C'è ancora domani

Un film di Paola Cortellesi. Con Paola Cortellesi, Valerio Mastandrea, Romana Maggiora Vergano, Emanuela Fanelli.
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Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 118 min. - Italia 2023. - Vision Distribution uscita giovedì 26 ottobre 2023. MYMONETRO C'è ancora domani * * * 1/2 - valutazione media: 3,59 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

c''è ancora domani? Valutazione 1 stelle su cinque

di lulumassa


Feedback: 152 | altri commenti e recensioni di lulumassa
mercoledì 20 dicembre 2023

No, a giudicare dal film della Cortellesi un domani non c'è. Siamo talmente giunti alla fine della storia filmica, forse anche all'apparente capolinea della linea temporale umana, che per immaginarci un domani dobbiamo retrodatarci, cioè, possiamo immaginarci il futuro solo attraverso il passato. In un articolo, tal Pino Donghi ricordava l'idea di futuro secondo Luca Ronconi: il "domani" a teatro è un tempo rappresentabile solo a condizione di osservarlo da un "dopodomani", cioè come se fosse "ieri". Qui si va nello ieri reale per parlare dell'oggi, formula che già nel 1946 era vecchia, figuriamoci oggi. In quest'ottica, il tema del film -  la condizione della donna, la violenza che deve subire dall'uomo a causa del perdurare della cultura patriarcale, ecc. ecc. ecc. - è una sorta di standard su cui il film galleggia senza che si generi un vero sviluppo dialettico e senza che vi sia evoluzione dei personaggi. Il film è piatto, statico, immobile; ristagna già dai primi secondi, cioè da quando viene mostrata la condizione miserevole in cui vive la protagonista. Su questa situazione iniziale, che viene riproposta tale e quale per l'intera durata del film, si innestano le trovate(lle) e le gag(ghette) che hanno l'evidente scopo di alleggerire la gravità dell'argomento e di creare una certa forma di empatia per conquistare lo spettatore. Tutto comprensibile, ma ne deriva un senso di ineluttabile banalità. Quello che alla fine sortisce dal film è un semplice e trito intrattenimento da fiction televisiva, tra Bisio e Fabio Volo, con un immancabile tocco "sentimental" giusto per rimanere radicati nello stereotipo di genere. Nonostante questo tentativo di alleggerire con l'intezione nemmeno tanto celata di rendere edibile una storia che poteva apparire indigesta, il film risulta piuttosto greve nella sua impostazione binaria: "gioia/tristezza - ridere/riflettere" e non aggiunge mai alcunché al tema che affronta: si limita a mostrare senza significare. La regia è tipica dei comici che si scoprono registi: dozzinale, frettolosa, piena di giochetti e trucchetti forse imparati dalla visione di qualche capolavoro, sempre attenta ad edulcorare per non ferire, ad abbassare per non urtare, completamente mancante di una visione prospettica della storia e, quel che è più grave, di senso del cinema. Grande spazio invece allo sketch, che infatti è il core business del film, la sua vera attrattiva. La recitazione della Cortellesi è piatta, monotona, senza dimensioni, anch'essa televisiva, ovvero portata alla reiterazione, alla ripetizione pedissequa dedicata a un pubblico e a un mezzo che non sono fatti per le sfumature. Idem per quel che riguarda Mastandrea, il quale sfodera quell'unica espressione da piede che possiede già dal decimo secondo dell'opera, e da lì non schioda fino alla fine. Insomma, se questo è il massimo che il nostro cinema sa esprimere su un tema considerato inderogabile per gravità e urgenza, un domani - mi si perdoni - non c'è. Nulla di male se un comico fa cinema, la storia del cinema è piena di comici, vivaddio. Ma quando un film che solo qualche decennio fa sarebbe stato affrontato da un Petri, uno Scola, un Risi o un Pietrangeli, viene trattato con questa approssimazione da una parte, e furberie per accattivarsi il pubblico dall'altra, ci si smarrisce. E se addirittura viene considerato di serie A, grande capolavoro, citando neorealismo (!!), grande commedia italiana e altre imbarazzanti meraviglie, beh, a chi ama il cinema dovrebbe fare un po' impressione. Impressione e paura. Altrimenti vuol dire che vale tutto... e forse è così. Siamo diventati questi? Siamo così disponibili ad accettare e premiare tutto? Siamo così reazionari? C'è ancora domani?

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