marylene
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sabato 8 marzo 2014
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quel caldo stile di ozpetek....
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Questo film mi ha scaldato il cuore.
C’è colore, calore, amore… Il colore della vita, il calore dei sentimenti, il valore dell’amicizia e un amore che emoziona, perché poco ragionato, istintivo, apparentemente freddo ma in realtà molto profondo.
Certi critici, pensando di fare i fenomeni, l’hanno subito stroncato, irridendo addirittura ad una delle più belle e toccanti scene del film, dove il protagonista dimostra il proprio amore alla moglie provata e debilitata dalla malattia, nell’unico modo che sa, usando la sua fisicità, che in quel momento, da ruvido ammasso di muscoli si trasforma in una struggente tenerezza, una dolcezza che tocca l’anima.
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Questo film mi ha scaldato il cuore.
C’è colore, calore, amore… Il colore della vita, il calore dei sentimenti, il valore dell’amicizia e un amore che emoziona, perché poco ragionato, istintivo, apparentemente freddo ma in realtà molto profondo.
Certi critici, pensando di fare i fenomeni, l’hanno subito stroncato, irridendo addirittura ad una delle più belle e toccanti scene del film, dove il protagonista dimostra il proprio amore alla moglie provata e debilitata dalla malattia, nell’unico modo che sa, usando la sua fisicità, che in quel momento, da ruvido ammasso di muscoli si trasforma in una struggente tenerezza, una dolcezza che tocca l’anima.
Passano 13 anni dove manca la narrazione, ma loro sono ancora lì, insieme. Bastano i dettagli, gli sguardi, le atmosfere, i silenzi, poche parole, un litigio, un abbraccio per farci capire come possano essere stati quegli anni, con gli alti e bassi che fanno parte della vita, della loro ma anche della nostra.
Nei film di Ozpeteck c’è sempre un piccolo tocco magico, quella sensibilità tutta sua che ne caratterizza lo stile …certe inquadrature evocative, alcuni flash onirici , pochi attimi che sanno essere eloquenti più di tanti discorsi.
Che gli piacciono i corpi maschili si sa, non ne fa mistero e quando può li mostra… in questo caso è un corpo dalla sensualità macha e un po’ cafona…. ma a differenza di troppi registi che ostentano le nudità strizzando l’occhietto malizioso, il suo compiacimento non è mai ipocrita, il suo “voyerismo” non è mai volgare e lo spettatore, quello privo di pregiudizi, lo capisce e ne apprezza la sincerità.
Non c’è nulla che disturbi in questo film e anche i toni , leggerezza e drammaticità, sono ben amalgamati .
Kasia Smutniak è molto brava, sa esprimere e soprattutto trasmettere i propri sentimenti nell’allegria così come nel dolore mentre Arca, che incarna esattamente ciò che il regista voleva, tutto sommato si difende dignitosamente.
Ma sono soprattutto le figure di contorno a spiccare, frizzanti personaggi che con la loro verve comica sanno stemperare le atmosfere in modo garbatamente ironico…. La mamma Carla Signoris, la “zia” Elena Sofia Ricci, l’amica Crescentini, l’amico Scicchitano e la bravissima Paola Minaccioni, che cerca teneramente e disperatamente di alleggerire il suo imminente dramma.
Poi c’è Rino Gaetano con la splendida “A mano a mano”…..
E un’altra cosa, anche noi nel nostro piccolo abbiamo gli attori disposti a modificare il proprio corpo per rendere più credibili i propri personaggi. Arca in poco tempo ha preso su 13 chili e la Smutniak ne ha persi 8.
Non vinceranno certo l’Oscar, questo è sicuro, ma apprezziamone lo sforzo!
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(di fortezza vecchia)
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(di marylene)
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roga.g
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sabato 8 marzo 2014
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ma questi critici sono persone normali ?
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Sono rimasto sconcertato dalla differenza tra il giudizio dei cosiddetti critici cinematografici e quello del pubblico, il film è stroncato dagli "esperti" invece il pubblico lo trova coinvolgente e delicato. Alla proiezione nella sala non volava una mosca , segno di una partecipazione emotiva globale . uscito dal cinema non riuscivo a darmi una spiegazione logica di questa discrasia. Un pensiero maligno .... Non sarà che il regista notoriamente gay , quasi diventa politically not correct , per questo amore folle tra la protagonista e il meccanico omofobo , rude e adultero. Ma l'amore ,direi purtroppo , prescinde da calcoli cerebrali e sceglie il suo percorso nonostante la nostra logica. In conclusione un film da non perdere ,come lo stupendo mare del Salento che si apprezza nel film.
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fvm56
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giovedì 6 marzo 2014
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e a mano a mano, vedrai che nel tempo..
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Siamo nell’anno 2000, in una Lecce splendida e luminosa come la pietra locale, fotografata con amore dal regista nelle sue mattine brillanti come nelle sue notti animate. Qui vive la giovane Elena (Kasia Smutniak) circondata dall’affetto di amici e familiari, ed in particolare legata all’amico gay Fabio (Filippo Scicchitano): assieme lavorano duramente in un bar e progettano di aprire un locale tutto nuovo ed interamente loro. In questa atmosfera serena irrompe un giorno la figura di Antonio (Francesco Arca), diverso per estrazione culturale, idee ed abitudini. Inaffidabile, omofobo ed anche un po’ razzista, Antonio porta con sè una fisicità imponente mista ad un temperamento aggressivo.
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Siamo nell’anno 2000, in una Lecce splendida e luminosa come la pietra locale, fotografata con amore dal regista nelle sue mattine brillanti come nelle sue notti animate. Qui vive la giovane Elena (Kasia Smutniak) circondata dall’affetto di amici e familiari, ed in particolare legata all’amico gay Fabio (Filippo Scicchitano): assieme lavorano duramente in un bar e progettano di aprire un locale tutto nuovo ed interamente loro. In questa atmosfera serena irrompe un giorno la figura di Antonio (Francesco Arca), diverso per estrazione culturale, idee ed abitudini. Inaffidabile, omofobo ed anche un po’ razzista, Antonio porta con sè una fisicità imponente mista ad un temperamento aggressivo. Non ci potrebbe essere persona più diversa da Elena che invece è gentile, seria, e fidanzata con un ragazzo affidabile e di buona famiglia. Eppure è proprio Elena a farsi attirare da Antonio perchè, come si sa, gli opposti si attraggono, e nella vita - ci viene ricordato nel corso del film - bisogna agire d’istinto per fare ciò che ci va, prima che sia troppo tardi..
Inizia sotto la pioggia quest’ ultimo film di Ferzan Ozpetek, come sotto la pioggia si concludeva la storia, raccontata anch’essa a Lecce, in “Mine vaganti”. Ritroviamo dunque quell’atmosfera simpatica, calda ed avvolgente che ha dato successo all’altro racconto salentino del regista, anche se qui mancano alcuni dei guizzi ironici e delle originalità che permettevano al precedente film di spiccare. La sceneggiatura è interessante e ben rappresentata, caratterizzata da una seconda parte più drammatica che tende a volte a sfociare in toni da feuilleton sentimentale. Ozpetek però ha mestiere, riesce a mantenere il ritmo della narrazione ed una buona direzione degli attori, e si conferma bravo nella scelta delle ambientazioni come nell’utilizzo dei mezzi tecnici. Il film appare dunque gradevole, ed il ricorso finale ad un flashback per completare la descrizione dell’amore fra Elena ed Antonio permette di disegnare una conclusione allegra e vitale.
Nel cast si dimostrano efficaci come in altre occasioni sia la Smutniak che Scicchitano. La scelta di Arca nel ruolo di Antonio, criticata da molti ma dal regista sempre difesa con convinzione, appare azzeccata, e l’attore, pur non recitando con la sicurezza di un professionista, appare a suo agio nella parte. Menzione speciale per Luisa Ranieri, brava e simpatica, e per Paola Minaccioni, cui è affidata una parte affatto facile, da lei risolta con un’interpretazione gentile e delicata. Bella la colonna sonora, con “A mano a mano” di Rino Gaetano.
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eleonora g.
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giovedì 6 marzo 2014
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a me è piaciuto
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Avendo letto delle recensioni non proprio favorevoli ero indecisa se vedere Allacciare le cinture, pensando di trovarmi di fronte alla solta storia di amori depressi e anime in pena. Invece, sono contenta di aver visto questo film che ho trovato ben interpretato, con musiche molto accattivanti e con una trama che coinvolge anche nella sua non originalità. Spezzo una lancia a favore di Francesco Arca che ha ben interpretato lo stereotipo dell'uomo del sud, belloccio e macho, ma pronto a gesti affettuosi e teneri con i figli e di fronte al male della sua donna.
[+] parole non dette
(di laura v)
[ - ] parole non dette
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fafia61
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domenica 30 marzo 2014
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questione di equilibrio
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Chi ama Ferzan Ozpetek continuerà ad amarlo, nonostante questa pellicola, bella ma non convincente, bella ma non bellissima.
Partiamo dalle cose belle.
La storia, innanzitutto. Toccante e coinvolgente. Perchè è pur vero che l'amore tra opposti, con la ragazza intelligente e colta, democratica ed impegnata che si innamora del ragazzaccio bello e rude, muscoloso e ignorantello sia già stato visto e rivisto, ma, col contorno stuzzicante di malattia devastante, fidanzati traditi e amicizie contrariate, funziona ancora.
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Chi ama Ferzan Ozpetek continuerà ad amarlo, nonostante questa pellicola, bella ma non convincente, bella ma non bellissima.
Partiamo dalle cose belle.
La storia, innanzitutto. Toccante e coinvolgente. Perchè è pur vero che l'amore tra opposti, con la ragazza intelligente e colta, democratica ed impegnata che si innamora del ragazzaccio bello e rude, muscoloso e ignorantello sia già stato visto e rivisto, ma, col contorno stuzzicante di malattia devastante, fidanzati traditi e amicizie contrariate, funziona ancora.
Gli attori, poi. Sorprendentemente bravi. Da Kasia Smutniak (voto 7,5), capace di spargere e trasmettere gioie e dolori, soddisfazioni e drammi, con grande impegno, con grande enfasi, con grande profondità, regalando, soprattutto nei passaggi delicati e difficili della malattia, un'inaspettata e stupefacente bravura.
Poi, l'altro protagonista, Francesco Arca (voto 6), trasportato in fretta e furia, e con mille polemiche e diffidenze, dal trono di Uomini e donne al set cinematografico. Eppure bravo, pur nella sua sostanziale inesperienza, a recitare una parte fatta soprattutto di sguardi e di silenzi, ma anche di rudezze, tatuaggi, muscoli e strafalcioni, nei quali il prestante fisicaccio si muove con sufficiente abilità.
Poi, i comprimari. Strepitosi. Da Filippo Scicchitano (voto 8), bravissimo a fare l'amico-gay, a Carla Signoris ed Elena Sofia Ricci (voto 6,5), brave soprattutto nei loro chiacchiericci battaglieri e ficcanti, a Carolina Crescentini (voto 6,5), Francesco Scianna (voto 6,5) e Paola Minaccioni (voto 7), quest'ultima impegnata in un difficile ed insolito ruolo di malata terminale.
Poi, la fotografia, buona; la location (Lecce e dintorni), ottima; il mare, fantastico.
E poi, tutti gli altri, abituali, dettagli dei tipici film di Ozpetek: la tavola conviviale e aggregante, il ceppo familiare solitamente allargato, l'amico gay, la colonna sonora accattivante.
Passiamo alle cose meno belle.
Solitamente bravo a barcamenarsi tra serio e faceto, tra impegno ed ironia, tra gag divertenti ed incursioni drammatiche, Ozpetech, questa volta, sbaglia l'equilibrio, eccedendo sia in qualche battutaccia umoristica( troppo banali e scontate quelle dedicate ai gay) sia, soprattutto, in certe situazioni patetiche e commoventi.
La tematica della malattia è argomento sensibile e controverso, soprattutto se va a toccare quelle parti, il seno, così importanti e coinvolgenti, per le donne.
Raccontarla in questo modo, come una fiction lacrimosa e lacrimevole, evidenziando e disseminando persino i suoi aspetti più atroci e drammatici, spaziando persino nelle sue componenti ospedaliere, curative e sanitarie, vuol dire, inevitabilmente, allontanarsi troppo dalla commedia e dalla leggerezza, per sprofondare nel melodramma e nell'impegno.
Non è facile, poi, staccarsi da questo abbraccio forte e mortale, sperando che la simpatia di Scicchitano o le spiritosaggini della Signoris alleggeriscano la tensione e riportino la trama nell'alveo naturale del cinema ozpetekiano.
Persino una delle scene più importanti e forti del film, la scena di sesso ospedaliero tra la malata Kasia ed il marito Arca, rischia, in questo contesto di essere facilmente travisata, immersa com'è in quel dramma medico che si sta compiendo, e al quale il prorompente protagonista cerca di opporsi donando alla moglie quello che lui sa dare, e cioè la sua fisicità, la sua sessualità.
E pure il tentativo del film di far trapelare una sorta di messaggio, 'L'amore è cieco' o, tutt'al più, 'Al cuore non si comanda', risulta piuttosto banale e grossolano, come se, per conquistare e sedurre la Smutniak bastino muscoli, sguardi e tatuaggi piuttosto che simpatia, dialogo e cultura.
E' logico, quindi, che non ci sia un vero e proprio approfondimento del matrimonio dei due protagonisti, tagliato via dai vari sbalzi temporali della sceneggiatura, soprattutto perchè risulterebbe difficile spiegare come si regga un rapporto che, nato bruscamente e frettolosamente su sguardi e sesso, si protrae poi, senza affinità nè similitudini, per anni ed anni.
Questa volta non sembra azzeccatissima neppure la colonna sonora, ad eccezion fatta per la bellissima 'A mano a mano', di Rino Gaetano, che conclude in modo dolce e commovente il finale.
La sensazione è che Ozpetek si sia stufato di cercare sempre quell'equilibrio di cui dicevamo prima, e che cerchi escursioni in altri campi, come dimostrano le recenti impennate visionarie o da ghost-story di 'Magnifica presenza'(2012) o le forzature melò di questo 'Allacciate le cinture'.
Sembrano distanti, insomma, i tempi di 'Saturno contro'(2007) e 'Mine vaganti'(2010), piccoli gioiellini del genere e indimenticabili roccaforti del tipico stile del regista.
Più che altro, quindi, questione di equilibrio.
Ma ,come diceva un famoso aforisma, 'Se vuoi fare un passo avanti, devi perdere l'equilibrio per un attimo'.
Già, ma solo per un attimo.
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fvm56
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giovedì 6 marzo 2014
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e a mano a mano, vedrai che nel tempo..
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Siamo nell’anno 2000, in una Lecce splendida e luminosa come la pietra locale, fotografata con amore dal regista nelle sue mattine brillanti come nelle sue notti animate. Qui vive la giovane Elena (Kasia Smutniak) circondata dall’affetto di amici e familiari, ed in particolare legata all’amico gay Fabio (Filippo Scicchitano): assieme lavorano duramente in un bar e progettano di aprire un locale tutto nuovo ed interamente loro. In questa atmosfera serena irrompe un giorno la figura di Antonio (Francesco Arca), diverso per estrazione culturale, idee ed abitudini. Inaffidabile, omofobo ed anche un po’ razzista, Antonio porta con sè una fisicità imponente mista ad un temperamento aggressivo.
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Siamo nell’anno 2000, in una Lecce splendida e luminosa come la pietra locale, fotografata con amore dal regista nelle sue mattine brillanti come nelle sue notti animate. Qui vive la giovane Elena (Kasia Smutniak) circondata dall’affetto di amici e familiari, ed in particolare legata all’amico gay Fabio (Filippo Scicchitano): assieme lavorano duramente in un bar e progettano di aprire un locale tutto nuovo ed interamente loro. In questa atmosfera serena irrompe un giorno la figura di Antonio (Francesco Arca), diverso per estrazione culturale, idee ed abitudini. Inaffidabile, omofobo ed anche un po’ razzista, Antonio porta con sè una fisicità imponente mista ad un temperamento aggressivo. Non ci potrebbe essere persona più diversa da Elena che invece è gentile, seria, e fidanzata con un ragazzo affidabile e di buona famiglia. Eppure è proprio Elena a farsi attirare da Antonio perchè, come si sa, gli opposti si attraggono, e nella vita - ci viene ricordato nel corso del film - bisogna agire d’istinto per fare ciò che ci va, prima che sia troppo tardi..
Inizia sotto la pioggia quest’ ultimo film di Ferzan Ozpetek, come sotto la pioggia si concludeva la storia, raccontata anch’essa a Lecce, in “Mine vaganti”. Ritroviamo dunque quell’atmosfera simpatica, calda ed avvolgente che ha dato successo all’altro racconto salentino del regista, anche se qui mancano alcuni dei guizzi ironici e delle originalità che permettevano al precedente film di spiccare. La sceneggiatura è interessante e ben rappresentata, caratterizzata da una seconda parte più drammatica che tende a volte a sfociare in toni da feuilleton sentimentale. Ozpetek però ha mestiere, riesce a mantenere il ritmo della narrazione ed una buona direzione degli attori, e si conferma bravo nella scelta delle ambientazioni come nell’utilizzo dei mezzi tecnici. Il film appare dunque gradevole, ed il ricorso finale ad un flashback per completare la descrizione dell’amore fra Elena ed Antonio permette di disegnare una conclusione allegra e vitale.
Nel cast si dimostrano efficaci come in altre occasioni sia la Smutniak che Scicchitano. La scelta di Arca nel ruolo di Antonio, criticata da molti ma dal regista sempre difesa con convinzione, appare azzeccata, e l’attore, pur non recitando con la sicurezza di un professionista, appare a suo agio nella parte. Menzione speciale per Luisa Ranieri, brava e simpatica, e per Paola Minaccioni, cui è affidata una parte affatto facile, da lei risolta con un’interpretazione gentile e delicata. Bella la colonna sonora, con “A mano a mano” di Rino Gaetano.
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selvaggia1987
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sabato 8 marzo 2014
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proprio un bel film!!
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Invogliata dal trailer (ed amante del cinema nel week end) sono andata a vedere questo film...mi è piaciuto molto!!! Tanto per cominciare c'è una Kasia veramente eccellente nel suo ruolo; impossibile non sentirsi partecipi con lei delle "turbolenze" della vita. Inoltre dramma e commedia si amalgamano in un'ottima alchimia..in una stessa scena c'è un tempo per intristirsi ed uno per sorridere. E' un film basato interamente sulle relazioni che attraversano le insidie del tempo...tanto l'amore quanto d'amicizia subiscono inevitabilmente degli scossoni. Confermo quanto già letto altrove...Ozpetek si è sbizzarrito nei dettagli!! Molte sono le scene che mi hanno colpita.
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Invogliata dal trailer (ed amante del cinema nel week end) sono andata a vedere questo film...mi è piaciuto molto!!! Tanto per cominciare c'è una Kasia veramente eccellente nel suo ruolo; impossibile non sentirsi partecipi con lei delle "turbolenze" della vita. Inoltre dramma e commedia si amalgamano in un'ottima alchimia..in una stessa scena c'è un tempo per intristirsi ed uno per sorridere. E' un film basato interamente sulle relazioni che attraversano le insidie del tempo...tanto l'amore quanto d'amicizia subiscono inevitabilmente degli scossoni. Confermo quanto già letto altrove...Ozpetek si è sbizzarrito nei dettagli!! Molte sono le scene che mi hanno colpita...davvero intense, sia per la recitazione che per il modo in cui sono state girate..per le inquadrature, ma anche per il modo di utilizzare i suoni (la pioggia all'inizio, i passi della protagonista all'arrivo in ospedale,ecc.). Non posso terminare la recensione senza fare menzione del ruolo di Paola Minaccioni...davvero eccezionale !!! Di Arca invece,si è spesso parlato negativamente circa il suo lavoro di attore . Che dire?! Sicuramente è agli esordi...ma se la cava!! Chiudo il mio commento consigliando a tutti di vedere "Allacciate le cinture".Non date troppo credito alle opinioni dei critici. Sono troppo influenzati dalla partecipazione a "Uomini e Donne" dell'attore protagonista oltre che fin troppo dediti all'uso di paroloni tecnici, per confondere il lettore e stroncare qualsivoglia opera!!!
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simohberto
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giovedì 20 marzo 2014
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il cinema italiano riprende la sua caduta libera
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Sono entrato in sala, un po' trafelato per la verità, cercando il più possibile di non lasciarmi influenzare da alcuni pareri negativi che avevo sentito qualche giorno prima. Ora posso contraddire quei pareri, troppo poco feroci nei confronti di un film così vuoto.
Sarà che la fa da padrone la parola "scopare", sin dai primi minuti -appena conosciuti i personaggi-(Con la poco riuscita gag della zia in casa) ma soprattutto tra le mura dell'ospedale, come se il senso della vita fosse tutto là: nel sesso. Non credo.
Sarà che i personaggi sono tipizzati allo stremo, non hanno crescita (anzi, qualche cenno di decrescita , che tuttavia il regista non ha avuto il coraggio di portare fino in fondo) non imparano, non mutano, non provano nulla di quello che dicono.
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Sono entrato in sala, un po' trafelato per la verità, cercando il più possibile di non lasciarmi influenzare da alcuni pareri negativi che avevo sentito qualche giorno prima. Ora posso contraddire quei pareri, troppo poco feroci nei confronti di un film così vuoto.
Sarà che la fa da padrone la parola "scopare", sin dai primi minuti -appena conosciuti i personaggi-(Con la poco riuscita gag della zia in casa) ma soprattutto tra le mura dell'ospedale, come se il senso della vita fosse tutto là: nel sesso. Non credo.
Sarà che i personaggi sono tipizzati allo stremo, non hanno crescita (anzi, qualche cenno di decrescita , che tuttavia il regista non ha avuto il coraggio di portare fino in fondo) non imparano, non mutano, non provano nulla di quello che dicono.
Sarà che la recitazione di Arca è stata pessima per tutto l'arco del film (ridicolmente ridicolo il suo excursus sui motori "grippati" sentenziato con la saccenza di un rettore universitario) .
Sarà che il film non ha una fine, non perché voglia lasciare aperto uno spiraglio su un sequel nè tantomeno voglia lasciare a noi la possibilità di riflettere o sperare (sarebbe troppo, per un filmetto del genere), ma perché non si è avuto il coraggio di chiuderlo.
Sarà che lo scambio di fidanzati e scopamici tra amiche mi ha quasi fatto andare via prima della conlusione.
Saranno tante altre minuzie che lo rendono imbarazzante.
A metà tra una commedia e un dramma, fallisce miseramente in entrambi i tentativi.
Sarà anche colpa mia, lo ammetto, che avevo visto da pochissimo il maestoso dallas buyers club, e uscito da quelle interpretazioni sopra le righe di due malati di Aids, mi sono ritrovato davanti una penosa interpretazione di una malata di cancro. Signori, la recitazione è un'altra cosa.
Ero contento e ben disposto nei confronti del cinema italiano, dopo l'oscar della Grande Bellezza. Questo film mi ha riportato giù, a terra, e mi ha detto "ehy, non è ancora pronta l'Italia." .
È vero, non siamo ancora pronti. Ecco perché ci meritiamo questi film. Sono uscito arrabbiato dalla sala, il cinema è altro.
E mi fermo qua
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riker66
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giovedì 20 marzo 2014
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le "scosse" della vita
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“Un grande amore non avrà mai fine” questo il claim del novo film di Ozpetek. Più che sul “non avrà mai fine” la storia innanzitutto ci porta a interrogarci su quel misterioso momento che definisce la nascita di un amore. La vicenda inizialmente ci fa navigare in una trama di relazioni, sensazioni e legami tra un gruppo di amici all’interno del quale nasce l’amore inatteso (e forse anche inspiegabile) tra Elena e Antonio.
Su questo amore inspiegabile ma terribilmente intenso si snoda la vicenda riproponendoci, tramite un salto narrativo, Elena e Antonio dopo 13 anni con una famiglia ormai formata, progetti personali portati a maturazione e 2 figli. Le difficoltà - o forse l’impossibilità - di relazione e di dialogo (significativa la scena del dialogo tra Elena e Antonio in cucina nella quale emerge pienamente il dolore sordo e solo dei sue protagonisti) si scontra violentemente con la scoperta casuale di una brutta malattia di Elena.
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“Un grande amore non avrà mai fine” questo il claim del novo film di Ozpetek. Più che sul “non avrà mai fine” la storia innanzitutto ci porta a interrogarci su quel misterioso momento che definisce la nascita di un amore. La vicenda inizialmente ci fa navigare in una trama di relazioni, sensazioni e legami tra un gruppo di amici all’interno del quale nasce l’amore inatteso (e forse anche inspiegabile) tra Elena e Antonio.
Su questo amore inspiegabile ma terribilmente intenso si snoda la vicenda riproponendoci, tramite un salto narrativo, Elena e Antonio dopo 13 anni con una famiglia ormai formata, progetti personali portati a maturazione e 2 figli. Le difficoltà - o forse l’impossibilità - di relazione e di dialogo (significativa la scena del dialogo tra Elena e Antonio in cucina nella quale emerge pienamente il dolore sordo e solo dei sue protagonisti) si scontra violentemente con la scoperta casuale di una brutta malattia di Elena.
La malattia sarà per Elena un occasione per ripercorrere il senso più profondo del suo amore per Antonio. Parallelamente Antonio avrà da manifestare ad Elena come quell’amore nato e inizialmente alimentato da una preponderante e quasi dominante fisicità non è per questo meno profondo e sincero.
La location (Lecce) richiama con alcune inquadrature “Mine vaganti” anche se lo spaccato sociale proposto è diverso, quasi a far sembrare che la vicenda si possa svolgere in un qualsiasi altro luogo del centro sud italiano.
Non mancano sapienti e accorti usi della macchina da presa con piani sequenza e soggettive in particolare all’inizio del film che mostrano un Ozpetek più che mai capace di saper usare le tecniche di ripresa (interessante e da rivedere il piano sapienza iniziale con il passaggio eterno/interno, giorno/sera tra l’ingresso e l’uscita dal bar “Tarantola”).
Un film gradevole nella tipica e romani collaudata ricetta Ozpetek: grandi sentimenti, profonde relazioni di amicizia, famiglie “normali” in cui la stranezza emerge quasi come ingrediente necessario della normalità (la zia Viviana/Dora), un pizzico di mondo gay (che questa volta più che linea essenziale alla narrazione è espressione di un mondo reale), sono solo alcuni ingredienti ben identificabili della alchimia che sa riproporre ogni volta il registra italo – turco.
Quindi un “prodotto” ben uscito dallo stile inconfondibile di Ferzan. Ai più affezionati (e cultori del regista) potrà sembrare meno accesso nel narrare i sentimenti e potranno sentire la nostalgia di quelle narrazioni quasi “macchiettistiche” con cui il regista ha saputo presentare nelle precedenti opere il mondo parallelo delle famiglie “allargate” e delle relazioni al di la dell’eterosessuale. Non stante questo rimane un coraggio non indifferente nel rappresentare i sentimenti estremi e totali. La scena di amore fisico tra Elena e Antonio in ospedale con i suoi toni forti è un coraggioso tentativo di mostrare visibilmente come un amore (a questo punto possiamo dire un vero amore?) riesce ad andare oltre al solo canone della bellezza e della esteriorità.
“Allacciate le cinture” quindi, non solo per proteggervi dalle scosse che il film potrà regalarvi durante la visione, ma per continuare percorrere la vostra esistenza. Ciò che potrà “scuotere” nel bene e nel male la vostra vita da oggi in poi non potete saperlo, non lo sapeva neanche Antonio che - inaspettatamente - scopre che tutto quello che ha vissuto accanto a Elena, come ha saputo e come ha potuto, era veramente Amore.
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alex2044
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martedì 11 marzo 2014
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corretto
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Mezzo voto in più perchè Ozpetek è un bravo regista ma il film non convince completamente . Gli attori non sono tutti all'altezza della situazione . L'idea è interessante ma lo svolgimento un po' confuso . Il racconto della malattia da parte della protagonista è l'unico momento di grande cinema . In sostanza si può vedere , non ci si annoia ma Ozpetek ha fatto di meglio.
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