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Il tempo delle arti

Dopo Il tempo delle mele, Danièle Thompson torna alla commedia sentimentale per raccogliere i "frutti" che il tempo ha maturato
di Marzia Gandolfi

mercoledì 14 giugno 2006 - News
Dopo aver sceneggiato Il tempo delle mele, Danièle Thompson torna alla commedia sentimentale per raccogliere i "frutti" che il tempo e l'esperienza hanno maturato. Il risultato è Un po' per caso, un po' per desiderio, un'opera garbata che riconsidera l'arte nelle sue declinazioni. La crisi creativa in cui versano gli artisti protagonisti si risolverà col favore e nel nome di un'unica musa, che ha il volto sognante di Cécile De France.

La sceneggiatura del film è stata scritta a quattro mani con suo figlio, Christopher Thompson: quanto ha influito la relazione familiare sulla scrittura?
Sono sempre stata abituata a scrivere dentro le dinamiche familiari. Ho iniziato a lavorare con mio padre che ha scritto diverse commedie di cui mi piace ricordare Tre uomini in fuga, dunque non ho preconcetti a lavorare in famiglia. Nella mia carriera di sceneggiatrice ho lavorato con diversi registi, quando poi ho trovato il coraggio di debuttare alla regia con Pranzo di Natale, ho avuto bisogno di un co-sceneggiatore. Nello stesso periodo avevo letto una sceneggiatura di mio figlio e mi era parsa molto buona e così ho deciso di tentare questa carta. Certo all'inizio eravamo entrambi scettici, temevamo che il rapporto madre-figlio potesse compromettere il nostro lavoro. Ci siamo dati un periodo di prova di quindici giorni al termine del quale avremmo deciso il da farsi. Il risultato è stato che da quel momento abbiamo sempre lavorato insieme e abbiamo già fatto tre film.

Signora Morante, è contenta del ruolo che Danièle ha ritagliato per lei nella sua commedia? In principio ero al settimo cielo, mi ripetevo che finalmente qualcuno mi permetteva di mettermi alla prova in un ruolo comico, ma alla fine mi sono resa conto che l'unico ruolo non comico nella sua commedia era stato assegnato proprio a me. Quindi ho preso parte a una commedia ma in ruolo triste. Non ho nulla contro i ruoli drammatici, intendiamoci, anzi nutro un'autentica passione per quelli tragici. Ripensandoci poi, in Francia non mi era mai capitato di fare ruoli comici, soltanto in Italia mi sono espressa in questo senso. Ma grazie a Danièle adesso sto lavorando con Alain Resnais.

Lei ha vissuto molti anni in Francia, in quanti film francesi ha lavorato?
Nonostante ci abbia vissuto dieci lunghi anni, ho lavorato pochissimo in Francia. In tempi più recenti, invece, lavoro e ho lavorato in cinque o sei film francesi, buffo no? Dopo il film di Danièle adesso sono sul set di Resnais e sto contemporaneamente lavorando a un altro sulla vita di Molière, dove sono l'unica italiana! Io ho un accento facilmente riconoscibile, per questa ragione mi capita spesso di interpretare un personaggio "straniero". Solo una volta ho fatto la francese ma non so dirle con quale risultato, ero la moglie di Dreyfus. I francesi mi vedono misteriosa e davvero non so perché.

Signora Thompson può raccontarci il personaggio interpretato da Laura Morante? È davvero così poco comico?
Io cercavo una donna che vivesse una storia difficile col marito, ma allo stesso tempo che fosse una di quelle donne impossibili da lasciare.

Signora Morante, è d'accordo?
Assolutamente no. Quando questo personaggio mi è stato proposto l'ho odiato. Detesto le mogli managers dei mariti e poi mi spaventa in generale l'idea di una donna consacrata interamente a un uomo, fosse anche, come in questo caso, un artista. La loro vita diventa un ricatto. Questo genere di donna non è impossibile da lasciare, si può soltanto strangolare.

Danièle Thompson: Forse la strangolerà dopo il film! No, invece è un personaggio che amo molto, molto vero. Spesso gli uomini, soprattutto se artisti, hanno bisogno di una donna che si occupi di loro, che li protegga, li isoli dal resto del mondo. Sono rapporti che iniziano così, ci sia abitua ma poi ci si accorge di essersi creati una gabbia e di esserne prigionieri.

La "citazione" di Monica Bellucci, le ha creato qualche problema?
Effettivamente, dopo l'uscita del film, mi sono chiesta come avrebbe preso Monica la battuta pronunciata da una delle protagoniste. Mi chiedevo se Monica avrebbe capito che quello era solo un modo di omaggiarla e così, nel dubbio, ho chiamato suo suocero, il padre di Cassel, che mi ha rassicurata a riguardo. Uno degli argomenti nascosti del film è quello delle "categorie" in cui ciascuno di noi tende a mettere la gente e le cose. Succede con Shakespeare e Feydeau, lo stesso accade con Monica.

Come si sceglie il musicista o la musica per una commedia? E perché Nicola Piovani?
La scelta del musicista è sempre molto difficile, perché quando si lavora a un film le cose sono sempre in evoluzione, tutto è confuso. Nel mio film tutto si complicava ulteriormente perché avevo scelto di inserire la musica di grandi musicisti della storia. Ho scelto Nicola perché nella sua musica, come nei film della commedia all'italiana, rintraccio una commistione di suoni tragici e comici, ed è esattamente questa che cercavo.

Signor Piovani,quali sono stati i tempi di realizzazione per la sua musica? Quelli ideali, ho lavorato in quelli ideali, davvero. Io ho bisogno del tempo di sedimentazione, quello in cui la musica ti viene commissionata e poi tutti spariscono dietro al film e tu rimani solo e tranquillo a lavorare, a prendere appunti. Le musiche non originali erano già state preordinate da Danièle prima di girare con uno scrupolo impressionante. L'attore che interpreta il ruolo del concertista teneva le pozioni sul pianoforte in maniera perfetta, come fosse un professionista. Per comporre la mia musica mi sono fatto prendere dalla cosa che più mi affascinava nel film: la rete di rapporti umani che si crea al suo interno. Lo sguardo giusto da adottare era quello che si allontanava a guardare queste relazioni. Nella mia musica c'era una vena malinconica che preoccupava molto Danièle che al contrario mi richiedeva una musica allegra. Poi si è buttata sul valzer principale che ha scelto come tema del film e che poi tanto allegro non è. È stato Monicelli ad affrancarmi dai cosiddetti film impegnati. Quando mi chiamò per Il marchese del Grillo, mi disse che finalmente mi sarei liberato della mia musica "mortaccina".

Signora Thompson, come avete lavorato col pianista? Il suo personaggio è ispirato a un pianista che conosco e che a cinquant'anni ha deciso di uscire dal sistema. Questo pianista si chiama François-René Duchâble e questa è in fondo la sua storia. Ha collaborato con noi alla realizzazione di questo film, preparando Albert Dupontel a interpretare, in maniera credibile, il ruolo del concertista Jean-François Lefort, insegnandogli la corretta postura e come tenere le mani sulla tastiera del pianoforte. Nelle inquadrature frontali, lui sta sotto il piano e in quella posizione assurda riesce a suonare al posto dell'attore. Anche nei primissimi piani le mani sono le sue. Duchâble ha apprezzato questo lavoro e a suo tempo, insieme alla carriera, lasciò la moglie…

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