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Dopo il piccolo e provinciale "Caimano", Moretti torna a dirigere un film dal respiro universale: un apologo sul senso d'inadeguatezza e la forza della rinuncia, originale nel concept, creativo nella realizzazione, emozionante nella visione.
I rilievi negativi di taluni sull'eccessivo narcisismo dell'autore (riferiti alle parti in cui compare Moretti) possono esser plausibili: si ha in effetti la sensazione che la potatura di alcune facezie, specialmente nell'ambito della partita di pallavolo, avrebbe giovato al film.
Ma in ogni caso le due anime della pellicola, quella intimista e dolorosa cucita su Piccoli e quella più 'Morettiana', riescono ad armonizzarsi grazie a una sceneggiatura molto abile che orchestra con maestria e imprevedibilità una vicenda che si dipana da un'ipotesi fantasiosa, ma nel contempo possibile (lo dice la storia della chiesa).
E il registro bonariamente surreale a cui di tanto in tanto il regista ricorre, permette d'esplorare situazioni e stati d'animo di grande interesse che in chiave puramente iperrealista non sarebbe stato possibile o conveniente rappresentare.
Un Nanni Moretti da non perdere e da gustare senza prevenzioni o preclusioni.
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recensioni di critica, pubblico e dizionari.
