Il regista è sempre più incline al parodistico, non raggiungendo le vette del passato. Presentato alla Quinzaine des réalisateurs.
di Emanuele Sacchi
Leo è un pugile di poche parole ma dal pugno pesante: quando scopre di avere un tumore al cervello diviene preda dello sconforto. Monika è prigioniera della yakuza, che la obbliga a prostituirsi e l'ha resa tossicodipendente, costantemente in crisi di astinenza. I due si trovano coinvolti in un complotto che li porterà a scontrarsi con un variegato gruppo di personaggi, corrispondenti ad altrettante forme di insana bizzarria: un emissario della yakuza stessa, un poliziotto corrotto, un killer delle triadi cinesi con un braccio solo e così via, con crescente tendenza all'eccesso.
Chi si siede in sala a vedere un film di Takashi Miike in genere sa già a che cosa andrà incontro. E Miike, che ne è pienamente consapevole, vuole bene al suo pubblico, ripagandolo con uno spettacolo di piombo e grand guignol che raramente delude le attese.