Allacciate le cinture |
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Un film di Ferzan Ozpetek.
Con Kasia Smutniak, Francesco Arca, Filippo Scicchitano, Francesco Scianna, Carolina Crescentini.
continua»
Commedia,
durata 110 min.
- Italia 2013.
- 01 Distribution
uscita giovedì 6 marzo 2014.
MYMONETRO
Allacciate le cinture
valutazione media:
2,72
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Questione di equilibriodi fafia61Feedback: 896 | altri commenti e recensioni di fafia61 |
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domenica 30 marzo 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Chi ama Ferzan Ozpetek continuerà ad amarlo, nonostante questa pellicola, bella ma non convincente, bella ma non bellissima. Partiamo dalle cose belle. La storia, innanzitutto. Toccante e coinvolgente. Perchè è pur vero che l'amore tra opposti, con la ragazza intelligente e colta, democratica ed impegnata che si innamora del ragazzaccio bello e rude, muscoloso e ignorantello sia già stato visto e rivisto, ma, col contorno stuzzicante di malattia devastante, fidanzati traditi e amicizie contrariate, funziona ancora. Gli attori, poi. Sorprendentemente bravi. Da Kasia Smutniak (voto 7,5), capace di spargere e trasmettere gioie e dolori, soddisfazioni e drammi, con grande impegno, con grande enfasi, con grande profondità, regalando, soprattutto nei passaggi delicati e difficili della malattia, un'inaspettata e stupefacente bravura. Poi, l'altro protagonista, Francesco Arca (voto 6), trasportato in fretta e furia, e con mille polemiche e diffidenze, dal trono di Uomini e donne al set cinematografico. Eppure bravo, pur nella sua sostanziale inesperienza, a recitare una parte fatta soprattutto di sguardi e di silenzi, ma anche di rudezze, tatuaggi, muscoli e strafalcioni, nei quali il prestante fisicaccio si muove con sufficiente abilità. Poi, i comprimari. Strepitosi. Da Filippo Scicchitano (voto 8), bravissimo a fare l'amico-gay, a Carla Signoris ed Elena Sofia Ricci (voto 6,5), brave soprattutto nei loro chiacchiericci battaglieri e ficcanti, a Carolina Crescentini (voto 6,5), Francesco Scianna (voto 6,5) e Paola Minaccioni (voto 7), quest'ultima impegnata in un difficile ed insolito ruolo di malata terminale. Poi, la fotografia, buona; la location (Lecce e dintorni), ottima; il mare, fantastico. E poi, tutti gli altri, abituali, dettagli dei tipici film di Ozpetek: la tavola conviviale e aggregante, il ceppo familiare solitamente allargato, l'amico gay, la colonna sonora accattivante. Passiamo alle cose meno belle. Solitamente bravo a barcamenarsi tra serio e faceto, tra impegno ed ironia, tra gag divertenti ed incursioni drammatiche, Ozpetech, questa volta, sbaglia l'equilibrio, eccedendo sia in qualche battutaccia umoristica( troppo banali e scontate quelle dedicate ai gay) sia, soprattutto, in certe situazioni patetiche e commoventi. La tematica della malattia è argomento sensibile e controverso, soprattutto se va a toccare quelle parti, il seno, così importanti e coinvolgenti, per le donne. Raccontarla in questo modo, come una fiction lacrimosa e lacrimevole, evidenziando e disseminando persino i suoi aspetti più atroci e drammatici, spaziando persino nelle sue componenti ospedaliere, curative e sanitarie, vuol dire, inevitabilmente, allontanarsi troppo dalla commedia e dalla leggerezza, per sprofondare nel melodramma e nell'impegno. Non è facile, poi, staccarsi da questo abbraccio forte e mortale, sperando che la simpatia di Scicchitano o le spiritosaggini della Signoris alleggeriscano la tensione e riportino la trama nell'alveo naturale del cinema ozpetekiano. Persino una delle scene più importanti e forti del film, la scena di sesso ospedaliero tra la malata Kasia ed il marito Arca, rischia, in questo contesto di essere facilmente travisata, immersa com'è in quel dramma medico che si sta compiendo, e al quale il prorompente protagonista cerca di opporsi donando alla moglie quello che lui sa dare, e cioè la sua fisicità, la sua sessualità. E pure il tentativo del film di far trapelare una sorta di messaggio, 'L'amore è cieco' o, tutt'al più, 'Al cuore non si comanda', risulta piuttosto banale e grossolano, come se, per conquistare e sedurre la Smutniak bastino muscoli, sguardi e tatuaggi piuttosto che simpatia, dialogo e cultura. E' logico, quindi, che non ci sia un vero e proprio approfondimento del matrimonio dei due protagonisti, tagliato via dai vari sbalzi temporali della sceneggiatura, soprattutto perchè risulterebbe difficile spiegare come si regga un rapporto che, nato bruscamente e frettolosamente su sguardi e sesso, si protrae poi, senza affinità nè similitudini, per anni ed anni. Questa volta non sembra azzeccatissima neppure la colonna sonora, ad eccezion fatta per la bellissima 'A mano a mano', di Rino Gaetano, che conclude in modo dolce e commovente il finale. La sensazione è che Ozpetek si sia stufato di cercare sempre quell'equilibrio di cui dicevamo prima, e che cerchi escursioni in altri campi, come dimostrano le recenti impennate visionarie o da ghost-story di 'Magnifica presenza'(2012) o le forzature melò di questo 'Allacciate le cinture'. Sembrano distanti, insomma, i tempi di 'Saturno contro'(2007) e 'Mine vaganti'(2010), piccoli gioiellini del genere e indimenticabili roccaforti del tipico stile del regista. Più che altro, quindi, questione di equilibrio. Ma ,come diceva un famoso aforisma, 'Se vuoi fare un passo avanti, devi perdere l'equilibrio per un attimo'. Già, ma solo per un attimo.
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