stenoir
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sabato 25 febbraio 2023
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due fratelli uniti fino alla fine
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Nel 1851, in Oregon, i fratelli Sisters, Eli (John C. Reilly) e Charlie (Joaquin Phoenix), con caratteri agli antipodi, spesso litigiosi, ma legati da un amore fraterno, sono al soldo di un ricco e potente uomo d’affari, il Commodoro; quest’ultimo ha dato loro il compito di rintracciare e, successivamente uccidere, tale Hermann Warm (Riz Ahmed), un chimico, accusato di aver rubato al Commodoro, il quale, contemporaneamente, assegna lo stesso tipo di lavoro al detective privato John Morris (Jake Gyllenhaal). Sarà un viaggio lungo quello che dovranno affrontare, nel “selvaggio west”, e che li porterà fino in California, affrontando imprevisti e situazioni drammatiche.
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Nel 1851, in Oregon, i fratelli Sisters, Eli (John C. Reilly) e Charlie (Joaquin Phoenix), con caratteri agli antipodi, spesso litigiosi, ma legati da un amore fraterno, sono al soldo di un ricco e potente uomo d’affari, il Commodoro; quest’ultimo ha dato loro il compito di rintracciare e, successivamente uccidere, tale Hermann Warm (Riz Ahmed), un chimico, accusato di aver rubato al Commodoro, il quale, contemporaneamente, assegna lo stesso tipo di lavoro al detective privato John Morris (Jake Gyllenhaal). Sarà un viaggio lungo quello che dovranno affrontare, nel “selvaggio west”, e che li porterà fino in California, affrontando imprevisti e situazioni drammatiche. John C. Reilly (qui, anche nelle vesti di produttore, avendo acquistato i diritti cinematografici del romanzo scritto da Patrick deWitt) è il fratello buono, saggio, riflessivo, mentre Joaquin Phoenix è lo scontroso, impulsivo, arrogante del duo; sicari professionisti, con il trascorrere dei giorni, poi settimane, influenzati dagli avvenimenti, vivono con opposti stati d’animo, quest’ultimo lavoro. Senza rivelare niente di importante, posso dire che la scena finale è riuscita a trasmetter-mi- un senso di serenità, sensazione che difficilmente rammento di aver provato in altri film. Girato in Spagna, tra Tabernas e Almeria, nei posti cari a Sergio Leone (qui il regista italiano diresse i suoi capolavori), in I Fratelli Sisters, si possono ritrovare i canoni classici del film western -caccia all’uomo, taglie e sparatorie), ma inserendo nella storia anche un fatto tutt’altro che secondario, soprattutto nel XIX secolo, e cioè la famosa “corsa all’oro” (argomento poche volte affrontato -mi viene in mente, Il Tesoro della Sierra Madre di John Huston del 1948-). Tralasciando il bravo Gyllenhaal, il quale ha comunque un ruolo per nulla secondario nella storia, l’ultimo pensiero è rivolto al Commodoro; interpretato dal compianto Rutger Hauer, si tratta di uno degli ultimi film in cui ha recitato colui che, quasi quarant’anni fa nelle vesti del replicante Roy Batty, recitando una delle battute più famose, conosciute e citate della storia del cinema, è entrato dalla porta principale, per restarci: “Io ne ho viste cose…”
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jagofilm
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venerdì 8 luglio 2022
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sufficiente
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Un western "diverso", sicuramente interessante per i suoi contrasti. Notevole la musica del grande Desplat, lontana anni luce dagli stereotipi del genere. A proposito, è incredibile come un sito come mymovies elenchi gli attori fino all'ultima comparsa, e poi dimentichi di citare uno dei tre autori del film! In definitiva, però, il film risulta un po' noioso. Sono contento di averlo visto, ma non lo rivedrei mai!
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dandy
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sabato 13 febbraio 2021
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sisters for life.
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Dal romanzo "Arrivano i Sisters" di Patrick deWitt,un western che utilizza i clichè del genere(alcool,sparatorie,amicizia virile,caccia alle taglie per i potenti,rivalità fraterna)con uno stile personale e intimista e dalle sfumature notevoli nella riflessione sul il sogno di cambiare vita e rivedere la propria posizione facendo i conti con se stessi.Il film è anche un notevole romanzo di formazione,dove i protagonisti maturano la consapevolezza di se e delle proprie scelte (per Eli il "tradimento" è la scusa da lungo attesa per cambiare vita,per John ed Herman l'oro è la via più facile per creare un falansterio,per Charlie cacciare taglie e sbronzarsi è l'unico sfogo per gli abusi subiti da un padre violento che egli stesso ha ucciso)e faranno i conti sia con un prevedibile prezzo da pagare che con l'imprevista tragicità di un destino beffardo.
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Dal romanzo "Arrivano i Sisters" di Patrick deWitt,un western che utilizza i clichè del genere(alcool,sparatorie,amicizia virile,caccia alle taglie per i potenti,rivalità fraterna)con uno stile personale e intimista e dalle sfumature notevoli nella riflessione sul il sogno di cambiare vita e rivedere la propria posizione facendo i conti con se stessi.Il film è anche un notevole romanzo di formazione,dove i protagonisti maturano la consapevolezza di se e delle proprie scelte (per Eli il "tradimento" è la scusa da lungo attesa per cambiare vita,per John ed Herman l'oro è la via più facile per creare un falansterio,per Charlie cacciare taglie e sbronzarsi è l'unico sfogo per gli abusi subiti da un padre violento che egli stesso ha ucciso)e faranno i conti sia con un prevedibile prezzo da pagare che con l'imprevista tragicità di un destino beffardo.I personaggi sono ottimamente tratteggiati,e colpiscono certi dettagli insoliti nel racconto:l'episodio del ragno,la scoperta dello spazzolino da denti,la figura mascolina di Mrs Mayfield,la sciarpa rossa.Bella conclusione,dopo l'apparente inizio di altre peripezie per i fratelli.Bravissimo il cast.Reilly,produttore assieme alla moglie,aveva acquisito i diritti del romanzo per poi proporlo al regista.Non un western fatto per rinnovare il genere,ma un film che sa sfruttare in modo originale e profondo il genere.
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carloalberto
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domenica 17 gennaio 2021
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quei bravi ragazzi
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Jacques Audiard si cimenta nel western. Il risultato, ambiguamente sospeso tra innovatività e convenzionalità, delude rispetto alle premesse, ma si riscatta nel finale.
La sequenza iniziale lascia ben sperare. L’incipit è suggestivo. Gli spari che illuminano coi loro bagliori il buio pesto, echeggiando da una parte all’altra dell’inquadratura, introducono bruscamente nell’atmosfera di cupa ferocia di un mondo quasi primordiale, immerso nella notte della ragione, in quegli inizi ferini e senza legge del vecchio west. Un avvio icastico folgorante che perde quasi subito la sua forza drammatica epocale, diluito nella prospettiva sociologica di maniera e di uno psicologismo introspettivo alla moda, entrambe schematicamente tesi a dimostrare che gli uomini sarebbero tutti buoni, se non fosse per i condizionamenti sociali o per qualche trauma subito nell’infanzia o nell’adolescenza.
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Jacques Audiard si cimenta nel western. Il risultato, ambiguamente sospeso tra innovatività e convenzionalità, delude rispetto alle premesse, ma si riscatta nel finale.
La sequenza iniziale lascia ben sperare. L’incipit è suggestivo. Gli spari che illuminano coi loro bagliori il buio pesto, echeggiando da una parte all’altra dell’inquadratura, introducono bruscamente nell’atmosfera di cupa ferocia di un mondo quasi primordiale, immerso nella notte della ragione, in quegli inizi ferini e senza legge del vecchio west. Un avvio icastico folgorante che perde quasi subito la sua forza drammatica epocale, diluito nella prospettiva sociologica di maniera e di uno psicologismo introspettivo alla moda, entrambe schematicamente tesi a dimostrare che gli uomini sarebbero tutti buoni, se non fosse per i condizionamenti sociali o per qualche trauma subito nell’infanzia o nell’adolescenza. Costretto ed imbrigliato dalla necessità di spiegare il teorema, dandone prova di verità, le immagini si stereotipizzano nell’estetismo della bella fotografia dei paesaggi o divengono meramente strumentali all’assunto, in una serie di quadretti di famiglia in cui i due fratelli si spingono ai limiti della reciproca analisi psicoanalitica. Da quel momento il film precipita nella banalità della solita storia dei cattivi costretti ad una vita violenta dall’ambiente in cui vivono e dalla figura, oramai abusata nei plot dei film drammatici, del padre alcolista e brutale che guasta la serenità della famigliola felice.
Alcune scene danno la brutta sensazione di posticcio e di fasullo e, quasi rivelando il set, negano la possibilità di un’immedesimazione nella storia, ricacciando lo spettatore in platea. Si salva la fotografia e naturalmente l’interpretazione dei tre grandi attori in scena più quella del quarto protagonista, il meno famoso Riz Ahmed.
I fratelli Sisters, in fondo dei bravi ragazzi, a causa del loro triste passato sono divenuti sicari su commissione del padrone della città, il commodoro, nome che ne indica una provenienza marinaresca, da un altrove posto al di là del mare, come se il male avesse un’origine allogena e misteriosa, estranea comunque al contesto. Il male non può essere consustanziale all’eden perduto cheAudiard sta forzosamente tentando di rappresentare, ma è contingente ed effimero e la sua fine, emblematicamente riprodotta nella morte improvvisa e naturale del commodoro, ripristina la condizione paradisiaca iniziale.
I quattro personaggi nonostante siano ben caratterizzati, inverosimilmente sono tutti di animo gentile e buono, traviati dalla vita. Riz Ahmed è il chimico utopista che con l’oro vuole fondare la città ideale, Jake Gyllenhaal, relegato in un ruolo da comprimario, dalla recitazione piuttosto monocorde e con l’espressione spaesata di chi non sa perché si trovi ad interpretare quella parte, è lo scrittore, osservatore ammirato del west, prima complice del malvagio commodoro e poi convinto sostenitore della nobile causa del socio, John C. Reilly, l’eterno ragazzone dai buoni sentimenti, che non ha saputo proteggere suo fratello minore dalle violenze del padre ubriacone, ricorda troppo il comico che interpreterà nello stesso periodo o subito dopo in Stan & Ollie, questa volta impegnato in un duetto col fratello Joaquin Phoenix, dallo sguardo folle incorniciato nel viso perennemente imbronciato da bambino in punizione, il ribelle il cinico e violento, tormentato dal rimorso per aver ucciso il padre e che troverà pace soltanto nella perdita del braccio, quasi fosse un castigo divino giunto provvidenziale a redimere il peccatore, troncando la malvagità dell’animo simbolicamente rappresentata dal braccio patricida.
Le sequenze finali riscattano la pellicola destando un’inaspettata, a quel punto, compartecipazione emotiva, con quel cambio di scena senza soluzione temporale, che rintraccia suggestivamente, all’insegna della nostalgia, il passato dei due ragazzi tornati a casa della madre, riportandoli, come in una favola a lieto fine, ad una innocenza perduta, ritrovata nel fare colazione insieme, come ai tempi felici della loro infanzia, e nella stanzetta che li vide adolescenti ancora sognanti una vita diversa.
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fabio 3121
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mercoledì 6 gennaio 2021
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la nostalgia dei western premia un film scadente.
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il film girato in Spagna e ambientato negli Stati Uniti nel 1851 racconta la storia dei 2 fratelli Sisters, Charlie (Joaquin Phoenix) ed Eli (John Reilly), che vengono assoldati dal "Commodoro" - un personaggio misterioso che appare pochi secondi all'inizio ed alla fine della pellicola - con l'incarico di trovare e uccidere il chimico Warm che ha creato una formula ed un liquido capace di individuare l'oro nei letti dei fiumi. Sulle tracce del chimico ci sta pure il detective privato John Morris (Jake Gyllenhaal). La sceneggiatura, tratta da un romanzo, è decisamente mediocre, scialba e priva di coinvolgere lo spettatore. La trama, per quanto semplice, viene ingiustificatamente diluita nel tempo (115 minuti!) con un ritmo molto lento risultando noiosa e non interessante.
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il film girato in Spagna e ambientato negli Stati Uniti nel 1851 racconta la storia dei 2 fratelli Sisters, Charlie (Joaquin Phoenix) ed Eli (John Reilly), che vengono assoldati dal "Commodoro" - un personaggio misterioso che appare pochi secondi all'inizio ed alla fine della pellicola - con l'incarico di trovare e uccidere il chimico Warm che ha creato una formula ed un liquido capace di individuare l'oro nei letti dei fiumi. Sulle tracce del chimico ci sta pure il detective privato John Morris (Jake Gyllenhaal). La sceneggiatura, tratta da un romanzo, è decisamente mediocre, scialba e priva di coinvolgere lo spettatore. La trama, per quanto semplice, viene ingiustificatamente diluita nel tempo (115 minuti!) con un ritmo molto lento risultando noiosa e non interessante. Non bastano una buona scenografia, con una attenta ricostruzione delle cittadine americane, una discreta fotografia e i costumi del tempo ad aumentare la valutazione del film. Appena sufficiente la prova dei 4 attori principali che, a causa del copione, sono costretti in lunghi e ripetitivi dialoghi. L'azione, tipica del genere western, è quasi assente. In definitiva è, a mio modesto avviso, un film deludente e scadente. Se poi il regista francese Jacques Audiard abbia vinto molti premi in Francia ai premi César ed il Leone d'Argento per la miglior regia alla Mostra del cinema di Venezia si può solo spiegare che nelle giurie degli addetti ai lavori sia prevalsa la nostalgia del western!
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brunop02
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mercoledì 16 settembre 2020
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indicato anche ai non cultori del genere
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Se vi fosse sfuggito questo film di prevalente matrice francese, tratto dall'omonimo romanzo scritto da Patrick deWitt nel 2011, consiglio di vederlo anche a chi non entusiasmi il genere western.
Girato nei suggestivi paesaggi tra l'Andalusia ed Aragona, la storia scorre fluidamente senza dar varco alla noia nonostante le due ore di visione, risaltando le entità, le speranze e le ambizioni dei quattro protagonisti, ma allo stesso tempo evidenziando in modo particolare il legame affettivo tra i due fratelli, Charlie ed Eli Sisters, approdando spesso in una inopinata reciproca emotività ed interdipendenza.
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Se vi fosse sfuggito questo film di prevalente matrice francese, tratto dall'omonimo romanzo scritto da Patrick deWitt nel 2011, consiglio di vederlo anche a chi non entusiasmi il genere western.
Girato nei suggestivi paesaggi tra l'Andalusia ed Aragona, la storia scorre fluidamente senza dar varco alla noia nonostante le due ore di visione, risaltando le entità, le speranze e le ambizioni dei quattro protagonisti, ma allo stesso tempo evidenziando in modo particolare il legame affettivo tra i due fratelli, Charlie ed Eli Sisters, approdando spesso in una inopinata reciproca emotività ed interdipendenza. Il primo propenso all'alcol, alle donne ed al vivere oggi, il secondo incline al domani con la speranza di un amore e di una decorosa mansione. Potrebbe essere questo il fulcro del racconto al punto che il film prende una piega differente agli altri dello stesso filone, senza però privarsi delle intramontabili sparatorie.
Un John Reilly strepitoso dentro un flemmatico e nel fondo tenero ma deciso personaggio.
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kronos
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martedì 19 novembre 2019
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camembert western
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A detta di molti "Gli spietati" di Clint Eastwood fu una pietra tombale sul western cinematografico.
Previsione probabilmente azzeccata dato che nei decenni successivi i molti tentativi di rivisitazione del genere non hanno lasciato traccia.
Le hanno provate tutte: remakes di vecchi classici, commistioni con altri generi (western+horror, western+commedia, western+alieni, western+cinema-d'autore-europeo-che-fa-fico), tarantinate e goliardate ... di tutto.
Ogni volta, con rarissime eccezioni e forse manco quelle, è sempre stata un'impresa reggere fino ai titoli di coda.
Ora, finalmente, la classica sorpresa che non t'aspetti: un buon film, godibile dall'inizio alla fine, prodotto nella patria del cinema più pleonasticamente radical-chic del mondo: la FRANCIA!
Ebbene sì, dopo lustri di fallimentari tentativi yankees è Monsieur Jacques Audiard de France che rimette la barra a dritta e ci consegna un bel filmaccio di cappelloni e pistoloni.
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A detta di molti "Gli spietati" di Clint Eastwood fu una pietra tombale sul western cinematografico.
Previsione probabilmente azzeccata dato che nei decenni successivi i molti tentativi di rivisitazione del genere non hanno lasciato traccia.
Le hanno provate tutte: remakes di vecchi classici, commistioni con altri generi (western+horror, western+commedia, western+alieni, western+cinema-d'autore-europeo-che-fa-fico), tarantinate e goliardate ... di tutto.
Ogni volta, con rarissime eccezioni e forse manco quelle, è sempre stata un'impresa reggere fino ai titoli di coda.
Ora, finalmente, la classica sorpresa che non t'aspetti: un buon film, godibile dall'inizio alla fine, prodotto nella patria del cinema più pleonasticamente radical-chic del mondo: la FRANCIA!
Ebbene sì, dopo lustri di fallimentari tentativi yankees è Monsieur Jacques Audiard de France che rimette la barra a dritta e ci consegna un bel filmaccio di cappelloni e pistoloni.
Intendiamoci, niente di straordinario o epocale, anche perchè sono palesi i debiti verso il succitato "Unforgiven": stessa fotografia iperrealistica e un pò dark, stessa commistione tra cinico e grottesco (qui più accentuata in chiave picaresca) con annesso rifiuto dei canoni "classici". Ma ormai avvezzi a tanti inutili cine-tentativi, qui respiriamo davvero una buona boccata d'aria del selvaggio west, vero o trasfigurato che sia.
Audiard non ha fretta e si prende i suoi tempi, è professionale pur senza stupire creativamente, ma ha investito sul soggetto giusto (tratto dal romanzo "Arrivano i Sister" del canadese Patrick deWitt) e su un cast azzeccato. Tanto basta.
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felicity
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venerdì 4 ottobre 2019
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un western che va oltre il classico
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Da buon autore cinefilo, il regista ribadisce quanto sia ancora vivo e vitale il western.
Dall’Oregon alla California, in questo film il viaggio non è solamente uno spostamento di natura fisica. E seppur rifuggendo la più ovvia mitologia insita nella cinematografia western, Audiard opera uno scavo intimistico sulla natura dei rapporti umani. E sulla possibilità, o meno, che la natura degli uomini possa mutare a seconda delle prospettive in campo.
E' un western che va verso la deriva, oltre il classico, al di là di qualsiasi declinazione già vista o ipotizzata.
La questione fondamentale è dov’è la frontiera?
Raggiunti l’Oregon e la California, la punta estrema occidentale, il mito della civiltà da costruire sta già diventando realtà.
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Da buon autore cinefilo, il regista ribadisce quanto sia ancora vivo e vitale il western.
Dall’Oregon alla California, in questo film il viaggio non è solamente uno spostamento di natura fisica. E seppur rifuggendo la più ovvia mitologia insita nella cinematografia western, Audiard opera uno scavo intimistico sulla natura dei rapporti umani. E sulla possibilità, o meno, che la natura degli uomini possa mutare a seconda delle prospettive in campo.
E' un western che va verso la deriva, oltre il classico, al di là di qualsiasi declinazione già vista o ipotizzata.
La questione fondamentale è dov’è la frontiera?
Raggiunti l’Oregon e la California, la punta estrema occidentale, il mito della civiltà da costruire sta già diventando realtà. Se ne vedono tutti i segni, dallo spazzolino da denti alla chimica messa al servizio della caccia all’oro. E in tal senso questo sembra essere un altro western che racconta il tramonto di un’epoca.
Nel momento in cui si riconosce in San Francisco la Nuova Babilonia, vuol dire che il nuovo mondo da realizzare è ancora lontano, sta in un altro piano del tempo, lungo la prospettiva di un diverso orizzonte. Richiede nuovi progetti e nuovi visioni.
Audiard racconta un percorso di educazione e di crescita e riafferma quell’urgenza utopica del western che coincide, in fondo, con la tensione più intima del suo stesso cinema, di quei finali di quiete ritrovata ai margini dell’inferno.
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giovedì 5 settembre 2019
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recensione a sisters brothers
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Gentile Marzia mi è piaciuta molto la sua recensione. Concordo con la sua sintesi "Ma la prepotenza cieca e arbitraria dei fratelli Sisters dimostra che l'America non ha prosperato sulla fortuna di uomini dabbene ma sull'avidità di uomini famelici." Tuttavia Il finale del film mi ha sorpreso per l'incoerenza dei caratteri mostrati e quindi deluso. Dopo tanto rancore verso il prossimo i due fratelli ritrovano l'affetto per la propria mamma. Meritavano di peggio. Cordiali saluti
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cinefila part time
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martedì 23 luglio 2019
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un western filosofico
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Opera prima in lingua inglese del francese Audiard. Sissignori un western, ma sui generis. Un western pensoso, filosofico ma con azione, pistolettate, cavalcate al tramonto, tanta polvere e la ricerca dell'oro, altrimenti che western sarebbe. Regia magistrale con piccoli omaggi che si richiamano alla struttura dei vecchi western anni '40. I due eori, negativi, sono due fratelli che fin dall'inizio appaiono come la solita coppia del fratello mona e del fratello intelligente. A poco a poco lo spettatore cambierà idea al riguardo. Il loro lavoro è quello di killer di professione al soldo del più perfido che più perfido non si può, Commodoro. Devono raggiungere un tizio, un chimico, che ha avuto una splendida idea; farlo cantare per rubargli il brevetto e amazzarlo per riportare al padrone l'idea del poveraccio.
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Opera prima in lingua inglese del francese Audiard. Sissignori un western, ma sui generis. Un western pensoso, filosofico ma con azione, pistolettate, cavalcate al tramonto, tanta polvere e la ricerca dell'oro, altrimenti che western sarebbe. Regia magistrale con piccoli omaggi che si richiamano alla struttura dei vecchi western anni '40. I due eori, negativi, sono due fratelli che fin dall'inizio appaiono come la solita coppia del fratello mona e del fratello intelligente. A poco a poco lo spettatore cambierà idea al riguardo. Il loro lavoro è quello di killer di professione al soldo del più perfido che più perfido non si può, Commodoro. Devono raggiungere un tizio, un chimico, che ha avuto una splendida idea; farlo cantare per rubargli il brevetto e amazzarlo per riportare al padrone l'idea del poveraccio. Nel frattempo il compito di stanarlo spetta ad un altro stipendiato del Commodoro: una volta trovato sarà lasciato nelle sgrinfie dei due dolci fratellini. Ma le cose stanno cambiando, siamo alla fine dell'800, la cieca violenza sta lasciando il posto alle parole, alle idee, allo studio, alla preparazione, allo spazzolino da denti (non ridete, è importante. Qualche settimana fa il Focus che leggono i miei figli aveva in copertina una scimmia con un enorme spazzolino tenuto a mo' di clava, appoggiato sulla spalla e il titolo era "dalla clava allo spazzolino" tanto per dire). In poche parole l'incontro con il chimico, un esserino piccolo, magro, scuro, privo di muscoli e aggressività, che si salva la vita con la parlantina e una dolce ingenuità che rasenta la follia, capovolgerà le vite e le coscienze di un bel po' di gente.
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