Anno | 2012 |
Genere | Opera lirica |
Produzione | Italia |
Regia di | Elisabetta Courir |
Attori | Andrea Concetti, Simone Alberghini, Jessica Pratt, Esther Andaloro, Paolo Fanale Luigi Roni, Sonia Ganassi, Mina Yamazaki, Maurizio Muraro, Dario Giorgelè, Vassiliki Karayanni, Marina Bucciarelli, Francesco Verna. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 23 novembre 2012
Con il Don Giovanni di Mozart e Da Ponte si sono misurati tutti: non solo musicisti e musicologi, ma psicologi, filosofi, sociologi, critici letterari, narratori, poeti, cineasti.
CONSIGLIATO N.D.
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Con "Don Giovanni", quasi certamente Mozart e Da Ponte non volevano far altro che tener fede all'impegno preso con il loro committente, il direttore del Teatro Nazionale di Praga: dar vita a uno spettacolo che replicasse il successo delle Nozze di Figaro. Da Ponte (stando alle sue "Memorie") propose, come soggetto, le avventure del "dissoluto punito" e Mozart approvò convinto, consapevole dell'efficacia teatrale dell'intreccio. Quella che il pubblico praghese applaudì con entusiasmo il 29 ottobre 1787, invece, non fu solo un'ottima opera: sarebbe diventata l'opera più analizzata della storia del teatro musicale. Con il "Don Giovanni" di Mozart e Da Ponte si sono misurati - e ancora si misurano - tutti: non solo musicisti e musicologi, ma psicologi, filosofi, sociologi, critici letterari, narratori, poeti, cineasti. Per l'ambiguità con cui Mozart e Da Ponte trattano il tema (dichiarata fin dal sottotitolo: "dramma giocoso"), le possibili chiavi di lettura, infatti, sono infinite. Il Don Giovanni mozartiano-dapontiano non è solo un seduttore compulsivo; è anche un egoista, un cinico, un nobile senza scrupoli e senza sentimenti, che disprezza tutti tranne se stesso. Eppure è rappresentato come un eroe, anche se «un eroe della dannazione» (Alberto Savinio).
La morale conclusiva, «questo è il fin di chi fa mal», cantata da tutti gli altri personaggi dopo che Don Giovanni è precipitato all'inferno, non è certo la risposta che esaurisce tutte le domande. Don Giovanni non c'è più, non tornerà più, e tuttavia Donna Anna, che da Don Giovanni ha subìto un tentativo di conquista con la forza e l'inganno, farà aspettare ancora un anno il promesso sposo Don Ottavio prima di diventare sua moglie. E Donna Elvira, sedotta e abbandonata da Don Giovanni, si ritirerà in convento a rimpiangerlo per sempre. Don Giovanni brucia all'inferno, ma il suo passaggio sulla terra ha lasciato il segno: nulla, dopo di lui, è più come prima. È entrato in scena, ha portato ovunque disordine e turbamento, finché la statua di pietra di un uomo da lui ha ucciso non è giunta a trascinarlo agli inferi. Come fosse qualcosa che ci riguarda da vicino ma che, a un certo punto, abbiamo bisogno di rimuovere, di cancellare. E che ci riguarda da sempre, perché il mito di Don Giovanni si perde nella notte dei tempi.
Prima del "Don Giovanni" di Mozart e Da Ponte, in prosa c'erano già stati quelli di Tirso da Molina, Molière, Goldoni, e in musica quello di Giuseppe Gazzaniga e Giovanni Bertati. Ma l'elasticità della musica mozartiana, drammatica, comica, commossa, popolaresca, malinconica, esuberante, spaventevole, secondo le situazioni che si succedono sul palcoscenico, ha scolpito l'antica leggenda del libertino impenitente, nel nostro immaginario, una volta per tutte. Non il solo Don Giovanni, dunque, ma, per noi, ormai come se lo fosse. Al Carlo Felice il capolavoro mozartiano va in scena nell'originale e inventiva regia di Elisabetta Courir.