Anno | 2011 |
Genere | Commedia |
Produzione | Germania |
Durata | 110 minuti |
Regia di | Leander Haussmann |
Attori | Michael Herbig, Jürgen Vogel, Thekla Reuten, Alexander Senderovich, Valeriy Grishko Juraj Kukura, Friedrich Karl Praetorius, Thomas Thieme, Sebastian Blomberg, Axel Wandtke, Steffi Kühnert, Robert Dölle, Daniel Wiemer. |
MYmonetro | 2,96 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 31 ottobre 2011
Fra spie e delatori, veri ocmunisti e impostori, Hans, attore comico della Berlino nazista, interpreta il ruolo della sua vita all'Hotel Lux. Il film è stato premiato a Roma Film Festival,
CONSIGLIATO SÌ
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Nella Germania del 1933, una coppia di comici, Hans Zeisig e Siggi Meyer, costituisce l'esibizione di punta di un cabaret berlinese. Il loro numero consiste in un'imitazione satirica di Hitler e di Stalin, tollerata dai gerarchi delle SS solo perché inserita fra una serie di sketch antisemiti sugli stereotipi ebraici. Dei due commedianti, Zeisig è un dongiovanni che sogna l'industria dorata di Hollywood, del tutto disinteressato alla politica e al colore del regime per cui deve recitare. Meyer, al contrario, è di origini ebree ed è un militante per il partito comunista. Quando viene chiamato a diventare attivo rivoluzionario contro il regime hitleriano, Meyer non si tira indietro e lascia Zeisig a recitare da solo. Ma nel momento in cui i dirigenti nazisti si irritano di fronte all'ennesima gag sul Führer, anche quest'ultimo decide di fuggire da Berlino e cercare rifugio temporaneo a Mosca. Alloggiato presso l'Hotel Lux, sede di accoglienza di tutti i rifugiati comunisti, Zeisig viene scambiato per l'astrologo ufficiale di Hitler e costretto a predire il futuro del regime a Stalin in persona.
All'interno di quell'ampio corpus di film dedicati al nazismo, sono molte le storie incentrate sul rapporto fra arte e regime. Alla base di questo connubio, non c'è solo il fatto storico che i totalitarismi novecenteschi sono stati i primi a scoprire il potere persuasivo del linguaggio delle immagini, ma anche il dato essenziale (e a tratti inquietante) che i grandi dittatori siano stati di fatto grandi commedianti.
Hotel Lux rientra in questa linea, ma decide di percorrerla attraverso uno script spurio e disarticolato che contamina l'ampio respiro del romanzo storico con i sussulti della risata, e uno stile visivo che riesce ad essere al contempo una ricostruzione sontuosa e una brillante e fantasiosa rivisitazione degli eventi. Senza troppa polvere di stelle e compiaciute cadute nel vintage, il film omaggia apertamente Il grande dittatore e Vogliamo vivere mantenendosi in una dimensione di confine fra la tragedia reale della storia e il mondo oltre lo specchio della trasfigurazione artistica.
È al carisma del protagonista che viene demandato il compito di suturare questa discontinuità. Attore sotto un doppio regime, l'Hans Zeisig di Michael Bully Herbig è una versione sorniona e scapestrata del Mephisto di Klaus Mann: un commediante a tutti i costi, capace di uscire indenne da ogni situazione grazie a un animo da mattatore indomabile e una buona dose di fortuna. Il suo personaggio è in fondo meno bravo nell'arte della battuta che in quella della dissimulazione, e così è per il film, che, per quanto le trovate del film abbiano meno estro e vivacità rispetto ai loro alti modelli degli anni Trenta, ne rappresentano comunque una buona imitazione, una sorta di legittima falsificazione della storia e dei suoi protagonisti (fra cui anche i famosi von Ribbentrop e Molotov del celebre patto di non belligeranza che anticipò l'invasione della Polonia nel '39). Tale idea della dissimulazione dietro la simulazione, della pantomima dietro la finzione, è in fondo quel che rende tutto sommato godibile e "burlesco" questo moderno cabaret d'antan.
Pesante parodia della Germania nazista e della Russia di Stalin. Forse non siamo ancora pronti a ridere di un pezzo di storia che ha inciso dolorosamente nell'animo di milioni di persone. Le ricostruzioni dei personaggi e degli ambienti forse meriterebbero degli approfondimenti, ma la sceneggiatura, volutamente grossolana non lascia spazio a ripensamenti: si poteva evitare.