Parasite |
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Un film di Bong Joon-ho.
Con Song Kang-ho, Lee Sun-kyun, Yeo-jeong Jo, Choi Woo-Sik.
continua»
Titolo originale Parasite.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 132 min.
- Corea del sud 2019.
- Academy Two
uscita giovedì 7 novembre 2019.
- VM 14 -
MYMONETRO
Parasite
valutazione media:
3,99
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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"Anch'io sarei gentile, se fossi ricca! ..."di FabioFeliFeedback: 25659 | altri commenti e recensioni di FabioFeli |
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mercoledì 13 novembre 2019 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Non c’è grande differenza tra la Seul disastrata ricreata in studio e le città dell’occidente assediate da un caotico disordine urbanistico e gravi problemi ambientali. Nella capitale coreana la povertà è nascosta. L’intera famiglia Kim, costituita da 4 persone, vive di piccoli lavori saltuari; abita in un tugurio seminterrato scroccando la connessione non protetta a internet a chi vive a pianterreno. Il giovane Ki-woo riesce a farsi assumere come insegnante di inglese di Da-hye, una liceale della ricca famiglia Park: come referenza Ki-jung, la sorella di Ki-woo, ha falsificato un certificato di iscrizione all’università e si farà credere insegnante di belle arti, adatta a sviluppare le qualità del piccolo Da-song; quest’ultimo è scolaro alle elementari con propensione al disegno horror, viziatissimo dai Park e segnato dal ricordo traumatico di un “fantasma” apparso ad una sua festa di compleanno. I Park fanno parte dell’ upper class di Seul e sono creduloni e gentili. “Anche io sarei gentile, se fossi ricca!” commenta Chung-sook, madre dei giovani Kim, brava in cucina. Grazie alla creduloneria dei Park spodesta la governante della lussuosa magione e, infine, lì viene accolto anche il marito Ki-taek (Song Kang-ho) come autista al posto del precedente, licenziato per uno sporco trucco ideato da Ki-jung. I 4 si sono installati senza intoppi nella “casa d’autore” con la menzogna e tutto sembra filare liscio. Ma ci sono anche altri che raccontano frottole … Il regista coreano Bong Joon-ho collabora alla sceneggiatura del film tratto da un libro di successo e sa creare la giusta concatenazione di fatti che portano a binari obbligati con l’inevitabile scontro di treni in corsa. Le scorciatoie ideate dai vari personaggi per una emersione nel sociale sono gradini-trabocchetto, pioli di una scala che cedono sotto il peso di chi li calpesta: come in un cinico gioco dell’oca si “cade nel pozzo” e si torna alla casella di partenza. Per emergere, venir fuori bisogna lavorare duramente e studiare, ed poi ancora lavorare e studiare: è questa la condizione, necessaria ma non sufficiente, per fare denaro e vivere una vita agiata, fuori da marginalità, precarietà ed indigenza. E’ sempre e solo il sogno americano del self-made-man (o della self-made-woman) da raccontare a chi ci vuole credere e rimane nel seminterrato senza ribellarsi, uscendo fuori, stanato solo in caso di alluvione per non finire come i topi che colonizzano le fogne delle odierne metropoli. L’amara morale del film è che i ricchi sono democratici, finché non si invadono i loro spazi: accettano la vicinanza dei poveri anche se questi hanno addosso un certo “puzzo”, ma il difetto – seppure chiaramente percettibile – non deve superare un certo limite. Tra i poveri, dediti al si salvi chi può, non c’è alleanza, né coesione e tanto meno solidarietà; una volta erano riuniti in una “classe sociale” (il proletariato), ma ora essi sgomitano per restare individualmente a galla e subiscono una grave sconfitta di fronte a un capitalismo asso pigliatutto. L’ottima fotografia si affianca al montaggio, con una raffinata e divertente ironia pur nella tragedia; la colonna sonora musicale riserva anche la sorpresa di un Gianni Morandi “d’epoca”. Tutto funziona, compresa la recitazione, per afferrare la Palma d’oro al Festival di Cannes 2019. Da non mancare.
Valutazione ****
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