di cui si pregiava a Roma), il regista edifica un plot appoggiato sul road movie che contiene tutti gli elementi del romanzo di formazione, sia in termini educativi (per la piccola Maria Teresa) che informativi (per lo spettatore). In rassegna passano parallelamente gli scenari della Sicilia sudorientale contemporanea e il racconto delle leggende più popolari, da Salvatore Giuliano a Colapesce, dalla Baronessa di Carini alla saga di Orlando: il contrasto si fa evidente ma la riconciliazione su più livelli proposta dal film è chiaramente il suo palese obiettivo.
È un vero peccato che a fronte di una materia così ricca e preziosa, I cantastorie esibisca scelte di scrittura e regia tanto esili, totalmente incapaci di un'elaborazione linguistica che vadano oltre la prevedibilità.