Ci risiamo. Ancora con l’eterna storiella della raccomandazione che prevale sul merito. E naturalmente, giù a moraleggiare, a dire che queste cose non devono accadere. Così siamo tutti bravi, anche se poi tutto continua come prima, e gli spunti per la morale “facile” e superficiale, non mancano mai. Ma si è provato, piuttosto, a scendere in profondità? Ci si è chiesti PERCHE’ certe cose avvengono?
Credete davvero che tutti i raccomandati siano arrivisti, ambiziosi o figli di papà? Ok: ci sono anche quelli. L’ambizione -con merito o senza- è un fatto, purtroppo, della nostra società competitiva e “fatta a scale”. Ma la raccomandazione, non fingiamo d’ignorarlo, è tante volte l’unico mezzo realistico per una vita dignitosa e tranquilla. È l’estremo rifugio del genitore in apprensione che non sa come farà il figlio (disoccupato, precario ecc.) ad avere un tetto e un piatto caldo, quando lui non ci sarà più; è la zattera nel mare in tempesta per la giovane coppia che non riesce a progettare una vita insieme: parlo di una casa, di figli da nutrire e mandare a scuola, di serenità, non certo di ville con la piscina e la maserati in giardino.
Perciò è inutile stare a parlare di merito, in una società priva di garanzie, di sicurezze, di stabilità: qui non si tratta del “chi non risica non rosica”, certo che non si può pretendere il malloppo senza puntare; si tratta dell’obbligo, che ci viene appioppato oggigiorno, di giocare d’azzardo. Il che non è concepibile, e finisce per legittimare anche il ricorso a vie traverse pur di evitarlo. Certo che non si dovrebbe farlo, calpestando il merito di chi si fa il mazzo: ma allora eliminiamone il bisogno! Togliamo la necessità di rubare o raccomandarsi, prima di dire “non si deve rubare e raccomandarsi”. Togliamo quel ricatto onnipresente, che spinge tante persone a scendere a schifosi compromessi come quelli che si vedono nel film; e allora sì che si potrà deprecare chi è disposto a scenderci. Altrimenti, stiamo facendo della morale a buon mercato, ipocrita, bigotta e farisea. La raccomandazione è ingiusta: nel senso che è ingiusto che si debba arrivare a tanto. Sarebbe giusto, non tanto che tutti competessero lealmente, quanto -a monte- che nessuno fosse costretto a competere. E poi, DOPO, sarebbe sacrosanto parlare di merito, di accesso a determinate professioni solo per chi è competente. Con un futuro tranquillo e dignitoso garantito a tutti gli altri, però. Allora saranno molti meno a brigare e intrigare (a tutto vantaggio della stessa meritocrazia), e diamo pure addosso a chi continuasse a farlo soltanto per arrivismo e ambizione, diamogli pure l’ergastolo: sarò completamente d’accordo!
Un film, dunque, davvero mediocre sul piano dei contenuti, che ribadisce i soliti discorsi banali e triti, senza aggiungere nulla di nuovo, senza infastidire il sistema, che anzi vuole proprio ciò: vuole questa morale miope, e che nessuno si azzardi a guardare troppo lontano (dove loro, i potenti, non vogliono che si guardi). E anche nella sua forma “artistica”, niente di che: per essere una commedia, d’ilarità ne spreme davvero poca, piuttosto viene da piangere a vedere anche lo scempio che fa dei rapporti personali e affettivi, ridotti a un dedalo di ambigui intrighi, di subdoli calcoli, di interessi molteplici e striscianti che calpestano ogni brandello di verità e autenticità.
L’unica scena carina è quella della cena di classe, in cui si vede a che sordidi banchetti dell’ipocrisia finiscano per ridursi queste “occasioni di ritrovo”: null’altro che squallide passerelle in cui ci si confronta secondo “quanto successo hai avuto nella vita”, allo scopo di pavoneggiarsi scioccamente e umiliare gli altri. Come se la carriera (più o meno meritata) facesse il valore della persona; e chi non fa carriera, non sale i gradini della scala sociale, fosse da buttare: che mentalità di merda! E la pagano i pochi individui razionali e saggi, costretti a tritarsi insieme a tutti gli altri nel grigio ingranaggio del gioco d’azzardo, a farsi sbattere come palline alla roulette nel turpe casinò del Capitalismo. Un applauso ai tre protagonisti, quando mandano a fare in… tutto il resto della classe: l’unico -e tiepido- che merita questo film.
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