Snowpiercer |
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Un film di Bong Joon-ho.
Con Chris Evans, Song Kang-ho, Ed Harris, John Hurt, Tilda Swinton.
continua»
Titolo originale Seolguk-yeolcha.
Azione,
durata 126 min.
- Corea del sud, USA, Francia 2013.
- Koch Media
uscita giovedì 27 febbraio 2014.
MYMONETRO
Snowpiercer
valutazione media:
3,95
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Snowpiercerdi catcarloFeedback: 13499 | altri commenti e recensioni di catcarlo |
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martedì 4 marzo 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Una glaciazione globale, conseguenza di un esperimento sbagliato, ha quasi sterminato l’umanità. I sopravvissuti sono raccolti tutti su di un lunghissimo treno che non si ferma mai e per procedere è costretto a sfondare, di tanto in tanto, alcune pareti di ghiaccio (da cui il titolo). Le carrozze di testa sono occupate dai ricchi mentre in quelle di coda si accalcano invece i miserabili, tenuti a bada con le armi e sfamati solo grazie a gelatinose tavolette proteiche di dubbia provenienza. Quando il troppo è troppo, un gruppo di rivoltosi risale il treno fino a che – rimossi ostacoli e tirapiedi - il loro capo, il barbuto Curtis, giunge al cospetto del demiurgo Wilford e scopre verità che avrebbe preferito non conoscere. Se la storia è un classico della fantascienza distopica abbastanza di moda negli ultimi tempi, lo svolgimento che il regista coreano Bong Joon-ho ne fa – sulla base dell’adattamento di un fumetto francese scritto in collaborazione con Kelly Masterson – va ben oltre il banale blockbuster che sarebbe risultato in mani meno dotate: la parte iniziale tratteggia i personaggi ed è, nel complesso, più ligia ai canoni del genere, mentre la seconda ora decolla dal punto di vista visivo ed emozionale, instillando un’inquietudine serpeggiante nell’animo dello spettatore anche a causa di un epilogo che lascia aperto solo un infinitesimo varco per una possibilità di futuro. E’ difatti uno sguardo molto pessimistico sull’essere umano quello che esce dalla pellicola, dove non solo c’è l’ovvia oppressione dell’uomo sull’uomo e non possono mancare i doppi giochi più odiosi, ma anche l’eroe si rivela tutto meno che senza macchia in un monologo assai intenso nel sottofinale che consente a Chris Evans di dare spessore a un’interpretazione fino a quel momento molto fisica. La scena narrata da Curtis è la più violenta – forse, se il film fosse stato girato in Corea, ce l’avrebbero anche fatta vedere - di un lavoro che non si risparmia certo le efferatezze, orchestrate però sempre con grande stile, come nell’efficacissima rappresentazione della lotta in cui le armi bianche spezzano come lampi l’oscurità di un’interminabile galleria, e alleggerite qua e là da una vena di umorismo inevitabilmente nero. La penuria di pallottole consente al regista di limitare l’uso delle armi da fuoco, dando un’ulteriore dimensione di fisicità alla lotta di classe (nonché al corpo a corpo): una scelta estetica che ben si inserisce nell’accurato lavoro – elaborato assieme al direttore della fotografia Hong Kyung-Pyo – che sfrutta come un’opportunità l’apparente ostacolo costituito dal doversi districare in spazi ristretti. Si inizia infatti nei bui e affollati vagoni di coda, dove i finestrini sono piombati, per risalire verso la luce man mano che ci si avvicina alla locomotiva, incontrando la levità quasi danzante della colorata scena nel vagone dove si indottrinano i più piccoli (ma è meglio fare attenzione alle apparenze), fino a giungere al lusso e alla non inattesa deboscia nei luoghi più vicini al potere. Se la coproduzione internazionale può aver smussato qualche asprezza e ha portato i set nella meno costosa Repubblica Ceca - mentre i (pochi) esterni sono stati girati sul ghiacciaio di Hintertux, in Tirolo – d’altra parte la stessa ha anche assicurato un cast di spessore, dove solo Jamie Bell sparisce un po’ frettolosamente: accanto a Evans senza lo scudo di Capitan America e al coreano Song Kang-ho, ecco allora Tilda Swinton, quasi irriconoscibile in uno dei suoi ruoli di inarrivabile antipatia, e i due grandi vecchi alle estremità del treno interpretati da John Hurt e, con maggior rilievo, da Ed Harris nei panni di un mellifluo Wilford. Per atmosfere e scelte stilistiche, ‘Snowpiercer’ potrebbe far fatica a incontrare i favori del grande pubblico, ma ha le qualità per dare il via a un piccolo culto.
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