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La vita di grandi successi e grandi drammi di Rock Hudson

L'attore ha saputo coprire ogni tipo di personaggio: uomo del west, pilota di caccia, comandante di sommergibile, principe spadaccino del Rinascimento, proprietario terriero, persino capo indiano. Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

Rock Hudson (Rock Hudson, Roy Harold Scherer Jr.) 17 novembre 1925, Winnetka (Illinois - USA) - 2 Ottobre 1985, Los Angeles (California - USA). Interpreta Jordan 'Bick' Benedict jr nel film di George Stevens Il gigante.
lunedì 12 maggio 2025 - Focus

RaiMovie dedica una rassegna a Rock Hudson definendolo “cuore ribelle”. Niente di più improprio, l’attore, nei suoi ruoli, non era davvero un ribelle. Ribelli erano Marlon Brando, Paul Newman, James Dean, Montgomery Clift, gente del primo gruppo dell’Actors Studio, peraltro coetanei di Hudson. Erano quelli, per farla ultra-breve, che non erano mai sé stessi ma “entravano nel personaggio”. E che stravolsero le regole della recitazione. Rock faceva parte della scuola “naturalista” dei Gary Cooper, John Wayne, Cary Grant, che erano sempre sé stessi, non avevano bisogno di recitare.  

Grande professionista comunque, ha saputo coprire ogni tipo di personaggio, uomo del west, pilota di caccia, comandante di sommergibile, principe spadaccino del Rinascimento, ricco proprietario terriero, giocatore di professione, persino capo indiano. E altro. Ma era come se in quei ruoli fosse in prestito. Lui era il bravo e bell’americano, sedotto più che seduttore, elegante, affascinante, ironico, a proprio agio anche in parti tipo commedia dell’arte. E poi quell’aspetto, viso classico, più che bello, corpo perfetto in quel metro e 96. La sua testa sovrastava sempre tutti gli altri. Significava dominare nei contesti. Quella generazione presentava ogni tipo di modello, caratteri alla Tony Curtis e Jack Lemmon, Charlton Heston, il britannico Richard Burton, oltre ai “ribelli” già citati e a molti altri. Ma Rock, per la somma degli aggettivi detti sopra, rimaneva un unicum. Con tutti i limiti artistici che comunque non lo imbarazzavano. 
Non sarebbe mai stato il Marco Antonio da Shakespeare come Marlon Brando, che in quella performance aveva incantato persino i “puristi” del Bardo come John Gielgud e Laurence Olivier. Nemmeno il tormentato e alcolizzato Paul Newman de La gatta sul tetto che scotta, da Tennessee Williams, gli sarebbe stato compatibile, così come il dolente James Dean nella “Valle dell’Eden” da John Steinbeck. E ancora Marlon Brando che fa l’inquietante e violento Stanley Kowalski nel “Tram chiamato Desiderio” sempre da Williams.  
Tutto questo non gli ha impedito di “essere” Rock Hudson. Spesso i registi lo facevano ballare, ed era inguardabile, ma era… Rock Hudson.
   
Nasce il 17 novembre del 1925 a Winnetka Illinois, da famiglia modesta, ha otto anni quando i genitori divorziano e viene adottato dal secondo marito della madre, Wallace Fitzgerald. A 18 anni si trova in servizio militare in Marina, poi fa tanti lavori. E’ un camionista quando tale Henry Wilson, agente, lo nota e gli fa fare un provino a Hollywood. Wilson capisce di avere fra le mani un ragazzo con un destino. Si impegna per costruirgli l’immagine da cinema e gli cambia il nome. E così Roy Fitzgerald diventa Rock Hudson. Wilson, creativo, intendeva evocare due segnali forti della nazione americana, il fiume che attraversa New York e la Montagne rocciose.  
La sua filmografia è ricchissima, occorre dunque procedere a selezione e a campione. Il registro costante è quello dell’americano classico e fortunato. Conosce una donna, si piacciono, ma interviene sempre qualche complicazione. Alla fine tutto si aggiusta, in onore all’immancabile happy end. Era soprattutto Doris Day la sua compagna di viaggio, altro modello dell’americana che non può essere che felice.
Alcuni titoli escono dallo schema, presentano maggiori invenzioni e qualità. In Torna a settembre di Robert Mulligan, Rock è un ricco imprenditore americano che possiede una stupenda villa in Riviera. Se la gode solo in agosto. Questo consente al custode di trasformarla in albergo. 
Ma il proprietario arriva prima e trova la sua casa occupata da turisti. Le gag, seppure già viste, sono all’altezza. Gina Lollobrigida è l’amante italiana anche lei compagna d’estate. I due, sempre disturbati dai turisti non riescono a … consumare. Lo scontato lieto fine li soccorre. 
In Non mandarmi fiori George-Hudson legge una cartella medica infausta, credendo che sia la sua. Convinto di avere ormai poco tempo davanti, cerca di sistemare le cose. Il primo compito è trovare un nuovo compagno per la moglie (Doris Day). La ricerca lo porta a conoscere Bert. L’attore è Clint Walker, aitante, seducente, che sarebbe perfetto: riesce persino ad essere più alto di Hudson. Alla fine si scopre la verità. I tre attori reggono benissimo questo gradevole modello di commedia-leggera-hollywoodiana.
Nei “Gigante” di George Stevens, Rock, proprietario terriero del Texas deve vedersela con un antagonista scomodo, James Dean. Come detto i due rappresentavano due metodi opposti. Dean, un alternativo complicato e aggressivo, non fece altro che insultare Hudson, nella realtà non nella fiction. Diceva di lui: non è un attore, non è un uomo, è un maiale. Toccava a Liz Taylor cercare di mediare fra i due, senza grandi risultati. Dean, purtroppo, si tolse di mezzo in quell’incidente che gli tolse la vita a produzione non ancora completata. Per le ultime scene Stevens dovette ricorrere a un sosia.   
Quando chiedevano a Rock Hudson di citare un titolo che gli stesse particolarmente a cuore, diceva Operazione diabolica. Dove copriva un ruolo lontano dai suoi abituali. Nel film era Arthur, un uomo insoddisfatto e infelice. Un giorno riceve la telefonata da un amico che credeva morto. In realtà era vivo, grazie a un’organizzazione che offriva la possibilità ai propri clienti di iniziare una nuova vita organizzando una finta morte e mutando l’aspetto con un intervento di chirurgia plastica. Arthur aderisce avendo così la possibilità di incontrare famiglia e amici senza essere riconosciuto e ascoltando la loro opinione su di lui. Il regista era John Frankenheimer, autore vero, che si dedicava a storie molto diverse dalla “commedia dell’arte”. Così Rock si scopriva diverso, persino bravo.  

                                                                  FINE PRIMA PARTE 

Rock Hudson nella memoria comune, purtroppo non viene ricordato solo come attore, ma soprattutto per le sue vicende drammatiche: la gestione dell’omosessualità  che rimase segreta fino al momento della scoperta di aver contratto il virus dell’HIV e l’annuncio della malattia da parte di un uomo così conosciuto che divenne un caso mediatico che determinò, dovunque, la coscienza di quella sindrome.  Questi temi saranno ripresi nella seconda parte dell’editoriale. 


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