no_data
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mercoledì 18 aprile 2018
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che film
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Un film splatter inutile violentemente inutile senza trama alcuna e privo di spessore. Abbiamo sentito persone uscire dicendo che carino un film violento che mostra il lato peggiore dell'uomo. E nel modo peggiore. Altro che Quentin Tarantino.
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gio
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domenica 8 aprile 2018
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se questo è un bel film...
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Ottima partenza e con le immagini e con la presentazione della storia, ma tutto si esaurisce nei primi dieci minuti, quando la malattia dello sceriffo si rivela essere il vero " snodo" del film: escamotage fondamentale per dare "elementi" alla pellicola, ma assolutamente inutile ai fini della vicenda fin li narrata. E quel colpo di pistola, sparato nella notte, con la morte dello sceriffo decreta anche la morte del film che da quel momento in poi avanza nel buio totale (basti pensare al poliziotto cattivissimo che si introduce di notte - altro buio.
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Ottima partenza e con le immagini e con la presentazione della storia, ma tutto si esaurisce nei primi dieci minuti, quando la malattia dello sceriffo si rivela essere il vero " snodo" del film: escamotage fondamentale per dare "elementi" alla pellicola, ma assolutamente inutile ai fini della vicenda fin li narrata. E quel colpo di pistola, sparato nella notte, con la morte dello sceriffo decreta anche la morte del film che da quel momento in poi avanza nel buio totale (basti pensare al poliziotto cattivissimo che si introduce di notte - altro buio... - nella centrale di polizia per leggere la lettera lasciatagli dal suicida!), e senza una "buona idea" arriva mestamente alla sua non fine. Non fine che, dato il tenore del film, parrebbe essere preludio di Tre manifesti 2, la vendetta oppure Tre manifesti 2, il ritorno dei morti viventi.
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pittura
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sabato 7 aprile 2018
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vivamente sconsigliato
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Due ore di violenza e parolacce. La solita provincia americana del profondo Sud con tutti i sui problemacci (sai che novità...), poliziotti violenti omofobi e razzisti (manco a dirlo), trama risaputa, assassinio e stupro, solo la madre, scarsamente affiancata, indaga. Ed ecco, in un contesto dove tutti si ammazzano dalla mattina alla sera, la perla di saggezza che lascerà il segno :"Quello che manca è l'amore.
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Due ore di violenza e parolacce. La solita provincia americana del profondo Sud con tutti i sui problemacci (sai che novità...), poliziotti violenti omofobi e razzisti (manco a dirlo), trama risaputa, assassinio e stupro, solo la madre, scarsamente affiancata, indaga. Ed ecco, in un contesto dove tutti si ammazzano dalla mattina alla sera, la perla di saggezza che lascerà il segno :"Quello che manca è l'amore...".
Scopiazzatura a mani basse de "I segreti di Twin Peakcs" di David Lynch e dei film dei fratelli Cohen, tanto per dirne alcuni.
Mi rimpiango la passeggiata al sole che avrei potuto farmi.
Vivamente sconsigliato.
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kyotrix
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venerdì 6 aprile 2018
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bel film
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Film lento, drammatico, triste ma non troppo, ma soprattutto un bel film. Anche il finale in sospeso ci sta tutto. Consigliato.
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jackmalone
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giovedì 5 aprile 2018
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la tragedia greca nel cuore degli states
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Un paesino agricolo apparentemente apatico ed indifferente alle tragedie umane, nel cuore della più avanzata e tecnologica potenza mondiale, è il teatro dove si animano i personaggi che meglio incarnano tutti gli universali umani: vizi e virtù, odi e rancori, gelosie, passioni e coraggio, intolleranza e consapevolezza finora sopiti.
Una madre piena di sensi di colpa, separata e soppiantata da una giovincella, stanca di fare la vittima, diventa il carnefice. Con un atto provocatorio cerca di sollecitare le forze dell'ordine ad impegnarsi meglio per scoprire l'assassino della figlia, violentata e bruciata: poco importa se il capo della polizia sta morrendo, anzi meglio così, la sofferenza deve essere per tutti e, poi se avesse aspettato la sua morte le sua protesta non avrebbe avuto lo stesso effetto.
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Un paesino agricolo apparentemente apatico ed indifferente alle tragedie umane, nel cuore della più avanzata e tecnologica potenza mondiale, è il teatro dove si animano i personaggi che meglio incarnano tutti gli universali umani: vizi e virtù, odi e rancori, gelosie, passioni e coraggio, intolleranza e consapevolezza finora sopiti.
Una madre piena di sensi di colpa, separata e soppiantata da una giovincella, stanca di fare la vittima, diventa il carnefice. Con un atto provocatorio cerca di sollecitare le forze dell'ordine ad impegnarsi meglio per scoprire l'assassino della figlia, violentata e bruciata: poco importa se il capo della polizia sta morrendo, anzi meglio così, la sofferenza deve essere per tutti e, poi se avesse aspettato la sua morte le sua protesta non avrebbe avuto lo stesso effetto. Le reazioni della comunità sono contrarie alle aspettative e alla logica: il gesto della madre in cerca di giustizia fa emergere i lati più oscuri dell'animo umano, le dinamiche relazionali appaiono fragili: vengono fuori solo razzismo, omofobia, violenza insensata e gratuita e i sentimenti più profondi dell'America profonda che decenni di lotte e conquiste civili e, persino il governo di un presidente di colore, non sono riusciti a tenere nascoste sotto il tappeto.
Lei è sola: persino i membri della suo stesso nucleo familiare non capiscono, le danno addosso, cercano di ostacolarla: allora esagera, è più arrabbiata di un' Erinni e di Medea ma rimane lucida, determinata, ostinata; prosegue nella "sua" battaglia personale, sempre di più, e ancora fino all'acme con l'aiuto di chi, nel frattempo ha capito. Questa madre è un personaggio potentissimo che vola alto su tutti e tutto ed è persino simpatica, contornato dalla mediocrità del personaggio collettivo che forma il coro di una vera tragedia greca. Come in tutte le tragedie però, quando l'azione si esaurisce rimane comunque il pensiero, un pensiero che riesce ad esprimere il desiderio che tutto finisca, in un modo o in un altro e che, forse, possa arrivare anche il perdono.
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laurence316
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giovedì 29 marzo 2018
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tre manifesti per raccontare l'america
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Per una volta, gli elogi della critica statunitense si sono rivolti ad un film che li merita davvero.
3° lungometraggio di McDonagh (dopo i già promettenti In Bruges e 7 psicopatici), Tre manifesti a Ebbing, Missouri è difatti uno dei migliori film della stagione.
Un quasi capolavoro graziato dall’ottima scrittura del regista (che si rivela capace di passare con disinvoltura dai registri della commedia a quelli del dramma più dolente), e, in particolare, dalle eccellenti interpretazioni del cast (bravissima la McDormand, da sempre una garanzia, ma Harrelson e Rockwell non le sono certo da meno, e specie quest’ultimo si dimostra in grado di tratteggiare con incredibile bravura un personaggio apparentemente a rischio cliché, eppure umano, complesso, contrastato, reale, che non mancherà di imprimersi nella memoria degli spettatori).
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Per una volta, gli elogi della critica statunitense si sono rivolti ad un film che li merita davvero.
3° lungometraggio di McDonagh (dopo i già promettenti In Bruges e 7 psicopatici), Tre manifesti a Ebbing, Missouri è difatti uno dei migliori film della stagione.
Un quasi capolavoro graziato dall’ottima scrittura del regista (che si rivela capace di passare con disinvoltura dai registri della commedia a quelli del dramma più dolente), e, in particolare, dalle eccellenti interpretazioni del cast (bravissima la McDormand, da sempre una garanzia, ma Harrelson e Rockwell non le sono certo da meno, e specie quest’ultimo si dimostra in grado di tratteggiare con incredibile bravura un personaggio apparentemente a rischio cliché, eppure umano, complesso, contrastato, reale, che non mancherà di imprimersi nella memoria degli spettatori).
Il ritmo è sostenuto, ma implacabile, e su tutto, anche sulle parentesi da commedia che talvolta arrivano pure a strappare una risata, aleggia un’ineludibile, persistente sensazione di malessere e soprattutto tensione e inquietudine.
Ovviamente, non è la prima volta che vengono mostrati l’orrore o quantomeno la paura, la rabbia che si celano dietro la tranquilla facciata dell’oziosa provincia americana profonda, ma raramente l’affresco è riuscito così bene. Pur nel suo minimalismo quasi teatrale (non che sia necessariamente un male), Tre manifesti a Ebbing, Missouri si dimostra in grado di emozionare, e si rivela un’opera cinematografica perfettamente riuscita. Un ritratto magistrale di vite perdute, solitudini e dolori quasi insostenibili, di personaggi caratteristici ma mai stereotipici, di ambienti comuni, volendo già visti, e che pur si riesce a far rinascere a nuova vita.
Forse talvolta si rischia di scivolare nel cliché, come già accennato in precedenza, ma il regista-sceneggiatore è sempre abile a cavarsene fuori per mezzo di svolte inaspettate e improvvisi mutamenti nei comportamenti dei personaggi (in particolare nel caso di Dixon che dal trasmettere quasi ribrezzo arriva a smuovere fin compassione).
E, con un finale a suo modo poetico, il film non intende spiegare né giustificare nulla, ma porta a riflettere, ben oltre la conclusione dei titoli di coda.
Candidato a 7 premi Oscar, conquista, più che meritatamente, quelli alla miglior attrice protagonista e al miglior attore non protagonista (Rockwell).
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lollomoso
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giovedì 22 marzo 2018
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bel film
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Film teso, violento, tagliente, che da un lato mostra il marcio che ogni uomo mostra nelle relazioni umane e d'altro l'affinità che si può creare tra "nemici".
Un film dove non esiste bene e male, buoni e cattivi, bianco e nero; una lotta tra pari, tra persone che sono allo stesso tempo vicine e lontane.
Presente un umorismo fortemente nero, a tratti grottesco. Personaggi non introdotti frontalmente, ma lanciati nella mischia, rapresentati dalle azioni, carattizzarti fulgidamente.
In conclusione un Film che ti colpisce, ti emoziona, ti fa ridere, un Film che merita l'attenzione che ha.
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ninoraffa
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mercoledì 21 marzo 2018
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tre lettere a ebbing, missouri
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Ebbing, Missouri, è uno di quei luoghi dell’America profonda dove la polizia non sempre ricorda che strane leggi recenti le vietano di pestare gente di colore e gay – o finocchi come si dice normalmente da queste parti.
In questo bel posto la giovanissima Angela viene stuprata e bruciata; per la precisione struprata e bruciata viva più o meno contemporaneamente. Dopo quasi un anno, Mildred affitta tre cartelloni pubblicitari lungo la strada in cui la figlia è stata trucidata. Neri caratteri cubitali su fondo rosso espongono tre semplici osservazioni: "Stuprata mentre stava morendo", "E ancora nessun arresto", "Come mai, sceriffo Willoughby?"
Lo sceriffo Willoughby, molto stimato dalla comunità, ha i giorni contati dal cancro.
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Ebbing, Missouri, è uno di quei luoghi dell’America profonda dove la polizia non sempre ricorda che strane leggi recenti le vietano di pestare gente di colore e gay – o finocchi come si dice normalmente da queste parti.
In questo bel posto la giovanissima Angela viene stuprata e bruciata; per la precisione struprata e bruciata viva più o meno contemporaneamente. Dopo quasi un anno, Mildred affitta tre cartelloni pubblicitari lungo la strada in cui la figlia è stata trucidata. Neri caratteri cubitali su fondo rosso espongono tre semplici osservazioni: "Stuprata mentre stava morendo", "E ancora nessun arresto", "Come mai, sceriffo Willoughby?"
Lo sceriffo Willoughby, molto stimato dalla comunità, ha i giorni contati dal cancro. Mildred si trova quasi tutti contro: la polizia, l’ex marito violento che adesso fa coppia con una ventenne, il figlio Robbie, persino il dentista che lei spedisce preventivamente all’ospedale. Tra chi si affretta a farle la predica, non manca il buon sacerdote cattolico, messo a mal partito ricordandogli i traffici tra preti e chierichetti.
Willoughby, dopo un’ultima giornata di vacanza con moglie e figlie, si suicida per risparmiare alla famiglia e a se stesso l’agonia. Lascerà tre lettere. Alla moglie; a Mildred scagionandola da ogni responsabilità morale e invitandola a continuare; a Dixon, un giovane poliziotto alcolizzato e razzista, più degli altri ostile a Mildred.
Premio Oscar 2018 per la migliore attrice protagonista (Frances McDormand / Mildred) e il miglior attore non protagonista (Sam Rockwell / Dixon), “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” è un film potente e significativo; violento nelle parole e nell’azione, in perfetto equilibrio col suo soggetto. Altri tre o quattro Oscar sarebbero stati doverosi e normali.
Martin McDonagh scrive e dirige una storia essenziale attingendo alla tradizione tragica nel senso più di Euripide che di Eschilo. Forse il Cielo è vuoto e non c’è fede, ragione o legge che possa riempire la Terra. Mentre Mildred rinnova i fiori sotto i manifesti, si avvicina una bellissima cerbiatta e lei le parla: “Ancora nessun arresto? Come mai? Perché Dio non c’è, il mondo è vuoto e non importa ciò che facciamo? Spero proprio di no.” Poi chiede all’animale se sia la reincarnazione di Angela. “ No – conclude – Lei e’ stata uccisa. Ora è morta per sempre.”
Eppure, il drammatico disincanto che attraversa “Tre manifesti a Ebbing” non cede alla disperazione: anche nei passaggi peggiori un’occhiata ironica, una battuta – magari amara –, o una situazione da commedia, consentono di continuare, come se la struttura del dolore galleggiasse su una leggerezza sottostante.
A Ebbing il classico conflitto tra legge e giustizia – tra codice e morale, tra diritto e obblighi del sangue – esclude in partenza un elemento: la legge. Nessun colpevole per Angela, Dixon maltratta i prigionieri e quasi uccide Red, il marito di Mildred ha sempre abusato di lei e brucia i manifesti, la protagonista incendia il posto di polizia, avvengono altri crimini minori, e tutto quasi senza conseguenze. E’ facilmente riconoscibile l’America anarchica della frontiera, ma il riferimento universale riguarda gl’istinti arcaici dell’umanità, ovunque in ogni tempo.
Mildred col suo senso di colpa nei confronti di Angela e la sete di giustizia/vendetta è una figura tragica a tuttotondo. Scorretta e indifferente alle regole, nutre odio verso i diritti (dei maschi), usa tutto e tutti per il suo scopo, compresa la malattia dello sceriffo.
Willoughby è responsabile della deriva e degli abusi dei suoi uomini, di cui sottovaluta la portata, e forse in parte condivide. Trova riscatto nella sua ultima giornata con la famiglia. E poi non nel suicidio, ma nell’eredità delle tre lettere.
Dixon è il personaggio che farà maggior strada verso l’equilibrio. Da bullo in divisa, da omosessuale nascosto a se stesso dietro il machismo, a uomo riflessivo e consapevole. La lettera di Willoughby sarà il suo punto di svolta.
“Tre manifesti a Ebbing” è una storia che si avvicina ad essere vera scartando l’innocenza, ma non la possibilità di essere meno colpevoli. I personaggi fanno più errori che mosse indovinate. La vita spesso non è un gioco a somma zero: tutti sono perdenti, ma ci sono tanti modi di cadere. E anche senza redenzione c’è posto per qualcosa di simile al perdono.
Nell’ultima sequenza Mildred e Dixon sono diretti in auto verso un altro Stato, per sbrigare un certo lavoro sporco, a suo modo giusto e necessario. Ne discutono ancora e decideranno più avanti se portarlo a termine. Vicenda di passioni forti che non esclude dubbio. Finale perfetto. Come tutto il resto.
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writer58
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lunedì 19 marzo 2018
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la guerra di ebbing
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A Ebbing c'è una guerra in corso. Sorda, strisciante, non dichiarata. Di tutti contro tutti. La Polizia contro neri e gay, i figli contri i genitori, Mildred contro lo sceriffo, i cittadini benpensanti contro Mildred, lo sceriffo contro il suo tumore. Sembra che l'intero paese sia percorso da desideri di distruzione, da rapporti basati sull'annullamento dell'altro, su esigenze primarie che cancellano qualunque forma di empatia e di riconoscimento e che caricano le relazioni di una durezza da avamposto di frontiera.
All'interno di questo scenario, da western moderno, si consuma il dramma di Mildred (interpretata da una magnifica Frances McDormand), una donna cinquantenne che ha perso la figlia, violentata e uccisa qualche mese prima da un assassino sconosciuto.
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A Ebbing c'è una guerra in corso. Sorda, strisciante, non dichiarata. Di tutti contro tutti. La Polizia contro neri e gay, i figli contri i genitori, Mildred contro lo sceriffo, i cittadini benpensanti contro Mildred, lo sceriffo contro il suo tumore. Sembra che l'intero paese sia percorso da desideri di distruzione, da rapporti basati sull'annullamento dell'altro, su esigenze primarie che cancellano qualunque forma di empatia e di riconoscimento e che caricano le relazioni di una durezza da avamposto di frontiera.
All'interno di questo scenario, da western moderno, si consuma il dramma di Mildred (interpretata da una magnifica Frances McDormand), una donna cinquantenne che ha perso la figlia, violentata e uccisa qualche mese prima da un assassino sconosciuto. Dopo più di un semestre l'omicidio permane impunito e le indagini ristagnano, la polizia sembra disinteressarsi del caso e pare più attenta a dare sfogo al proprio razzismo e alla propria omofobia. La protagonista però non accetta questa situazione e affitta tre manifesti nelle vicinianze del paese, proprio sulla strada dove Angela, la figlia, è stata uccisa. Su questi manifesti campeggiano delle frasi che chiamano in causa lo sceriffo Willoughby.
I cartelloni innescano nella comunità reazioni esasperate, come se fossero un detonatore che ha attivato una situazione già da tempo sul punto di esplodere. Colpisce la violenza che si sprigiona nel paese e che, fuor di metafora, divampa fino a bruciare le basi della convivenza. Una convivenza in cui i figli apostrofano le madri con l'appellativo "troia", i gay vengono chiamati "froci", gli afroamericani sono trattati come negli anni '50, le relazioni tra persone sono imperniate su rapporti di forza che possono degenerare in violenza.
La descrizione del Midwest come un territorio di provincia percorso da tendenze regressive innescate da ristrettezza culturale e cicli economici recessivi è particolarmente efficace e incisivo nella sua durezza, ma viene temperata da alcune notazioni che restituiscono umanità e calore ai personaggi. Lo sceriffo, gravemente malato per un tumore al pancreas, decide di uscire di scena dignitosamente prima che la sua condizione diventi insostenibile e scrive tre lettere toccanti che scavano nelle sue emozioni autentiche; il poliziotto omofobo e violento (uno strepitoso Sam Rockwell) affianca Mildred nella ricerca dell'assassino e partirà insieme a lei alla ricerca di uno stupratore che risiede in un altro stato.
Il registro adottato dal film non è monocorde, anche se giocato in prevalenza su colori cupi e sul filo dell'aggressività e della durezza. Ci sono sprazzi di umorismo dark e situazioni spiazzanti (la cena tra Mildred e il nano, per esempio) che rendono la narrazione meno cupa e il quadro meno desolante.
Tuttavia, il ritratto proposto da McDonagh non lascia spazio alla speranza, non propone un esito consolatorio. La vita a Ebbing, Missouri sembra fatta dello stesso materiale aspro e roccioso delle montagne che circondano il paese, un territorio splendido e ostile, che pare concedere spazi minimi al riconoscimento tra persone e agli affetti.
Un grande film, duro e tagliente come un diamante.
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carloalberto
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lunedì 19 marzo 2018
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tre personaggi in cerca d'autore
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McDormand, la madre, Harrelson, lo sceriffo, Rockwell, l’agente, un trio di attori drammatici che stupisce per bravura e rende la pellicola interessante nonostante la sceneggiatura, dalla costruzione esile, poco convincente e a tratti surreale e uno script ovvio e spesso banale, che lascia spazio, proprio per questo, a una meravigliosa prova attoriale. Il modo di raccontare riflette la propensione alla regia teatrale dell’autore, Martin McDonagh, e così la finzione letteraria dei personaggi ha il sopravvento, nella trama intessuta dal vissuto dei tre protagonisti, sul contenuto visivo, che si approssima, invece, realisticamente alla vita di un qualsiasi paesino della provincia americana. Tre storie si intrecciano: una famiglia allo sbando, come tante, in un’America ancora contadina con atmosfere da vecchio west, la madre, eroina dura e irriverente, in cerca di giustizia a tutti i costi per la figlia assassinata ed il figlio superstite che vorrebbe nonostante tutto la normalità, lo sceriffo malato terminale che accarezza moglie e cavalli e scrive lettere testamento-guida prima di morire suicida, l’agente di polizia col complesso edipico ottuso e violento ma in fondo buono e ansioso di riscatto.
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McDormand, la madre, Harrelson, lo sceriffo, Rockwell, l’agente, un trio di attori drammatici che stupisce per bravura e rende la pellicola interessante nonostante la sceneggiatura, dalla costruzione esile, poco convincente e a tratti surreale e uno script ovvio e spesso banale, che lascia spazio, proprio per questo, a una meravigliosa prova attoriale. Il modo di raccontare riflette la propensione alla regia teatrale dell’autore, Martin McDonagh, e così la finzione letteraria dei personaggi ha il sopravvento, nella trama intessuta dal vissuto dei tre protagonisti, sul contenuto visivo, che si approssima, invece, realisticamente alla vita di un qualsiasi paesino della provincia americana. Tre storie si intrecciano: una famiglia allo sbando, come tante, in un’America ancora contadina con atmosfere da vecchio west, la madre, eroina dura e irriverente, in cerca di giustizia a tutti i costi per la figlia assassinata ed il figlio superstite che vorrebbe nonostante tutto la normalità, lo sceriffo malato terminale che accarezza moglie e cavalli e scrive lettere testamento-guida prima di morire suicida, l’agente di polizia col complesso edipico ottuso e violento ma in fondo buono e ansioso di riscatto. Sullo sfondo: i tre manifesti nella strada di campagna, una pletora di comparse dalla caratterizzazione appena accennata, la tv del dolore che irrompe, la violenza fine a se stessa, qualche scena grottesca che suscita il riso. Nel finale il fucile riposto nel portabagagli dell’auto trasmette il senso di impotenza per un’impossibile quanto inutile vendetta e lascia nello spettatore un senso di vuoto. E’ un vuoto voluto? Forse. Quel che è certo è che personaggi così magnificamente resi vivi avrebbero ben potuto rappresentare, con gli stessi effetti drammatici e toni più alti, una storia diversa, più verosimile, per alzare il velo, almeno in parte, su quella chimera ineffabile che è la società americana nella sua versione country.
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